di Zelia Ruscitto
CHIANCIANO TERME. Niki Vendola se ne va. Lascia Rifondazione Comunista.
A sei mesi dal congresso che aveva visto la sconfitta della sua corrente e la conquista del segretariato del partito da parte di Paolo Ferrero; solo a sei mesi da quel fatidico giorno in cui si era temuta l'ennesima spaccatura del già “spaccato” mondo della sinistra, è accaduto l'irreparabile.
Il governatore della Regione Puglia ha aperto l'incontro chiancianese strizzando l'occhio al direttore di Liberazione, Sansonetti, seduto in prima fila. Poi, ripercorrendo i momenti fatidici della storia del comunismo in Italia ha chiamato in causa tutti i grandi nomi del movimento di sinistra: da Gramsci a Togliatti fino a Berlinguer. Fino al momento in cui, crollato il muro di Berlino “noi difendemmo il Pci perchè non trovavamo giusto che fosse sepolto sotto le ceneri di quel muro, seppure non difendemmo la sua vergogna”.
Da qui la nascita di Rifondazione Comunista che Vendola definisce “la mia casa”.
Eppure da quella casa se ne vuole andare: lo ha detto alla fine del suo lungo discorso, dedicando a questa decisione pochi minuti e poche spiegazioni.
“Non è una scelta indolore” ha detto ancora l'esponente di punta del partito della Rifondazione che ha fatto seguire a queste parole, l'augurio di buon lavoro a Paolo Ferrero e la speranza di una “non belligeranza” tra i due partiti. Ha addirittura raccomandato i suoi di non farsi prendere da moti di avversità…
Il simbolo del nuovo partito – che si chiama RP (in nero) S (in rosso) preceduta da una stella rossa – ovvero Rifondazione Per la Sinistra – campeggia ovunque. “Amo, sogno, e non ho paura” lo slogan.
Vendola si è presentato ad una platea di “scissionisti” che, in piedi, hanno applaudito la fine del discorso del leader che hanno preso a “guida” della nuova esperienza politica.
Saranno in tanti a seguire Vendola. Pare che, in provincia di Siena, i militanti che sceglieranno RpS saranno circa il 60%: una cifra ragguardevole che lascia Rifondazione alle prese con una nuova tempesta interna.
Domani (25 gennaio) il Presidente della regione Puglia tornerà a parlare, chiudendo la fase scissionista e facendo la conta di quelli che lo seguiranno. Si diceva che sarebbe arrivato anche Bertinotti ma, pare, che il padre di Rifondazione abbia deciso di evitarsi il calvario di questa nuova divisione interna.
“Occorreva tornare a Chianciano” ha detto Vendola nel suo discorso. Questa frase ha chiuso il suo racconto sull'episodio di Liberazione che ha visto protagonista il direttore Sansonetti. Come a dire che quell'episodio è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Dopo i neppure tanto velati attacchi che erano arrivati al segretario Ferrero dopo le prese di posizione del giornale non proprio allineate con quanto detto dal partito, il direttore era stato rimosso con mano “pesante”.
Una decisione che aveva scandalizzato e che aveva spinto Sansonetti al contrattacco parlando di “stalinismo” interno alla dirigenza del partito.
Vendola ha parlato di “processo sommario fatto ad un direttore e ad una redazione che avevano fatto un giornale libero” una “finestra sul mondo e non uno specchio del partito”.
Insomma, durante tutto il suo discorso, farcito di strage di Gaza, ambientalismo, questione meridionale, sdegno di fronte alle politiche della destra improntate sul profitto – causa della crisi economica imperante – moto di ribellione di fronte alle scelte di Governo in merito all'immigrazione e alla povertà che sta investendo anche i ceti medi, il leader della RpS non ha mancato di lanciare frecciate alla dirigenza del Partito della Rifondazione Comunista.
In opposizione alla “sinistra chiusa”, a quella “trincea che ci pare troppo arretrata”, a quei compagni decisamente arroccati su posizioni che riguardano il passato, che non sanno vedere la vita vera e le vere sfide del nuovo secolo nasce una nuova sinistra. Lavoro e libertà, dice Vendola, queste sono le nuove sfide che si è prefissato il neonato movimento, in una visione della politica che è “moto di popolo”. Più vicinanza alla gente, al territorio. Proprio nel non aver fatto opera di coinvolgimento della base Vendola ha visto la ragione della dura sconfitta elettorale della Sinistra Arcobaleno. “Era un simbolo e non un sogno” ha ammesso.
“Un nuovo inizio, un nuovo partire” è il motto di speranza lanciato dal palco di Chianciano e accolto con un applauso dai vendoliani. Da quello stesso palco su cui, sei mesi fa, Ferrero aveva sotterrato l'ascia di guerra per dare nuova vita a Rifondazione Comunista. Una tregua durata poco.