Il deprezzamento del titolo è un fatto irrevocabile, visto quello che c'è dietro
di Red
SIENA. E’ tutto inutile, è questa l’amara e triste verità del Monte dei Paschi. Ancora oggi il titolo, complice la cattiva politica che guarda solo ai suoi interessi (salvare la ghirba a B. da una parte o non sembrare il suo carnefice dall’altra, ad esempio), lo fa veleggiare intorno a 20/21 centesimi di euro, vanificando le buone intenzioni e le iniziative espresse nei mesi passati da fini economisti come Mancini, Profumo e perfino Valentini. Ogni volta che hanno aperto bocca hanno ottenuto il risultato di deprimere il titolo e hanno lasciato l’impressione che la banca senese e il libero mercato siano due cose che non c’entrano niente una con l’altra.
Una gioia per i dipendenti della banca che, nel frattempo, hanno visto scadere i vincoli a vendere delle azioni che gli furono date al posto dei soldi come premio produzione (o come si chiama nel gergo del contratto di lavoro MPS) quando, se la memoria non ci inganna, venivano quotate circa 3 euro. Un trucchetto del binomio Mussari/Vigni per non tirar fuori di tasca contanti freschi, cosa che avrebbe accelerato l’emersione del marcio nella Rocca. E che meravigliosi sindacalisti – perfetti esecutori dell’altrui volere di un istituto di credito che non si preoccupa di fare una due diligence nell’acquistare una banca – non si peritarono di difenderne il valore con qualche clausola di salvaguardia. Così, tanto per evitarne il deprezzamento (visto che “vietato” sbarazzarsene subito, vincolate come erano a 3 anni). Lasciando in braghe di tela i loro iscritti e anche quei dipendenti che col sindacato non hanno più voglia di avere a che fare.
Poi ci si mette anche il ministero dell’Economia sentenziando che per evitare la nazionalizzazione ci vogliono 2,5 miliardi di aumento di capitale. Chi arriverà dovrà poi cacciare 4,1 miliardi per restituirli allo Stato e tenersi Profumo come presidente della banca. Che ha dimostrato di essere una società ostaggio della politica al di là delle buone intenzioni programmatiche di facciata. Dopo questa estate spesa tra i dibattiti di Profumo alla festa del Pd e il balletto delle nomine in Fondazione con l’elezione di Antonella Mansi che sembra il frutto bipartisan di un accordo tra Enrico Rossi e Denis Verdini, secondo i bene informati, non ci sono più dubbi per nessuno.
La forza della politica è quella di operare in astratto, senza carte compromettenti e senza rispondere alle domande legittime che vengono poste. Se poi l’uso dell’intercettazioni nel caso MPS è stato vietato come ha riferito la Procura, l’indimostrabilità di come sono andate veramente le cose è un dato di fatto. Rimane che dall’ultimo sindacalista nel CdA del Monte al governatore della Banca d’Italia del tempo almeno moralmente sono tutti responsabili dello sfascio di Siena. Di tutti costoro, però, in braghe di tela non c’è rimasto nessuno, alla faccia della responsabilità. Se avessimo 8 miliardi di euro da investire nella banca Monte dei Paschi di Siena, ci guarderemmo bene dal farlo: devono pensarla così in molti, in giro per il mondo.