Scenari di un futuro deprecabile ma non incredibile
SIENA. Lascerà Rocca Salimbeni. La pillola amara del fallimento del grande manager genovese sta proprio nell’aumento di capitale che verrà realizzato entro luglio, e poi via verso nuove e più mirabolanti avventure, lasciando dietro il nulla. Tutte le promesse di Alessandro Profumo sono svanite come nebbia al sole, nonostante si siano avverate tutte che condizioni che i presenti alla famosa “chiacchierata” dell’agostano ex-Festival Provinciale del PD in Fortezza, alla presenza del moderatore Aldo Cazzullo, il presidente aveva chiesto. La grande banca senese dal 1995 vittima dei giochi di potere del grande partito della sinistra verrà salvata, ma ad un prezzo sanguinoso. L’epigono Clarich, con la sua prosopopea arrogante – un termine che ricorre spesso per indicare una certa corrente di partito che ha avuto molti eletti importanti a Siena – non ha modellato il Cda a suo piacere correntizio, ha ridimensionato l’apporto dei soci sudamericani fino al suicidio finanziario di Palazzo Sansedoni, ha dovuto lasciare il campo all’uomo che del Monte dei Paschi ha sempre detto di non volersene occupare, come il sindaco Valentini ricorderà.
Era il prezzo del via libera alla segreteria del partito. Dopo Matteo Renzi ha fatto l’asso pigliatutto e come abbiamo visto nel giro di un anno ha messo la museruola ai vari D’Alema, Bersani e oggi perfino il rinnovatore Civati se ne va. Giuliano Amato si è rifugiato alla Corte Costituzionale, Bassanini si trincera nel fortino CDP al servizio di Renzi, i Berlinguer declinano con la vecchiaia e l’ultimo rampollo pare troppo bravo per sporcarsi le mani con la politica. E se nel partito e al governo sono rimasti i fiorentini, è facile immaginare dove finirà il Monte, ridotto ad una banca poco più che regionale e con il ricordo dell’anno di fondazione nella denominazione (Mps 1472) a ricordare gli antichi fasti. Traslocato dall’immaginifica ma scomoda Rocca Salimbeni alla più prosaica ex-sede della banca Toscana in quel di Novoli. Quello che neppure i Medici e i Lorena osarono per secoli, a meno di una clamorosa rivolta popolare, diventerà realtà. E a Siena non resterà alcunché.
Gli analisti finanziari si attendono che domani, alla presentazione della trimestrale, MPS rirovi l’utile dopo undici trimestri in rosso (2 anni e nove mesi). E’ quasi indispensabile quanto propedeutico a sostenere l’aumento di capitale. I mercati si chiedono se l’era dei crediti inesigibili sia definitivamente tramontata nei bilanci della banca, Pactual e Fintech cercano di trattare per non uscire con le ossa rotte dall’avventura in terra di Siena. Occhio alla trimestrale di Ubi per comprendere quanto la banca di Victor Massiah possa inserirsi nella partita Monte. Perchè tanti, troppi scrivono di questa ipotesi. E l’analisi delle realtà finanziarie, nonostante la provvidenziale legge sulle Popolari, ci fa ritenere che l’unico boccone digeribile per Ubi siano solo le attività del Monte nel Nord Italia.
Torna lo spettro dello spezzatino, l’unica operazione che potrebbe in qualche modo rimettere a posto i conti dei soci, Axa compresa. E quella banca regionale al centro Italia ripoliticizzata e fiorentinizzata da Falciai e Aleotti giusto per ereditare qualcosa dalla mala gestio di personaggi che la faccia non ce l’hanno mai messa ma gli ordini sì, come ricordava anni fa l’ex-presidente della Fondazione Gabriello Mancini che ai suoi amici confidava “di averli sempre eseguiti”. perchè non ci racconta chi fossero costoro? E infine il Sud Italia. BNL-BNP Paribas a inizio anno aveva puntato su Bpm, Banca Popolare di Milano. Gli analisti di Exane, società legata a BNL, ieri hanno annunciato il matrimonio tra Bpm e Banco Popolare da farsi nel secondo semestre con effluvio di dati analitici positivi. In cambio, anche per non rimanere esclusi anche a questo giro dal mercato delle concentrazioni bancarie, i francesi potrebbero accontentarsi di moltiplicare la loro presenza sotto Roma.