SIENA. Le polemiche sulle nomine del Comune hanno infuocato la giornata. Da sinistra a destra le reazioni non sono mancate. Riportiamo di seguito l'intervento di Alessandro Vigni (Sinistra Democratica") e quello di Agostino Milani, nella veste di consigliere comunale.
Vigni
"Come tutti i cittadini che la mattina al bar danno un'occhiata ai giornali mi sono imbattuto oggi nella dichiarazione della Meloni, autorevole(?) dirigente del PD senese e nazionale che è imbufalita con Cenni per qualche nomina nella Fondazione del Monte dei Paschi.
Questo l'ho capito, ma poi leggi e rileggi il comunicato non sono riuscito a cavare un ragno dal buco. Quale sarebbe l'oggetto del contendere? Chi sarebbero i nominati che non rispondono ai criteri indicati dal Consiglio Comunale? E quali i candidati che meglio avrebbero rappresentato quei criteri? Mistero profondo. Roba da alchimisti delle segrete stanze della politica.
Debbo dire che sono ben lieto di non essere finito dentro questo PD, che finge di essere il partito nuovo della politica italiana ma si porta dietro ed esalta tutti i vizi della politica fatta di lotte intestine tra gruppi ristretti che combattono con il solo obbiettivo di difendere le loro posizioni di potere.
Per esempio: tutti sono stati alla fine d'accordo nel confermare Mancini alla presidenza, coprendosi dietro la foglia di fico di un parere giuridico. Ma non c'è ombra di dubbio, moralmente perlando, che due mandati li abbia fatti. E siccome la Fondazione del Monte dei Paschi è un grandissimo ente di beneficienza, che in primo luogo beneficia i suoi amministratori, non ci sarebbe stato nulla di male se lui per primo avesse cristianamente rinunciato a continuare a sedersi in una poltrona ben retribuita. Molti probabilmente lo pensano, ma nessuno lo dice, e qui comincia la prima delle ipocrisie. Cambiare pagina sarebbe stato molto difficile perchè avrebbe rotto equilibri consolidati, ma chi può negare che eticamente sarebbe stato giusto?
Poi c'è il problema dei ruoli: le nomine spettano agli enti, ed ai loro ufficiali rappresentanti. I partiti possono dare degli indirizzi, ma poi debbono sapersi fermare e rispettare le decisioni. Ogni ingerenza e pressione, oltre che snaturare i rapporti tra politica e istituzioni, finisce per screditare la politica stessa, che deve saper rispettare la soglia oltre la quale si va a intaccare l'autonomia e l'autorevolezza delle istituzioni ed alla fin fine la rappresentanza democratica di tutti i cittadini. In poche parole, anche se Cenni avesse sbagliato, nessuno ha il diritto di interferire né tanto meno di dargli bacchettate sulle mani come farebbe un maestro di una volta verso un alunno un po' discolo.
Infine c'è il vizio di fondo: quello di non motivare mai le scelte. Ormai è diventata una consuetudine: nomino tizio perchè sì. Da nessuna parte si trova più uno straccio di argomentazione.
Chi ci dice sulla base di quali caratteristiche, professionalità e competenze, sulla base di quali rappresentanze sociali, di quale vissuto si porta dietro, il tal nome corrisponde più di altri al profilo giusto per l'incarico da assumere? Chi ci dice come si collega ogni nomina alle specifiche indicazioni dei documenti di indirizzo approvati dai consigli comunale e provinciale?
La democrazia esige che la trasparenza giunga fino ad esplicitare le motivazioni di ogni singola scelta. Sappiamo che è un passo difficile perchè dietro certi nomi, talvolta, c'è solo la necessità di non dire di no a potentati e gruppi di potere. Ma la democrazia vera vuole vedere in faccia gli uomini, la loro capacità di assumersi le responsabilità e di renderne conto a tutti.
Sarebbe bello se la politica tornasse ad essere la sede del confronto vero tra idee e volontà diverse, dove ognuno affrontasse a viso aperto l'avversario assumendosi rischi ed onori.
Ed invece siamo sempre più davanti ad un teatrino in cui le marionette recitano una parte che se non ci fosse dietro il puparo non saprebbero nemmeno ripetere a memoria".
Milani
"L’attacco virulento di Elisa Meloni, coordinatrice provinciale del PD, al sindaco Cenni in tema di nomine alla Fondazione MPS, ci fa venire in mente la caduta del muro di Berlino, di cui ricorre quest’anno il ventesimo anniversario. Quell’evento straordinario che andava a chiudere il lunghissimo dopoguerra europeo e liberava il mondo e la stessa sinistra da quella cappa di oscurantismo che fu il sistema sovietico, non avvenne per sollecitazioni esterne, ma fu semplicemente dovuto alle contraddizioni interne di un sistema non più in grado di leggere la realtà, sintetizzarne le istanze e gestirne il necessario cambiamento.
La caduta del muro fu però vissuta da alcuni come un trauma e nel fermento in cui la sinistra ridiscuteva se stessa cercando nuovi orizzonti, quella componente che in altre occasioni abbiamo definito nostalgica, dopo alcuni necessari cambiamenti di immagine, continuò a rapportarsi alla realtà come se nulla fosse accaduto.
Esempio tipico di questo cambiare tutto (si fa per dire) per non cambiare niente è stato il Partito Comunista Senese, prima DS oggi PD, che da oltre 60 anni controlla il territorio senza eccezioni e senza un progetto per il futuro, come se il mondo si fosse fermato, magari con faide interne che si istituzionalizzano, ma che non cambiano il quadro d’insieme.
In questo contesto l’elezione di Bezzini a presidente della Provincia corrisponde alla trasformazione di un importantissimo ente locale in una sezione del PD.
Lo si è visto quando per la Fondazione MPS Bezzini ha nominato cinque deputati tutti di appartenenza PD, come se la Fondazione debba diventare essa pure una sezione del PD.
E quando il sindaco Cenni ha nominato tra gli otto di sua competenza, non solo esponenti PDL con provenienza AN, ma anche esponenti di Rifondazione Comunista e addirittura Mariotti e Burresi avversari al tempo delle primarie della Elisa Meloni, ovvero dell’on. Franco Ceccuzzi, si è immediatamente ricomposto lo scenario delle primarie per l’elezione del coordinatore provinciale, ovvero tutti contro tutti.
E così Elisa Meloni, ovvero Ceccuzzi, si sono scagliati contro Cenni evidenziando “la capacità delle nomine fatte dall’amministrazione provinciale di rappresentare esperienze provenienti da tutto il territorio nelle sue peculiarità e differenze.” e di contro, per quanto riguarda quelle di competenza comunale, come sia invece “difficile comprendere quale sia il disegno complessivo che è stato alla base di alcune scelte che prima di tutto sfuggono ad un disegno generale e sacrificano le tante professionalità presenti nel capoluogo.”.
La medesima Meloni conclude poi auspicando che “la città possa essere rappresentata nella Deputazione Amministratrice con scelte basate sulla qualità, la professionalità ed il radicamento della città e del territorio.”
Affermazioni sicuramente forti, ma che non ci stupiscono in quanto provenienti da persona che al tempo delle ultime elezioni demonizzava che cittadini di differente estrazione politica potessero accordarsi su problemi di natura locale arrivando addirittura a minacciare ricorsi alla magistratura contro le varie liste civiche.
Né tanto meno ci sorprende che, dopo che dalla sua parte è stato ribadito sino alla noia come la Fondazione sia patrimonio di tutti, oggi rivendichi al proprio partito (“il più grande partito di maggioranza”) il diritto di validazione del progetto complessivo nonché di stabilire chi siano i detentori della qualità, delle professionalità e del radicamento del territorio.
Siamo ancora una volta di fronte ad affermazioni tipiche di una concezione stalinista della politica, all’arroganza di chi ritiene di rappresentare il bene che combatte contro il male e, in nome di questo di poter gestire tutto e tutti.
Certo non è imminente la caduta della fortezza rossa, ma lo scricchiolio è stato forte ed il sistema di potere senese mostra con sempre maggiore evidenza le proprie contraddizioni interne.
Quanto alle affermazioni di Elisa Meloni, che solo qualche tempo fa ci stupivano più di un ornitorinco rosa, oggi non ci stupiscono più e ci dispiace invece, proprio perché una persona giovane, al di là delle appartenenze, dovrebbe rappresentare comunque una speranza di cambiamento, rilevare come il suo ornitorinco volga ormai al giallo livido ed odori inequivocabilmente di muffa".
Vigni
"Come tutti i cittadini che la mattina al bar danno un'occhiata ai giornali mi sono imbattuto oggi nella dichiarazione della Meloni, autorevole(?) dirigente del PD senese e nazionale che è imbufalita con Cenni per qualche nomina nella Fondazione del Monte dei Paschi.
Questo l'ho capito, ma poi leggi e rileggi il comunicato non sono riuscito a cavare un ragno dal buco. Quale sarebbe l'oggetto del contendere? Chi sarebbero i nominati che non rispondono ai criteri indicati dal Consiglio Comunale? E quali i candidati che meglio avrebbero rappresentato quei criteri? Mistero profondo. Roba da alchimisti delle segrete stanze della politica.
Debbo dire che sono ben lieto di non essere finito dentro questo PD, che finge di essere il partito nuovo della politica italiana ma si porta dietro ed esalta tutti i vizi della politica fatta di lotte intestine tra gruppi ristretti che combattono con il solo obbiettivo di difendere le loro posizioni di potere.
Per esempio: tutti sono stati alla fine d'accordo nel confermare Mancini alla presidenza, coprendosi dietro la foglia di fico di un parere giuridico. Ma non c'è ombra di dubbio, moralmente perlando, che due mandati li abbia fatti. E siccome la Fondazione del Monte dei Paschi è un grandissimo ente di beneficienza, che in primo luogo beneficia i suoi amministratori, non ci sarebbe stato nulla di male se lui per primo avesse cristianamente rinunciato a continuare a sedersi in una poltrona ben retribuita. Molti probabilmente lo pensano, ma nessuno lo dice, e qui comincia la prima delle ipocrisie. Cambiare pagina sarebbe stato molto difficile perchè avrebbe rotto equilibri consolidati, ma chi può negare che eticamente sarebbe stato giusto?
Poi c'è il problema dei ruoli: le nomine spettano agli enti, ed ai loro ufficiali rappresentanti. I partiti possono dare degli indirizzi, ma poi debbono sapersi fermare e rispettare le decisioni. Ogni ingerenza e pressione, oltre che snaturare i rapporti tra politica e istituzioni, finisce per screditare la politica stessa, che deve saper rispettare la soglia oltre la quale si va a intaccare l'autonomia e l'autorevolezza delle istituzioni ed alla fin fine la rappresentanza democratica di tutti i cittadini. In poche parole, anche se Cenni avesse sbagliato, nessuno ha il diritto di interferire né tanto meno di dargli bacchettate sulle mani come farebbe un maestro di una volta verso un alunno un po' discolo.
Infine c'è il vizio di fondo: quello di non motivare mai le scelte. Ormai è diventata una consuetudine: nomino tizio perchè sì. Da nessuna parte si trova più uno straccio di argomentazione.
Chi ci dice sulla base di quali caratteristiche, professionalità e competenze, sulla base di quali rappresentanze sociali, di quale vissuto si porta dietro, il tal nome corrisponde più di altri al profilo giusto per l'incarico da assumere? Chi ci dice come si collega ogni nomina alle specifiche indicazioni dei documenti di indirizzo approvati dai consigli comunale e provinciale?
La democrazia esige che la trasparenza giunga fino ad esplicitare le motivazioni di ogni singola scelta. Sappiamo che è un passo difficile perchè dietro certi nomi, talvolta, c'è solo la necessità di non dire di no a potentati e gruppi di potere. Ma la democrazia vera vuole vedere in faccia gli uomini, la loro capacità di assumersi le responsabilità e di renderne conto a tutti.
Sarebbe bello se la politica tornasse ad essere la sede del confronto vero tra idee e volontà diverse, dove ognuno affrontasse a viso aperto l'avversario assumendosi rischi ed onori.
Ed invece siamo sempre più davanti ad un teatrino in cui le marionette recitano una parte che se non ci fosse dietro il puparo non saprebbero nemmeno ripetere a memoria".
Milani
"L’attacco virulento di Elisa Meloni, coordinatrice provinciale del PD, al sindaco Cenni in tema di nomine alla Fondazione MPS, ci fa venire in mente la caduta del muro di Berlino, di cui ricorre quest’anno il ventesimo anniversario. Quell’evento straordinario che andava a chiudere il lunghissimo dopoguerra europeo e liberava il mondo e la stessa sinistra da quella cappa di oscurantismo che fu il sistema sovietico, non avvenne per sollecitazioni esterne, ma fu semplicemente dovuto alle contraddizioni interne di un sistema non più in grado di leggere la realtà, sintetizzarne le istanze e gestirne il necessario cambiamento.
La caduta del muro fu però vissuta da alcuni come un trauma e nel fermento in cui la sinistra ridiscuteva se stessa cercando nuovi orizzonti, quella componente che in altre occasioni abbiamo definito nostalgica, dopo alcuni necessari cambiamenti di immagine, continuò a rapportarsi alla realtà come se nulla fosse accaduto.
Esempio tipico di questo cambiare tutto (si fa per dire) per non cambiare niente è stato il Partito Comunista Senese, prima DS oggi PD, che da oltre 60 anni controlla il territorio senza eccezioni e senza un progetto per il futuro, come se il mondo si fosse fermato, magari con faide interne che si istituzionalizzano, ma che non cambiano il quadro d’insieme.
In questo contesto l’elezione di Bezzini a presidente della Provincia corrisponde alla trasformazione di un importantissimo ente locale in una sezione del PD.
Lo si è visto quando per la Fondazione MPS Bezzini ha nominato cinque deputati tutti di appartenenza PD, come se la Fondazione debba diventare essa pure una sezione del PD.
E quando il sindaco Cenni ha nominato tra gli otto di sua competenza, non solo esponenti PDL con provenienza AN, ma anche esponenti di Rifondazione Comunista e addirittura Mariotti e Burresi avversari al tempo delle primarie della Elisa Meloni, ovvero dell’on. Franco Ceccuzzi, si è immediatamente ricomposto lo scenario delle primarie per l’elezione del coordinatore provinciale, ovvero tutti contro tutti.
E così Elisa Meloni, ovvero Ceccuzzi, si sono scagliati contro Cenni evidenziando “la capacità delle nomine fatte dall’amministrazione provinciale di rappresentare esperienze provenienti da tutto il territorio nelle sue peculiarità e differenze.” e di contro, per quanto riguarda quelle di competenza comunale, come sia invece “difficile comprendere quale sia il disegno complessivo che è stato alla base di alcune scelte che prima di tutto sfuggono ad un disegno generale e sacrificano le tante professionalità presenti nel capoluogo.”.
La medesima Meloni conclude poi auspicando che “la città possa essere rappresentata nella Deputazione Amministratrice con scelte basate sulla qualità, la professionalità ed il radicamento della città e del territorio.”
Affermazioni sicuramente forti, ma che non ci stupiscono in quanto provenienti da persona che al tempo delle ultime elezioni demonizzava che cittadini di differente estrazione politica potessero accordarsi su problemi di natura locale arrivando addirittura a minacciare ricorsi alla magistratura contro le varie liste civiche.
Né tanto meno ci sorprende che, dopo che dalla sua parte è stato ribadito sino alla noia come la Fondazione sia patrimonio di tutti, oggi rivendichi al proprio partito (“il più grande partito di maggioranza”) il diritto di validazione del progetto complessivo nonché di stabilire chi siano i detentori della qualità, delle professionalità e del radicamento del territorio.
Siamo ancora una volta di fronte ad affermazioni tipiche di una concezione stalinista della politica, all’arroganza di chi ritiene di rappresentare il bene che combatte contro il male e, in nome di questo di poter gestire tutto e tutti.
Certo non è imminente la caduta della fortezza rossa, ma lo scricchiolio è stato forte ed il sistema di potere senese mostra con sempre maggiore evidenza le proprie contraddizioni interne.
Quanto alle affermazioni di Elisa Meloni, che solo qualche tempo fa ci stupivano più di un ornitorinco rosa, oggi non ci stupiscono più e ci dispiace invece, proprio perché una persona giovane, al di là delle appartenenze, dovrebbe rappresentare comunque una speranza di cambiamento, rilevare come il suo ornitorinco volga ormai al giallo livido ed odori inequivocabilmente di muffa".