Contraddizioni nei mercati azionari mondiali

di Red
SIENA. La giornata di martedì si è rivelata veramente incerta. Forse sarà stata colpa del gran caldo, ma alla fine, penalizzata dai bancari, Piazza Affari ha chiuso in negativo, con MPS giù del -3,23% a euro 0,428. Sul finire della giornata è arrivata Banca Akros (che comunque è la banca d’investimento e private banking del gruppo Popolare di Milano), che ha tagliato il prezzo obiettivo di molte banche nazionali. Gli analisti hanno ridotto a 0,55 euro e a 1,7 euro il target price rispettivamente di Monte dei Paschi di Siena e di UBI Banca. Poi è intervenuta la Consob a confondere ancor più le acque, dando parere negativo all’operatività delle agenzie di rating: ”Come previsto dal regolamento europeo, la Consob ha trasmesso all’Esma (European Securities and Markets Authority) il proprio parere in merito al rilascio dell’autorizzazione ad operare per le agenzie di rating Moody’s e Standard&Poor’s. La Commissione, nel formulare il previsto parere preliminare di sua competenza, ha ritenuto che, al momento, le due agenzie non abbiano integralmente soddisfatto i requisiti richiesti dalla normativa europea. Di conseguenza, in questa fase peraltro intermedia al procedimento, non è stato possibile rilasciare parere positivo”. Un colpo ulteriore, forse necessario, alla credibilità delle regole dei mercati finanziari mondiali. I risparmiatori sono confusi e disorientati. Una società, locale, statale, mondiale, multietnica o interreligiosa che si voglia, si deve fondare su valori comuni e regole certe. Questo millennio è cominciato nell’affermazione dell’anarchia e della sopraffazione quotidiana. Non è possibile che le agenzie di rating, che dovrebbero garantire una corretta informazione e un corretto controllo sulle società che operano nei mercati, siano in discussione ovunque. Perfino negli ultraliberisti USA, la loro azione è criticata e sottoposta a controlli di legge per gli abusi evidenti (oggi si è dimesso il presidente di Standard & Poor’s).
E questo conflitto di interessi (e di intelligenze, se ci permettete) scende giù fino ai livelli più bassi del mondo finanziario, anche in casa nostra. Come ben testimonia il caso di un gestore di discoteche, di indubbia capacità nel settore dell’intrattenimento come dimostra un curriculum che lo vede past president di AssoIntrattenimenti. Già accreditato dal Corriere della Sera di essere stato nel 1994, con l’adesione del “testimonial d’eccezione” Alessandro Nannini, fondatore a Siena di Forza Italia e dotato di “incrollabile fede milanista”, passa con disinvoltura dal consiglio di amministrazione di Mps France alla vice presidenza di Leasing & Factoring, una Spa che nel suo sito internet non fa conoscere neppure il nome del suo presidente. Nell’era di Internet certe carenze comunicative sono mal viste…
Ma non è detto che non avere competenze specifiche nel settore finanziario sia necessariamente un difetto. Prendiamo il caso di Alan Greespan, ex presidente Fed, a detta di molti (tra cui il premio Nobel Paul Krugman), forse il “peggior presidente” della storia della Federal Reserve. Parlando al MeriTalk 2011 Innovation Nation Forum tenuto a Washington, l’ineffabile Greenspan ha osservato che l’euro si sta sfasciando creando problemi all’economia americana e crea interrogativi sui conti delle multinazionali e di chi esporta in Europa. Le sue affermazioni non hanno sconvolto i mercati finanziari: il dollaro dopo il suo intervento è passato da 1,4435 sull’euro a 1,4420. E’ ovvio, tuttavia, che una certa America faccia il tifo perché l’euro si sfasci, come almeno certa politica in Italia. Che la moneta unica europea abbia problemi è sotto l’occhio di tutti: asimmetria tra moneta unica e politiche fiscali diverse, differenziale di crescita e produttività fra i paesi membri, molti debiti sovrani eccessivi. Ma la posizione di Greenspan è perdente, dettata da insofferenza americana nei confronti dell’euro, come un tempo con la sterlina: una posizione da veterocolonialista. La realtà è che dopo la caduta del Muro di Berlino gli stati non hanno saputo creare il nuovo sistema di convivenza e di regole comuni che il secondo dopoguerra aveva, nel bene e nel male, inventato per gestire la contrapposizione tra le democrazie occidentali e il comunismo sovietico. La posizione di Greenspan è solo quella di un affarista della sopraffazione: senza l’euro il dollaro sarebbe più forte e al finanza americana ne avrebbe vantaggi. Pagati dalla logica della sfascio, in cui i più deboli perdono tutto. E anche Wall Street non ha tenuto in considerazione il finanziere: il Dow Jones ha fatto un buon +2,97% a fine seduta. Non ne ha approfittato la borsa giapponese, che sconta il declassamento da AA3 a AA2 del debito sovrano nipponico fatta da Moody’s, che tuttavia ha confermato l’outlook stabile. Sempre a causa dell’instabile clima politico del paese, prima ancora che dalla recessione provocata dal disastro di Fukushima. Dalle borse europee invece ci si attende una partenza timidamente positiva, per poi commentare i dati economici che verranno diffusi in giornata, dalla Germania prima e dagli USA nel pomeriggio.
Certo che la paura della recessione non si placa, i mercati sono guardinghi e sempre pronti a vendere. La riuscita o il fallimento della manovra economica del governo italiano, che ieri ha cominciato l’iter di conversione in legge al Parlamento, avrà un impatto importante. Per il piccolo risparmiatore, che non ha quattrini e conoscenze a sufficienza per portare i soldi in Svizzera, il risultato negativo potrebbe essere devastante.