Guzzetti nega la possibilità di una fusione con Intesa
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di Red
SIENA. Mentre in Consiglio comunale si decideva all’unanimità di delegare al sindaco il monitoraggio della Fondazione, senza aver convocato nessuno dal palazzo di fronte a rispondere a qualche domanda su cosa accadesse, l’Italia intera versava fiumi di inchiostro sulla tragedia alla senese che qui si consuma. Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri (l’associazione delle casse di risparmio e delle fondazioni bancarie) e della Fondazione Cariplo, di fronte alla possibilità che fossero vendute le azioni che la Fondazione senese possiede nella Cassa Depositi e Prestiti (2,5%, del valore di 100 milioni che non darebbe ro minusvalenze), dava la disponibilità ad acquisire parte delle azioni attraverso il sistema delle fondazioni.
Ma non come Banca Intesa in prospetto di fusione con MPS: “Se c’è una cosa che non esiste è che Intesa possa prendersi Siena. La forte presenza di entrambi i gruppi in Toscana e in Veneto – ha affermato Guzzetti – rappresenta un ostacolo insormontabile dal punto di vista antitrust. Noi dovremmo vendere Cassa di Risparmio di Firenze e sportelli nel Veneto”. Si sono sprecate ipotesi anche al contrario, cioè di intervento della Cassa Depositi e Prestiti nel capitale del Monte, ma nessuno farà avances concrete prima di aver conosciuto le decisioni finali dell’Eba.
Il presidente della Consob Giuseppe Vegas, senza dirlo, ha confermato a Repubblica che il governo italiano precedente non si è adoperato concretamente presso le istituzioni europee – che hanno scelto di equiparare i titoli di stato italiani a quelli tossici e di toglierli dagli attivi delle banche italiane, ordinandone la ricapitalizzazione e accelerando la particolare crisi del Monte dei Paschi.
Nel frattempo Pieri (Fondazione) strappava a Mediobanca e Credit Suisse (veramente duri questi svizzeri, ritengono di avere meno garanzie di Mediobanca) l’accordo per procrastinare la riscossione del pegno (forse fino al 30 giugno 2012) e oggi l’hanno girato a JP Morgan, capofila del pool di 10 banche che ha erogato il famoso prestito da 600 milioni di euro (che ora sarebbero 520), per ottenerne l’adesione. Naturalmente tutto ciò costerà ancora più soldi a Palazzo Sansedoni, mentre non è certo il risultato che si otterrà con questo rinvio.
Secondo fonti giornalistiche accreditate, il piano prevedrebbe: a) moratoria di sei mesi prorogabili sul debito della Fondazione in modo da dare a quest’ultima il tempo di cedere asset non strategici; b) dopo la svendita dei titoli Mediobanca, toccherebbe alla Sansedoni Siena Spa, titolare di un portafoglio di immobili da circa un miliardo di euro, attraverso una scissione della società con conferimento degli immobili da cedere a un fondo di real estate, gestito da una società preesistente (che dovrebbe quindi essere acquisita), come la napoletana Elle sgr o una di nuova costituzione. Addirittura questo progetto sarebbe già sul tavolo di Luca Bonechi, presidente di Sansedoni: speriamo che non sia ancora una svendita dei beni faticosamente accumulati momenti di buona gestione dell’Ente. Addirittura sarebbe pronta anche la vendita dello stesso Palazzo Sansedoni. Così piangeremo la scomparsa dei gioielli della vita e della senesità.
Questa sera (30 novembre), dopo aver incontrato i rappresentanti delle Contrade, alle 19,30 il presidente Mancini si ritroverà con il sindaco Ceccuzzi ed i capigruppo in Consiglio comunale. Moriamo di curiosità.
SIENA. Mentre in Consiglio comunale si decideva all’unanimità di delegare al sindaco il monitoraggio della Fondazione, senza aver convocato nessuno dal palazzo di fronte a rispondere a qualche domanda su cosa accadesse, l’Italia intera versava fiumi di inchiostro sulla tragedia alla senese che qui si consuma. Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri (l’associazione delle casse di risparmio e delle fondazioni bancarie) e della Fondazione Cariplo, di fronte alla possibilità che fossero vendute le azioni che la Fondazione senese possiede nella Cassa Depositi e Prestiti (2,5%, del valore di 100 milioni che non darebbe ro minusvalenze), dava la disponibilità ad acquisire parte delle azioni attraverso il sistema delle fondazioni.
Ma non come Banca Intesa in prospetto di fusione con MPS: “Se c’è una cosa che non esiste è che Intesa possa prendersi Siena. La forte presenza di entrambi i gruppi in Toscana e in Veneto – ha affermato Guzzetti – rappresenta un ostacolo insormontabile dal punto di vista antitrust. Noi dovremmo vendere Cassa di Risparmio di Firenze e sportelli nel Veneto”. Si sono sprecate ipotesi anche al contrario, cioè di intervento della Cassa Depositi e Prestiti nel capitale del Monte, ma nessuno farà avances concrete prima di aver conosciuto le decisioni finali dell’Eba.
Il presidente della Consob Giuseppe Vegas, senza dirlo, ha confermato a Repubblica che il governo italiano precedente non si è adoperato concretamente presso le istituzioni europee – che hanno scelto di equiparare i titoli di stato italiani a quelli tossici e di toglierli dagli attivi delle banche italiane, ordinandone la ricapitalizzazione e accelerando la particolare crisi del Monte dei Paschi.
Nel frattempo Pieri (Fondazione) strappava a Mediobanca e Credit Suisse (veramente duri questi svizzeri, ritengono di avere meno garanzie di Mediobanca) l’accordo per procrastinare la riscossione del pegno (forse fino al 30 giugno 2012) e oggi l’hanno girato a JP Morgan, capofila del pool di 10 banche che ha erogato il famoso prestito da 600 milioni di euro (che ora sarebbero 520), per ottenerne l’adesione. Naturalmente tutto ciò costerà ancora più soldi a Palazzo Sansedoni, mentre non è certo il risultato che si otterrà con questo rinvio.
Secondo fonti giornalistiche accreditate, il piano prevedrebbe: a) moratoria di sei mesi prorogabili sul debito della Fondazione in modo da dare a quest’ultima il tempo di cedere asset non strategici; b) dopo la svendita dei titoli Mediobanca, toccherebbe alla Sansedoni Siena Spa, titolare di un portafoglio di immobili da circa un miliardo di euro, attraverso una scissione della società con conferimento degli immobili da cedere a un fondo di real estate, gestito da una società preesistente (che dovrebbe quindi essere acquisita), come la napoletana Elle sgr o una di nuova costituzione. Addirittura questo progetto sarebbe già sul tavolo di Luca Bonechi, presidente di Sansedoni: speriamo che non sia ancora una svendita dei beni faticosamente accumulati momenti di buona gestione dell’Ente. Addirittura sarebbe pronta anche la vendita dello stesso Palazzo Sansedoni. Così piangeremo la scomparsa dei gioielli della vita e della senesità.
Questa sera (30 novembre), dopo aver incontrato i rappresentanti delle Contrade, alle 19,30 il presidente Mancini si ritroverà con il sindaco Ceccuzzi ed i capigruppo in Consiglio comunale. Moriamo di curiosità.