Analoga sorte per le altre 4 grandi banche italiane nell'inerzia della politica romana
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SIENA. I mercati hanno paura dei politici. Si tratta di una razza un po’ strana, dai comportamenti spesso illogici. Pensate la Slovacchia che vota contro una importantissima ricapitalizzazione del fondo salva-stati europeo che riguarda 500 milioni di persone per mandare a casa un governo che ne rappresenta solo 5. Oppure in Italia, votare contro il rendiconto dello Stato per costringere il presidente del consiglio a modificare equilibri politici interni alla maggioranza e non a rispondere alle esigenze del paese, della finanza e dell’economia. Perciò gli operatori di borsa hanno venduto, realizzando sopra gli importanti recuperi di quattro giorni consecutivi buoni. Ne avranno avuto ben donde. Ora si sveglia il Credit Suisse. Informa che una revisione più stringente degli stress test (ormai chiaramente fasulli), condotti a luglio dalla European Banking Authority (Eba, è un organo politico dell’Unione Europea nato appena l’1 gennaio 2011), imporrebbe il reperimento di nuove risorse per tutte e 5 le banche italiane sottoposte all’esame: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Popolare, Mps e Ubi Banca.
Da Berna dicono che stress test condotti con nuovi criteri più stringenti, ecc. ecc. darebbero questi risultati sulla ricapitalizzazione nazionale: Unicredit necessiterebbe di 11,958 miliardi di euro, Intesa Sanpaolo di 3,797 miliardi, Banco Popolare di 3,127 miliardi, MPS di 2,341 e Ubi di 1,584 miliardi. Per inciso, mal comune mezzo gaudio: a livello europeo ben 66 degli 89 istituti di credito sottoposti a test avrebbero un deficit patrimoniale. Concentriamoci su Siena: 2,341 miliardi di euro sono esattamente la cifra che a giugno avevamo pronosticato essere necessaria per la fine dell’estate. E ora che non si parla più di restituire i Tremonti bond, speriamo che lo abbiano capito perfino a Palazzo Pubblico: i soldi da rendere a Tremonti sono già spariti nel pozzo. E così la giornata di borsa è stata, si può dire senza ironia, un pianto greco: Piazza Affari peggior Borsa del Vecchio continente, nonostante la giravolta slovacca a 180 gradi che ha approvato il piano salva-stati. Unicredit, fino a ieri la migliore performance dei bancari ha perso il 12,01%. MPS, più modestamente, ha lasciato sul terreno il 4.05% a euro 0,4071.
Si diffondono le richieste di aiuto, e qualcuno parla di interventi di “private equity” che avrebbero in pancia i quattrini per intervenire: ma la peculiarità della Fondazione MPS e le promesse reiterate a più non posso dal consesso politico senese contro la perdita della maggioranza assoluta nel capitale di Rocca Salimbeni rendono questi interventi praticamente impossibili.
E sale lo spread. Il differenziale tra BTp e Bund cresce ancora e arriva a 374 punti base. Prossimamente ci saranno aste molto difficili per il Ministero dell’Economia. In serata i listini USA, scontando dati macroeconomici negativi, chiudono il leggero ribasso con il Dow Jones che perde -1,03% anche per colpa di JP Morgan, che vede i suoi profitti trimestrali in calo. Chissà Tokyo come ci sveglierà domattina, grazie all’export della Cina depresso dal rallentamento economico sulle due sponde dell’Atlantico e dalla stretta monetaria voluta dalla Banca Centrale Cinese per frenare l’inflazione e l’apprezzamento della moneta.
Grazie al cielo è venerdì.