"Pervasivi i soliti politici, strategia assente, logica sbilanciata su nomi e non sulle cose da fare"
SIENA. Le ultime polemiche che riguardano il Monte dei Paschi impongono una riflessione, anche alla luce del preoccupante “gioco di specchi”, portato avanti in queste settimane sulle nomine della Fondazione. Una situazione che dimostra, ancora una volta, che i tre nodi scorsoi che hanno impiccato tutte le più grandi istituzioni senesi non si allentano: ci riferiamo alla pervasività dei soliti politici sulla banca; alla mancanza di una qualunque strategia di riscatto e di rilancio; alla logica totalmente perdente sbilanciata sui nomi e non sull’agenda delle cose da fare.
Colpisce l’inerzia con cui la nostra comunità sopporta questi giochini. Di fronte all’inconcludenza e al chiacchiericcio di una certa classe dirigente locale, ci vorrebbe almeno più capacità d’indignazione; perché è questo il momento di rilanciare la vera ‘senesità’. Non quella spocchiosa e autoreferenziale, che sta alla base dei molti errori fatti negli ultimi anni; ma nel senso della capacità di tirare fuori le nostre migliori energie e competenze. La Fondazione, infatti, è la cartina di tornasole della nostra volontà di rilancio o della nostra resa incondizionata alla perdita della banca. E non possiamo permetterci di consegnare ancora una volta le chiavi di casa a quelle logiche, spesso ‘esterne’, che hanno distrutto non solo il nostro capitale sociale, ma anche l’immagine stessa della nostra comunità. Non pensiamo solo al Monte, ma anche all’Università, all’Ospedale o al Santa Maria della Scala. In questi giorni, complice la consueta “bisteccata” in Fortezza, abbiamo risentito la solita tiritera: se non fossero arrivati da fuori alcuni “esperti” a guidare la banca, questa non esisterebbe più.
Se andiamo a vedere i risultati dell’ultimo anno, non pare di vedere miracoli – almeno per ora – a parte una consistente cura dimagrante sulle risorse umane “accompagnate” fuori dalla banca in vari modi; e con molte altre persone già “sull’uscio”. Si chiudono centinaia di filiali (quasi quante quelle acquisite con l’operazione Antonveneta) e si riduce il lavoro (diretto, ma soprattutto indotto), alla faccia della banca del territorio. Insomma si lavora solo sui tagli e non sulla produttività; in più si continuano a far uscire dirigenti per assumerne di nuovi con stipendi che immaginiamo siano di tutto rispetto. Non sappiamo se per mettere in campo queste misure occorressero capacità particolari; ci sembra, però, che mentre la stessa Europa chiede correzioni al piano industriale, sia necessario un salto di qualità nella scelta di chi gestirà la Fondazione; un salto di qualità rispetto alle logiche che hanno ispirato le nomine della deputazione generale. Presidente e amministratori dovranno avere nel curriculum una robusta formazione tecnica e bancaria, fatta di risultati e di comprovata esperienza sul campo. Ci vogliono persone capaci di leggere i numeri e di capire le strategie dei vertici della banca; che sappiano dare indirizzi utili, non limitarsi al ruolo passivo portato avanti finora con i risultati che conosciamo. E, soprattutto, ci vogliono amministratori che conoscano il valore autentico sia della senesità, sia della montepaschinità; che sono stati gli asset veri dello sviluppo del Monte. Il tempo delle appartenenze, dei professionisti delle nomine e delle incompetenze è finito per tutti. E si deve decidere subito; perché lo spericolato tira-e-molla sui nomi, fatto nelle ultime settimane, è inaccettabile, vista l’entità della posta in gioco.
MOVIMENTO NERO SU BIANCO