Ma cosa succede a Siena?
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SIENA. La notizia sulla denuncia della Consob contro i vertici del Monte è durata lo spazio di un pomeriggio, altri sono gli articoli apparsi in contemporanea che meritano attenzione. Sicuramente quello di Onida e il pezzo di Gualtieri su Milano Finanza. Gualtieri ci fa presente che siamo ormai alle fasi finali della verifica della comunità europea sull’ultima versione del piano industriale predisposto dai tecnici della banca senese. Da quello che si capisce siamo vicino all’approvazione; autorizzazione che, probabilmente, porterà a dei sacrifici con tagli ancora più consistenti per il Monte.
Ma l’articolo che merita un vero approfondimento è quello di Onida. Per l’economista la Banca ha bisogno di investimenti, di veri investimenti non dei contributi statali. I Monti Bond non hanno questa caratteristica perché costano e costano molto. È vero che fino al 2015 “probabilmente” non ci saranno dividendi apprezzabili e, se non si ricorre a dei veri investimenti, anche quelli che dovessero arrivare successivamente a quella data servirebbero solo a pagare gli interessi passivi. Se così succedesse, aggiungo io, c’è una sola possibilità: la nazionalizzazione che ha almeno il merito di non penalizzare i lavoratori. Il passaggio che ci interessa di più è quello sulla Fondazione. Per l’economista l’unica strada è staccarla immediatamente dalla banca. Distacco che permetterebbe, con il patrimonio che gli rimane una volta pagati i debiti, di prendere una strada autonoma. Il patrimonio restante si aggirerebbe intorno ai seicento milioni di euro. Per realizzare questo scenario, comunque, con una Fondazione fortemente ridimensionata, c’è una condizione essenziale: avere un management e una governance con i cosiddetti. A partire da un direttore finanziario con capacità fuori dal comune.
A fronte dei diversi scenari che si potrebbero aprire, cosa succede a Siena? Assistiamo a un bruttissimo spettacolo giocato tutto internamente al PD locale e nazionale. Ancora una volta ciò che prevale è lo scontro sui nomi: uno scontro fra capetti di partito finalizzato all’affermazione di se stessi. Da una parte l’ex sindaco di Monteriggioni dall’altra l’ex sindaco dimissionario, nel mezzo vari personaggi che si alleano o si dissociano in base alle convenienze personali. La tesi che Valentini non ha la forza sufficiente per imporre le proprie scelte (Pizzetti o chi per esso), e che su questa impossibilità si è creato un proprio ruolo fatto di apparenza, è ormai evidente. Ceccuzzi che ogni volta che conta (Piazzi) non perde l’occasione per dimostrare che chi ha vinto le elezioni amministrative è proprio lui. Con quell’abbraccio mortale, che molto assomiglia a quello di D’Alema a Renzi, in campagna elettorale che anticipava lo scenario di cui Siena è vittima.
Una domanda è d’obbligo: ma di quale prospettiva per la Fondazione e la Banca stanno discutendo? Distacco dalla banca, seguire il Monte nelle sue strategie o puntare sulla nazionalizzazione? Ci sono le condizione per un rilancio della Fondazione? Che ruolo e che rapporto individuare fra quest’ultima e il territorio? Come può, se può, la Fondazione aiutare l’innovazione del sistema Siena? Di queste questioni non è dato sapere! Anche il consiglio comunale è totalmente assente. Il Valentini vorrebbe affidarsi ad un personaggio nazionale e appaltargli il futuro in accordo, probabilmente, con i vertici del Monte. Del resto Valentini ama affidarsi e non soltanto in questo settore. A proposito! Ma che lo avete messo a fare nello Statuto il vincolo della residenza in provincia di Siena se poi lo disattendete alla prima occasione? Quel vincolo aveva un significato diverso dal vivere per qualche ora in una strada e avere un numero civico. Anche questo ha il sapore del pasticciaccio. Per Ceccuzzi il nome del Piazzi ha la dimensione del locale, del garante degli accordi che sono stati presi o che potrebbero essere presi. Piazzi ha già dato prova di affidabilità in questo senso nella deputazione amministratrice uscente. Tale nomina potrebbe aiutare l’ex sindaco a rafforzare il proprio peso politico in attesa che la pasta salernitana venga digerita. La situazione rimane, per ora, congelata e lo sblocco con questi presupposti non prelude a nulla di buono.
Pierluigi Piccini