...ma gli interessi sui Monti bond sì. Chi ci rimette è sempre Siena
SIENA. Le bombe che gli israeliani hanno lanciato contro il Media Center di Gaza – colpire al cuore l’informazione giornalistica per condizionare racconti e percezione dei fatti – spiegano bene il momento che stiamo attraversando nel mondo della comunicazione. Un po’ come il fiorire di querele, uno sparare a casaccio, sperando che poi i fatti non confermino le teorie e la verità sia annacquata a piacere del padrone del vapore. Non coglie di sorpresa la notizia che giornalisti come Lorenzo Dilena abbiano potuto verificare che “durante la gestione Mussari venne effettuata una operazione di copertura dal rischio tassi tramite utilizzo di derivati a causa della quale oggi su un importo investito di ben 25 miliardi di euro, si ottiene una rendita di soli 65 milioni, pari allo 0.26%”. Quanto scritto,se confermato, aggiungerebbe un altro tassello alla ricostruzione degli eventi che hanno portato alla distruzione di 500 anni di una storia italiana, quella del Monte dei Paschi di Siena. E per gli ultimi arrivati, ecco un breve riepilogo dei fatti.
Siamo in fondo alla stagione della nascita delle “grandi banche nazionali”. Antonveneta è finita nelle mani degli olandesi di ABN Amro. Ci sono ambienti in Italia che ritengono non sia possibile tollerare una situazione del genere, anche se siamo nel libero mercato europeo. Il perché è oscuro, ma ci porterebbe lontano da Siena. Banco Santander coordina un gruppo di fuoco che annichilisce la banca dei Paesi Bassi, la conquista e la fa a pezzi. In poco tempo Botin viene premiato con uno straordinario bonus da 2,4 miliardi di euro: MPS rileva quasi tutte le attività di Antonveneta. Si afferma pubblicamente che l’operazione ha un costo di 9 miliardi, dimenticando sbadatamente voci passive e costi aggiuntivi che oggi fanno dire a tutti che l’acquisto dell’istituto padovano sia costato ben 17 miliardi. Senza contare che all’ultimo minuto dal “carrello della spesa” è scomparso un pezzo importante: Interbanca.
Delle mezze verità raccontate nel 2008 pare non si possa “condannare” nessuno, e se nel vorticoso giro di quattrini siano usciti rivoli di denaro “senza meta precisa”, ce lo dirà l’indagine in corso presso la Procura di Siena e di Roma. Ma non è questa la cosa più importante.
Questa operazione “S’ha da fare” e la fa MPS, perché è l’unica banca rimasta senza importanti acquisizioni. Il mondo politico-finanziario italiano fa sistema e ignora il fatto che Rocca Salimbeni non ha la capacità economica per farlo. C’è scritto nei bilanci – che per fortuna come Spa quotata sono pubblici (basta saperli leggere). Ma a Roma dei bilanci pare proprio non interessare a nessuno: al futuro della banca ci penseranno loro, non l’economia di mercato. La quale invece i bilanci li legge e decreta il lento tracollo del Monte, fino al valore azionario di 0,20 euro di questi giorni. Invano puntellato da due aumenti di capitale. Col bel risultato che segna la fine della fondazione bancaria europea numero uno, quella di Palazzo Sansedoni.
La Direzione Generale della Rocca è costretta a inventarsi operazioni di “finanza creativa” per supportare l’enorme investimento richiesto dal Santander. E dal 2008 si inseguono quelli che poi sono apparsi errori su errori, i secondi per coprire gli effetti negativi dei primi. Ha una parte di ragione Profumo quando dice che la colpa è dei troppi BTp in portafoglio: se poi Dilena cala il jolly e spiega che, conti alla mano, non rendono nulla e appesantiscono come la pietra al collo del suicida il conto economico della banca ecco che tante cose si spiegano da sole.
Chi avesse la pazienza di andarsi a rileggere articoli di giornale del 2008-2009, noterà che da Rocca Salimbeni la comunicazione ha sempre diffuso notizie e previsioni che mostravano come l’economia e di conseguenza il mercato immobiliare sarebbero presto andati in ripresa. Benché tutto il mondo tremasse immaginando le conseguenze mondiali dei tracolli finanziari made in USA – come poi è puntualmente successo – si è diffusa, a Siena e chissà dove altro al mondo, questa errata percezione. Al punto che alla fine qualcuno ci ha creduto davvero: ecco uno dei perché dell’acquisto di BTp. Se lo spread, parola in quel momento sconosciuta all’informazione e al pubblico perfino dei risparmiatori, fosse rimasto ai livelli del 2008 oggi parleremmo di un Mussari superstar, genio della finanza. Invece, in quelle settimane/mesi si stava giocando a black jack contro il banco: e il banco non perde mai.
Incidentalmente i titoli di Stato potrebbero essere serviti, a quel tempo, anche per ingraziarsi il Ministro dell’Economia dell’epoca, che aveva chiesto alle banche di sostenere la politica economica del governo. Infatti non solo MPS ha risposto all’appello, ma da Siena ci si è esposti in maniera eufemisticamente “eccessiva”, rispetto alla patrimonializzazione dell’istituto. E anche su questo aspetto a Roma tutti hanno chiuso gli occhi, rendendo possibile operazioni che ad altri, probabilmente, non sarebbero state concesse nemmeno di sbieco. Il fatto che in primavera si sia parlato di un Mussari dalle due possibilità, quella di essere rieletto per un altro biennio all’Abi o di diventare presidente dello Ior (la banca vaticana) senza suscitare sconcerto in chi informa l’opinione pubblica, la dice lunga.
Perché a Roma continuano a fregarsene: al Monte ci pensano loro, non il mercato. E si fanno i Monti-bond, e chissenefrega dell’Europa che non li vuole. Qui si fanno lo stesso, e se diranno di no a Bruxelles (come avevamo già preannunciato, basta un po’ di logica non di informatori all’Unione Europea, che altrove le leggi si applicano e non si interpretano), si potrà affermare che per colpa dell’Europa MPS deve essere nazionalizzata, e la responsabilità sarà scivolata dalle spalle della politica nazionale. Perchè poi di fronte alla nullità di rendimento dei BTp fa da contraltare la pesante realtà degli interessi montiani: un costo che la comunità senese non può sostenere; quindi sarà comunque più facile portar via l’istituto dalla città dove è nato.
La ricchezza che rendeva Siena una “città speciale” nel panorama mondiale è bruciata sull’altare di una serie di “interessi” che nulla hanno a che vedere con il benessere della comunità di riferimento, della banca, della nazione .
Questa è la sintesi di una storia italiana; questi sono i capitoli di un racconto che ancora attende spiegazioni e approfondimenti – e magari anche “aggiustamenti” al ragionamento – con cui i senesi dovranno confrontarsi con tutti coloro i quali riterranno di poter concorrere alla carica di sindaco.
