Marini fraternizza con Profumo, Bellanova propone interrogazione in Parlamento
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di Red – foto di Corrado De Serio
SIENA. Alessandro Profumo ha incontrato a Perugia il presidente della regione Umbria Catiuscia Marini del PD; i due hanno parlato della presenza della banca MPS nel territorio. Solite dichiarazioni di prammatica sul ruolo fondamentale dell’istituto che deve stare vicino alla clientela umbra, sorrisi e grande clima di compiacimento tra i due presidenti. Ma chiaramente i giornalisti erano interessati ad avere delucidazioni sul Piano Industriale 2012-2015, approvato dal Cda della banca da poche settimane. ”Resteremo indipendenti facendo tornare la redditività. Il Piano B è attuare il Piano A”, ha chiosato Profumo, rispondendo a una delle principali critiche rivoltegli e sintetizzando il futuro dell’istituto sull’annunciato programma di riorganizzazione e razionalizzazione. ”Noi perseguiremo gli obiettivi perché siamo una realtà forte, al pari del senso di appartenenza del personale e dei clienti, e noi vogliamo continuare ad investire su questo”. Ha inoltre ribadito che ”Dobbiamo smettere di pensare che gli aiuti arrivino da fuori e trovare le nostre soluzioni”. Questo piano predisposto per il rilancio dell’istituto, secondo Profumo, imporrà di ”fare sacrifici, ma necessari per mantenere per altri 540 anni il marchietto sulla porta”. L’unica cosa chiara è che nella ristrutturazione uno dei pochi che non rischia nulla è proprio l’ex Ad di Unicredit, che non è riuscito a ridimensionare neppure gli emolumenti del suo amministratore delegato, Fabrizio Viola, che – crisi o meno- continuerà a percepire 1,4 milioni di euro più bonus vari.
Lo scorso 26 giugno, Profumo aveva sintetizzato la necessità del piano parlando di bilancio troppo grande: ”Ogni 100 euro di depositi da clienti – aveva spiegato – abbiamo 130 euro di impieghi. I 30 aggiuntivi – che vanno anche a smentire il mancato sostegno all’economia – in passato arrivavano da investitori istituzionali che acquistavano obbligazioni a medio/lungo termine. Oggi non più; quindi a coprire questa passività e’ intervenuta la Bce, ma adesso bisogna trovare un nuovo equilibrio, fondato su un modello di servizio diverso, un modello economico diverso, un bilancio più ridotto per non dover ricorrere ancora alla Bce”. Si è dimenticato fuori i Grilli bond, ma non importa: bisognava far tornare logico il ragionamento.
In attesa dello sciopero di venerdì, si registra la presa di posizione di Teresa Bellanova di Lecce, che ha fatto una interrogazione ai ministri del Lavoro e dell’Economia in merito al futuro dei 4640 dipendenti del Monte, compresi 400 lavoratori del Cog salentino. “Il nostro Paese si trova a vivere una condizione di crisi economico finanziaria ed occupazionale seria che certamente investe gruppi aziendali e l’intero comparto produttivo economico-finanziario, ma che purtroppo fa sentire i suoi effetti più devastanti prevalentemente sulle spalle dei lavoratori e delle famiglie. – scrive la deputata del PD – Ecco perché risulta indispensabile mettere in campo ogni misura utile, atta a scongiurare altra perdita di posti di lavoro in tutto il Paese, ma a maggior ragione nel territorio meridionale che sta soffrendo la crisi pesantemente. Il Piano sembrerebbe prevedere: l’esternalizzazione del back office, sia nella componente che afferisce al consorzio operativo, sia nella componente che riguarda le strutture di rete, di area territoriale e di direzione generale, attuata mediante la cessione di un ramo d’azienda ad un soggetto terzo che però, ad oggi, sembrerebbe non essere stato ancora individuato; la chiusura di circa 400 sportelli ubicati nei diversi territori, la cessione di Consum.it e di Biverbanca, il deconsolidamento del ramo Leasing, oltre all’incorporazione di Bav e delle altre controllate nella capogruppo bancaria; la disdetta del Contratto integrativo di Banca Monte dei Paschi, l’individualizzazione del rapporto di lavoro ed un drastico abbattimento salariale nel periodo di attuazione del Piano. Il 19 luglio scorso le organizzazioni sindacali nazionali hanno inviato una lettera ai ministri Fornero e Grilli, nella quale sottolineavano la necessità di dare seguito con celerità, visto anche la platea di lavoratori coinvolti, agli accordi pattuiti in sede ministeriale per evitare che i processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale si trasformassero in una penalizzazione occupazionale a carico dei lavoratori”, continua Teresa Bellanova, ignara forse che il PD senese per bocca dei suoi rappresentanti partitici e istituzionali si trova d’amore e d’accordo con Profumo.
Nello specifico i sindacati hanno sottolineato che “il Fondo di solidarietà del settore del credito rappresenta lo strumento attraverso il quale Abi e sindacati hanno efficientemente gestito, da oltre un decennio, i processi di ristrutturazione e di riorganizzazione aziendale, nonché le correlate tensioni occupazionali: dal 2000 ad oggi sono circa 40mila gli esuberi gestiti attraverso un ammortizzatore sociale di origine pattizia, la cui operatività non ha comportato oneri per la collettività. A distanza di più di un anno dalla stipulazione, non è stato ancora emanato il decreto interministeriale di recepimento dell’accordo del 8 luglio 2011 e dei successivi accordi applicativi, manca ancora l’adozione del decreto di recepimento, in via definitiva, dell’accordo nazionale del 16 dicembre 2009, con cui è stata introdotta la sezione emergenziale. Ma la Fornero, sul fatto di rispettare accordi, ci sembra piuttosto sorda, il PD diviso, i lavoratori sfiduciati. Secondo i sindacati, dunque, la stessa strada intrapresa dell’esternalizzazione di servizi e la chiusura di 400 sportelli rappresenterebbe non una modalità di effettivo rilancio del Gruppo, bensì una penalizzazione a carico dei lavoratori.