La fine della storia senese della "banca dal 1472"
di Red
SIENA. Lunedì prossimo (3 dicembre), all’auditorium di viale Mazzini, l’azienda MPS “presenterà ai coordinamenti aziendali e alle segreterie nazionali presenti il ramo d’azienda destinato ad essere esternalizzato”. Allo stato delle trattative – anche se non definitive -, come riferito l’altro ieri (27/11: “tra aperture e trattative”), risulta che “le parti sociali chiedono garanzie, a partire da un «paracadute» che assicuri agli addetti esternalizzati la riassunzione in Monte dei Paschi, laddove la newco dovesse in futuro decidere di tagliare il personale prima del pensionamento”. Ergo, il processo di realizzazione del Piano Industriale è andato avanti nonostante che gli incontri tra azienda e sindacati abbiano per mesi registrato formalmente uno stallo. Scioperi e interventi della politica potevano essere risparmiati? Giriamo la domanda direttamente ai vertici sindacali, impegnati nella difficile trattativa. Pare chiaro che a monte di tutto e di tutti c’è una volontà di perseguire la strada estrema che porterà via da Siena tutta la banca. Fin da tempi non sospetti avevamo scritto (19/01/12: L’Europa si attende la nazionalizzazione di MPS e Commerzbank), che il destino di Rocca Salimbeni era segnato dal demone della nazionalizzazione. Stamattina abbiamo sentito a Radio 24 l’autorevole voce di Oscar Giannino confermare tutte le vecchie anticipazioni, compreso il giudizio che i Monti bond sono nient’altro che presa di possesso dello Stato e non aiuti. E, senza volerlo ammettere, questo deve essere anche il pensiero del Commissario UE alla concorrenza Joaquim Almunia, il temporeggiatore: “No comment, la situazione è da studiare”. Chiaramente la decisione di farsi dare altri 500 milioni di bond è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e fatto puntare anche gli ultimi occhi distratti sulle vicende dell’istituto e della galassia che lo circonda.
Bassilichi, a conferma degli eventi, si sta organizzando per andare avanti senza le commesse del Monte: è evidente che la nuova Direzione Generale del Tandem cerca i suoi interlocutori fuori dal circuito creato negli anni da Mussari e Vigni. Così che la città si impoverirà non solo direttamente, ma anche nell’indotto non indifferente di posti di lavoro che gravitano intorno al Monte.
Ieri Moody’s si è affrettata a declassare ulteriormente il rating del Comune (da Baa2 a Baa3) “perché non potrà più fare conto sui finanziamenti che fino all’anno scorso la Fondazione aveva garantito”. Ciò che colpisce maggiormente è il silenzio dei protagonisti della scena politico-economica cittadina degli ultimi anni. In altre faccende affaccendati, e consapevoli del disastro a tal punto che sanno quanto sia meglio andare avanti facendo finta di niente. La Fondazione del tempo che fu, il Bancomat – nonostante le affermazioni contrarie di Mancini – non ha niente da aggiungere al laconico ritornello della “piena condivisione del Piano Industriale”. Eppure la legge che permette in Italia l’eutanasia non ci risulta ancora in vigore. No, meglio uscire alla chetichella alle cinque del pomeriggio dall’ufficio sperando che sotto non ci sia qualcuno che ti prenda per la giacca e ti chieda spiegazioni.
Gli analisti finanziari si divertono a calcolare, a seconda delle ipotesi, quanto tempo ci vorrà allo Stato per diventare l’azionista di maggioranza di Rocca Salimbeni. Uno stato governato, talora in maggioranza, talora in opposizione dal partito (o coalizione di partiti) che ha retto per oltre 72 anni le sorti di Siena che si ritroverà tra le mani la parte buona dell’istituto. Alla bad bank si conferiranno la città e i suoi abitanti. Qualcuno si potrebbe spingere oltre: tipo vaticinare quale nuova sigla finanziaria si approprierà del “banca dal 1472”. Fondi reali arabi o banche come HSBC Bank non importa, il business volerà via comunque, insieme a chi accetterà trasferimenti di posto di lavoro da trecento chilometri in su.