I francesi invece non mollano l'osso...
di Red
SIENA. Se Gabriello Mancini non avesse aderito, ribellandosi (a chi? era lui il presidente della Fondazione più ricca d’Italia!), all’aumento di capitale del 2008 oggi scriveremmo un’altra storia. PerchÉ con i 4,8 miliardi che Palazzo Sansedoni ha impegnato da allora ad oggi, Clarich potrebbe coprire da solo l’aumento di capitale prendendosi fino all’80% delle azioni della banca come verranno fuori a luglio, quando lo Stato Italiano sarà proprietario del 4%, grazie agli interessi da usurai sui Monti bond. Ma se anche avesse risparmiato, seguendo disinteressati consigli, i quattrini investiti nel secondo aumento di capitale del luglio 2011 – a Siena si fa tutto di luglio, grazie alle distrazioni paliesche – sarebbe oggi il primo azionista con almeno il 50%. Tutti quelli che misero bocca intorno alle vicende del MPS, parzialmente riassunti nell’elenco dell’articolo di Aurigi sulle origini dello sfascio montepaschino, capivano di banca quanto Mussari e quelli di oggi, ahimè, altrettanto.
Il sindaco Valentini si è unito al gruppo, e ciò pur essendo dipendente della banca. Verrebbe da dire fateli meglio i concorsi di assunzione o, almeno, fateli. Non si è accorto che dal 16 maggio è scaduto il primo dei lock-up tra i pattisti e che tutti e tre i soci, Fondazione, Btg Pactual e Fintech ne hanno immediatamente approfittato per vendere il vendibile in gran segreto e ridimensionare le perdite con la prima finestra utile. Ecco a che serviva la bonifica: ad evitare che i mercati se ne accorgessero, come se non fosse chiaro che la strategia che Antonella Mansi ha lasciato nelle mani di Clarich non fosse evaporata in una nuvola rossa di fabriciana memoria. Dalle dichiarazioni del sindaco si evince che non ha compreso il valore solo e quasi esclusivamente simbolico del “limitato” apporto della Fondazione all’ennesimo aumento profumiano.
L’analisi del primo trimestre del Monte dei Paschi ci porta a dividere quasi definitivamente le strade dell’ex Tandem. Analisi approfondite degli addetti ai lavori riconoscono a Viola, al netto delle rettifiche per i crediti inesigibili, il successo nel ritorno alla redditività dell’istituto di credito. Dopo la dozzina di trimestri in rosso, tenendo in piedi una baracca che in ogni altra parte del mondo sarebbe stata nazionalizzata, non era per niente facile; al netto anche dei costi umani pesantissimi che era quasi impossibile evitare.
Profumo invece conclude la sua avventura (anche se dice di voler aspettare la conclusione dell’aumento di capitale), perché non ha salvaguardato gli interessi di chi l’ha messo a Rocca Salimbeni, non ha impedito l’ingresso dello Stato nella banca – per cui Renzi alzerà subito la voce a luglio – e rimanendo avrebbe dovuto subire lo smacco dei francesi (Axa non molla la presa, qualcosa vorrà dire, no?), che ormai tutti vendono come il prossimo padrone della senesissima banca, se poi ci carichiamo anche voci di interessi francesi in una futura acquisizione…
Storicamente, come Mario Ascheri e Mauro Aurigi potranno confermarci, i francesi non hanno mai portato bene alla città. Temiamo che questi non faranno eccezione.