La "scuola Mussari" insegna che a rimetterci sono sempre i dipendenti, mai i manager
di Red
SIENA. Ieri, nel momento della rielezione a presidente Abi, Giuseppe Mussari ha proposto la carta di “nuove relazioni industriali” per coinvolgere, secondo Il Sole 24 Ore, “i lavoratori attraverso un salario la cui parte variabile sia legata alla produttività, aumentando così il secondo livello di contrattazione. «Se io chiedo a un lavoratore che almeno una parte della retribuzione sia capitale di rischio, devo trovare con lui delle modalità affinché sia consapevole di questo rischio e se ne discuta. Questo è il discorso da fare con i sindacati», ha spiegato, riscuotendo un unanime consenso dalle organizzazioni sindacali”. La domanda è sempre la solita: i manager pagano di tasca propria i lavoratori, se la colpa di cattive performance non viene dal basso ma dalle scelte generali della Direzione? Nel caso di MPS i tagli agli stipendi dei dipendenti vengono quasi esclusivamente dalle pessime scelte industriali quali l’acquisto di Antonveneta e la ricopertura con i titoli di Stato italiani. Tutte scelte di Mussari, Vigni, Marino e C., che non hanno pagato alcuna conseguenza per i loro cattivi affari. Anzi, con una affermazione di cattivo gusto per non dire altro, lo stesso Mussari ha aggiunto che “fare il banchiere non è il suo mestiere”. Forse all’Abi sperano nella nazionalizzazione dell’associazione…
Abbastanza controverso il commento di Sileoni della Fabi: “La relazione del presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, è coraggiosa e innovativa. Individua con chiarezza lo scenario di riferimento e guarda avanti a ciò che è necessario per costruire un futuro migliore per il settore, per il Paese, per l’Europa. In particolare condividiamo il passaggio nel quale il Presidente parla dell’ineluttabilità di un nuovo modello di relazioni industriali, in cui le parti si assumano le responsabilità per rilanciare il settore e quindi individuino insieme, in un quadro generale, le possibili soluzioni”. Per concludere “Ci auguriamo che alle parole seguano i fatti e soprattutto che le banche non si arrocchino in una difesa corporativa. Non è più il tempo per una simile posizione. Il sindacato è disponibile a costruire un nuovo percorso di relazioni industriali, così come delineato dal Presidente Giuseppe Mussari, se a sua volta l’Abi si dimostrerà disponibile nei fatti a una simile innovazione”. Per Sileoni il passato non fa storia, evidentemente, e l’interlocutore è credibile. Con altrettanta ironia l’avvocato di Catanzaro si è speso in dichiarazioni come “le banche sono vittime della crisi”. Come se titoli di Stato a gogò in portafoglio, derivati finanziari, prestiti incagliati ad amici insolvibili, speculazioni immobiliari in perdita, elusione ed evasione fiscale fossero azioni di “altri”…
E nel caso degli aiuti arrivati dai finanziamenti della Bce (la famosa liquidità), si sta ancora cercando di capire in base a quali numeri egli possa affermare che non sia stata sottratta all’economia reale fatta di imprese e famiglie, come richiesto formalmente dalla banca presieduta da Mario Draghi. La quale non vigila abbastanza e nei suoi regolamenti non ha previsto sanzioni per le banche inadempienti alla clausola, che così possono fare i propri comodi. Come potrebbe essere il caso di MPS: 30 miliardi forniti dalla Bce. 26 sarebbero andati a coprire gli altrettanti Btp decennali in portafoglio, mentre degli altri 4 non si legge destinazione evidente in nessuna dichiarazione o bilancio. Può darsi che ci sbagliamo, certo è che nessun documento ci aiuta a capire in quale posta siano stati inseriti.
E rincara la dose Lannutti (Idv): ”Le banche italiane hanno percepito 260 miliardi di euro da Francoforte, usati per tappare i buchi in bilancio, ricomprare le proprie obbligazioni e acquistare titoli di Stato con un profitto fino all’8%”. Mussari, nel respingere l’accusa di aver sottratto all’economia il denaro versato dalla Bce, sembra perfino ignorare le statistiche che parlano di -47% nella concessione di mutui, -11% nel credito al consumo, -19,8% nei finanziamenti per acquisti di autovetture. In quale altro modo si evidenzia l’esistenza di una stretta creditizia?