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di Red
SIENA. Renzi e Padoan forzano la mossa con l’attivismo pro-Sì. Il presidente del Consiglio, impegnato com’è a promettere mari e monti a vanvera per ogni dove, minaccia la catastrofe se vincerà il NO. Se non avessimo sperimentato la stessa vicenda con Trump (avete notato che il giorno dopo la sua elezione a presidente il mondo non è finito negli USA?), potremmo anche credergli, invece l’Italia sta a cercare di spiegarsi il perché di tanti ricatti morali e materiali. Il ministro dell’Economia, al contrario, sta asserragliato nel bunker da dove governa incautamente le banche e, non pago delle idiozie combinate nella gestione delle quattro banche fallite – tra cui l’Etruria – sta reiterando le sue visioni fallimentari in MPS.
Se in Italia esistesse una legge che vieta il conflitto di interessi – perché quella che è in vigore è una legge che regola il conflitto di interessi, affinché chi ce l’ha possa abusarne a proprio piacere – non sarebbe ammesso che la banca advisor (JP Morgan) esprima anche l’amministratore delegato (Morelli), che dovrebbe fare l’aumento di capitale. E’ strano che i tedeschi, così rigorosi nel difendere i principi morali, non abbiano nulla da rilevare quando il fallimento di Rocca Salimbeni sarebbe nefasto anche per loro. Ma d’altra parte, alla Riva che possiede acciaierie in Germania non hanno trovato nulla da ridire sulla gestione ecoambientale dell’Italsider a Taranto: anche la morale è strabica.
La riforma costituzionale, mettiamoci l’anima in pace, non risolve il problema del conflitto di interessi – che è uno dei motivi per cui dall’estero non vengono ad investire in Italia. Di fatto, riformare la Costituzione, almeno nel senso che la legge approvata ha, non cambierà nulla in meglio per il paese. Cui prodest?
La casta renziana prima ha mandato via Fabrizio Viola per due motivi. Uno, perché non poteva essere d’accordo col piano immorale che è stato reso noto in questi giorni. Due, perché così, essendo stato nominato dalla classe politica del partito che ha preceduto i Renzi boys, è stato mandato un chiaro avvertimento ai senesi di allinearsi, proprio in vista del referendum, e di abbandonare le posizioni dalemiane.
Morelli who? Quello che aveva preso una multa da Bankitalia per aver partecipato agli imbrogli che avevano portato all’acquisto di Antonveneta? Quello di cui il rapporto di Via Nazionale scriveva che il suo comportamento “risulta di particolare gravità, considerato che egli ha partecipato a tutte le fasi dell’operazione, dalle prime interlocuzioni (periodo al quale risale l’indemnity del 2008, da lui stesso sottoscritta) fino alla definizione del termination agreement”. Quello di cui abbiamo scritto che ci sarebbe piaciuto sapere se i 208.500 euro di multa ricevuta l’avesse pagata o NO. E’ passato il tempo ma nessuno ha scritto alla redazione per farcelo sapere. Beh, la domanda era retorica come la risposta al referendum. NO.
Banca MPS vi ha provveduto come “responsabile in solido”. Qualora la sanzione diventasse definitiva (è in corso l’appello), Mps dovrebbe farsi rifondere da tutti i multati il denaro anticipato per loro. E se Morelli fosse ancora amministratore delegato dovrebbe chiedere i soldi indietro a se stesso: l’ha scritto anche Il Fatto Quotidiano, ma a Siena non se ne è accorto nessuno. I risparmiatori delle banche – perchè chiaramente l’andazzo è generalizzato – non solo hanno perso i loro risparmi, ma con i loro soldi sono state pagate le multe di chi li aveva raggirati. Ma Bruxelles su queste cose non ha nulla da dire. Licenziando Viola il governo italiano ha lasciato capire che la nazionalizzazione di MPS è stata fatta senza dichiararlo. Ma senza neanche assumersene la responsabilità, lasciando via libera alla speculazione e alla spoliazione dell’anello debole della catena: i piccoli azionisti.
Siamo quindi all’atto finale. Il comunicato del CdA del Monte dei Paschi del 14 novembre “ordina” tra le righe ai piccoli risparmiatori, la cosiddetta clientela retail, di convertire i bond subordinati (in massima parte, ma non solo subordinati) in azioni della banca senza alcuna garanzia che questo serva a qualcosa. Sarà poi il mercato a decidere se mettere o meno la differenza mancante per arrivare a 5 miliardi. Se non si ubbidisce è garantito l’inferno del fallimento…
Ovviamente le commissioni per la gestione dell’operazione a JP Morgan e agli altri advisor – si parla di centinaia di milioni – sono garantite; ma si avverte nel prospetto che il “consorzio di garanzia” delle banche si è riservata la facoltà di non sottoscrivere il capitale inoptato. Potrebbe essere il nuovo spot del Superenalotto “Ti piace vincere facile”, ma d’altra parte un governo che non è stato eletto dal popolo, come l’attuale, non gliene deve neanche rendere conto. Alla faccia del giurista Gustavo Zagrebelsky (che non sapeva come rispondere a Renzi che gli chiedeva quale fosse l’articolo che realizzava l’oligarchia in Italia), noi pensiamo che il complesso della riforma che andremo a votare – grazie a quanto già compiuto negli ultimi anni dalla prassi del governo sottoscritta dall’ex presidente Napolitano – sancirà il dominio di una oligarchia feroce. Quando pensiamo alla dittatura, abbiamo la visione romantica e demodé dei carri armati di Pinochet che assaltano e sparano colpi di cannone verso la Casa Rosada del presidente legittimo Allende. Oggi è diverso perché non siamo in guerra. Basta realizzare la spoliazione dei risparmiatori e dello Stato attraverso legislazioni che non puniscono i colpevoli e, quando li sanzionano, sono di fatto inutilizzabili. Cercando di farsi dire anche grazie per NON aver salvato nulla.
La storia del Monte dei Paschi ne è un esempio illuminante.