Confindustria sceglie i bond senesi per proteggere i suoi investimenti
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di Red
SIENA. Il Monte va male anche dal punto di vista della bontà del credito. Dal 2007 a oggi ha incrementato del 400% i crediti dubbi passando da 6,4 a 26,3 miliardi di euro. Addirittura, secondo il Sole 24 Ore, “Il fatto che un gruppo come MPS non voglia più fornire dati all’agenzia di rating Fitch, a prescindere dalle motivazioni strategiche, potrebbe dunque aumentare la nebbia su questo settore. E potrebbe rafforzare la sensazione che, dietro questa montagna di spazzatura bancaria, si possa celare qualche problema”. Profumo pensa ai 600 milioni risparmiati tagliando costi, dipendenti e alienando rami d’attività, bloccato senza liquidità per guadagnare dagli impieghi, come gli istituti di credito di una volta. Uno pensa: banca da cui stare molto lontani. E invece, Il Fatto Quotidiano ci racconta che “Confindustria, tra gennaio e febbraio, si è affrettata a ridurre drasticamente la sua esposizione sui titoli di Stato vendendo in anticipo 10 dei 18 milioni di euro di Btp che possedeva, la metà dei quali sarebbero scaduti naturalmente nove mesi dopo. Evidentemente in Confindustria ritenevano più sicuri dei titoli di Stato i bond del Monte dei Paschi di Siena, cioè la banca che sta facendo man bassa di aiuti pubblici e che, vista la drammatica situazione dei conti, avrà presto il Tesoro tra i suoi azionisti: l’investimento nelle obbligazioni di Rocca Salimbeni in scadenza a fine 2013 è di 9,9 milioni”. Il mondo è totalmente impazzito; le persone semplici che logica potranno ricavare dalla lettura di queste righe? E’ talmente più redditizio l’investimento nella derelitta banca senese da far dimenticare a Confindustria la prudenza negli investimenti? La verità sta nel fatto che tutti riconoscono che il Padrone, a Siena, è oramai lo Stato, e la sua fallibilità non può essere messa in discussione; che insomma la nazionalizzazione (parola dapprima scansata ed ora sempre più presente nelle penne dei giornalisti) è già realtà, non più mitigabile con una pubblicistica edulcorata. L’investimento di Confindustria è al sicuro.
Tutto ciò a prescindere dalle responsabilità della popolazione cittadina e dei dipendenti della banca, che si sono visti passare sulle teste un’astronave incomprensibile chiamata Fondazione, di cui solo nel momento del tracollo si comincia a distinguere i contorni. Va tutto male, va tutto bene. Quello che non ci riesce di far apprezzare alla comunità nazionale (e ad alcuni lettori che commentano esprimendo il loro disagio) è che le manovre oggi in atto non sono i primi passi di un risanamento di un istituto mal gestito, ma la protezione di un gruppo di potere che, nonostante gli errori, non vuol pagare dazio e si porta via la banca. Forse è colpa dell’inverosimilità della situazione, che una mente diabolica non poteva creare facilmente, che rende tutto sfumato. Certo Profumo, al famoso dibattito in Fortezza Medicea in cui disse “la senesità di banca MPS di fatto non c’è più, è stata di fatto perduta e deve essere riconquistata” non poteva dire di essere arrivato con l’incarico di autista del trasloco. Sarebbe stato lapidato immediatamente anche dai suoi stessi sostenitori. Questi “sostenitori” capeggiati dall’ex sindaco Ceccuzzi sono visti con un occhio particolare dai loro stessi compagni di partito. Infatti il PD salentino per difendere i 400 lavoratori del Cog di Lecce, si rivolge a Bersani e non spera nella mediazione del PD senese; così similmente fanno le organizzazioni sindacali. Mistero nel mistero: o non hanno capito nulla, o hanno capito tutto, e sanno stare al mondo. Noi propendiamo per la risposta numero uno: il segretario Bersani non può aver voglia di perdere il controllo della banca …