I radicali Simi e Massari rilanciano l'appello al finanziamento di imprese (sane)
SIENA. “Non un euro di potenziale liquidità per imprese e famiglie e’ stato sottratto all’economia” reale”. Lo assicura il presidente dell’Abi, ma la situazione del paese è ben diversa. I denari forniti dalla BCE al tasso dell’1% sono stati utilizzati per acquistare titoli del debito pubblico, particolarmente appetibili perché garantiscono un più ampio margine di guadagno rispetto a quanto garantito dal finanziamento dell’economia reale. E’ stato lo stesso Mussari ad ammettere che l’iniezione di liquidità è stata pari a 137 miliardi di euro, “inferiore all’ammontare di obbligazioni bancarie in scadenza nel 2012, pari a 186 miliardi di euro”.
Per questo motivo Radicali italiani ha lanciato un appello dal titolo “Liquidità alle imprese, più ossigeno al Paese”, chiedendo un maggiore impegno del sistema bancario per finanziare le imprese sane quindi per favorire la ripresa economica.
Il 17, 18 e 19 luglio militanti radicali con la CGIA e “Imprese che resistono” saranno mobilitati per far giungere a Monti l’appello, dimostratosi sensibile alle esigenze di tanti produttori di posti di lavoro. Negare liquidità alle imprese è miope e rovinoso.
Lo stesso Visco, presidente di Bankitalia ha smentito Mussari: “Le banche nei rapporti con le imprese, soprattutto le grandi, basino le politiche di affidamento sulla solidità dei progetti imprenditoriali, non su relazioni e legami che ne prescindano “.
Affermazione condivisibile perché l’Italia è un paese bancocentrico dove le banche controllano oltre l’80% delle imprese, e spesso gli imprenditori amici hanno un accesso al credito più facile rispetto agli imprenditori capaci.
Secondo il governatore della Banca d’Italia, “la nostra economia ha bisogno di intermediari e mercati finanziari che allochino al meglio e al minor costo possibile il risparmio a essi affidato”.
Non pare questo il caso di Mussari, che da Presidente di MPS non ha dato la miglior prova delle sue capacità. Sempre Visco ha ricordato che “Per Banca Monte dei Paschi di Siena si e’ reso necessario un intervento pubblico a causa delle forti tensioni sui mercati finanziari, che hanno reso proibitivo il ricorso a nuove emissioni di capitale, e per la difficoltà a realizzare piani di dismissione di attività in una situazione di mercato assai tesa. Il raggiungimento dell’obiettivo con modalità alternative avrebbe comportato una riduzione del credito all’economia”.
Non è mancata poi l’adesione alla proposta dell’Acri, l’associazione delle fondazioni bancarie, per la valorizzazione delle quote di capitale possedute dalle banche nella Banca d’Italia. Per Mussari “ne trarrebbero benefici i patrimoni delle banche, aumenterebbe la nostra capacità di erogare credito”.
Vero è che la legge ha prescritto nel 2006 la cessione delle quote azionarie della Banca d’Italia entro il 2008, legge mai rispettata la cui violazione è stata denunciata con forza dalla delegazione parlamentare radicale, ma la cessione delle azioni della banca centrale andrebbero formalmente imputate alle fondazioni, non alle banche, e ben sappiamo quanto la vicenda tutta italiana della falsa proprietà privata delle banche, tramite il velo delle fondazioni bancarie, sia nefasta per il sistema Paese perché il potere politico locale, nominando gli amministratori delle fondazioni, di fatto controlla le banche, l’accesso al credito, i finanziamenti garantiti agli amici degli amici, l’economia.
Le vicende disastrose legate alla fondazione del Monte dei Paschi di Siena sono note e emblematiche. Per questo motivo le iniziative politiche radicali contenute da anni in numerosi atti parlamentari presentati da Marco Beltrandi per ottenere la completa separazione tra fondazioni e banche prenderanno le mosse proprio a partire dal “caso MPS”.
Giulia Simi, presidente del Comitato nazionale di RI e segretaria di “Global Democracy”
Alessandro Massari, direzione nazionale RI