Punti in comune tra il fallimento spagnolo e la crisi di Siena
di Red
SIENA. Bankia è una storia esemplare di cattiva gestione di un istituto di credito. Nazionalizzata nel corso del 2012, oberata da 25 miliardi di titoli tossici, piena di malefatte politiche al punto che il governo spagnolo non ha neppure ordinato un’inchiesta per scoprire come si sia arrivati al clamoroso buco in cui compaiono i prestiti alle maggiori squadre di calcio del paese (Barcellona, Valencia, Real Madrid). Licenziamenti: nei prossimi 3 anni il numero degli impiegati passerà da 20.598 a 14.500 unità, mentre gli sportelli caleranno dagli attuali 3.117 a 1900, massimo 2mila, nonostante aiuti di Stato e finanziamenti Bce per quasi 40 miliardi di euro. Fino alla perdita del 25% in borsa di ieri, che ne sta consigliando il delisting dalla borsa di Madrid già dal prossimo 2 gennaio. Un racconto in cui compaiono tanti elementi di contiguità con le vicende di MPS. Un racconto fatto di mezze verità, parziali ammissioni che puntualmente hanno nascosto la verità dei fatti: come una miniera puntellata su una faglia in caduta irreversibile che vede saltare i pilastri uno dopo l’altro fino al crollo del pozzo.
C’è timore che a Siena, dopo i dati negativi del bilancio 2011, la scoperta che il bubbone Antonveneta non sia costato 9 ma 17 miliardi di euro, l’ulteriore perdita già dichiarata nella semestrale, per i conti del 2012 di quasi 2 miliardi di euro, 6 miliardi di aumento di capitale in programma per fine gennaio (oltre al miliardo già deliberato solo poco tempo fa), l’aumento costante delle sofferenze, si sia incamminati verso un destino simile alla banca spagnola. Per non dimenticare la sciagurata scelta di caricare sui nostri circa 32 miliardi di BTp (scesi quasi a 21 – secondo fonti della banca – nel corso dell’anno, ma con scadenza decennale per la gran parte), la sottoscrizione di derivati che ne hanno mangiato completamente il rendimento. Derivati fatti per proteggersi dal rialzo dei tassi, quando invece la Bce li ha progressivamente portati intorno allo zero: d’altra parte i fulmini di guerra che avevano previsto uno scenario finanziario in salita che avrebbe permesso di digerire con disinvoltura il boccone Antonveneta non potevano che continuare a sommare errori su errori.
Troppi operatori finanziari internazionali si chiedono se non sia più conveniente lasciar fallire Bankia invece di vedere scorrere questa agonia senza fine: sarà così anche Rocca Salimbeni? In fondo la parabola non è troppo diversa. Ieri MPS ha concluso la cessione della partecipazione del 60,42% del capitale sociale della Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli alla Cassa di Risparmio di Asti. Con questa operazione Rocca Salimbeni realizza un effetto complessivo netto a conto economico pari a circa 25 mln euro, soggetto agli usuali aggiustamenti su concordati parametri finanziari. Come previsto dal Piano Industriale del Tandem, l’effetto dell’operazione sull’attuale coefficiente patrimoniale Tier 1 del gruppo è pari a 10 bps. In una Piazza Affari in leggero ribasso (-0,82%), complici anche le voci contrastanti sulle trattative per evitare il Fiscal Cliff negli USA, il titolo MPS quota 0.2257 euro con una performance del +0,67% e, nonostante il leggero recupero nella secondo semestre, chiude l’anno con una performance negativa (-10,40%) . Lo spread si ferma a 319 punti base, in leggero ribasso, condizionato dagli avvenimenti politici nazionali.