
di Red
SIENA. Il tabù della nazionalizzazione in Italia è ufficialmente caduto col decreto sulla Gazzetta che provvede a riportare nelle mani dello stato l’Ilva di Taranto. La portata della chiusura dello stabilimento che tanta gola fa ai tedeschi per appropriarsi delle quote di mercato dell’acciaio, i rischi ulteriori nel mettere in mani private il disastro ambientale e sanitario della città e, non ultimo, l’impatto negativo sul Pil della dismissione totale di un pezzo importante dell’industria italiana hanno pesato sulla decisione del governo Renzi, che, se avesse avuto più coraggio, avrebbe cominciato questo percorso all’inizio del 2014 invece di perdere tempo prezioso.
Che c’entra il Monte dei Paschi in tutto questo? La gestione di Profumo batte in testa e anche l’indecisione dei vari governi su come affrontare il problema di una banca tecnicamente fallita sta pesando non poco. Alla conclusione che Rocca Salimbeni era amaramente fallita prima del 2012 ci si arriva con la matematica, sommando i risultati del lavoro degli amici del Tandem, della Bce e della Banca d’Italia: basta mettere insieme i numeri delle perdite, tutte fatte prima dell’arrivo del manager genovese ovviamente, a data storica e il bilancio approvato nell’aprile 2012, ultimo atto della gestione Mussari, non solo è palesemente falso ma ha risultati da consigliare immediatamente di farsi due passi verso La Lizza e consegnare i libri in tribunale. La strada della nazionalizzazione di MPS, alla fine del triennio profumiano, è stata aperta dall’Ilva.
Ieri c’è stata l’ennesima vergogna collettiva. L’annuncio dell’aumento di capitale di Santander ha fatto schizzare il titolo MPS in alto, poi è arrivata la smentita: la banca spagnola non intende usare quanto arriverà in liquidità per fare shopping a Siena. Peccato, morto Emilio Botin e con lui il 50% della verità sull’acquisto di Antonveneta e della plusvalenza regalatagli, si è presentata l’occasione per tornare sul luogo del delitto come salvatori della patria. La speculazione ha fatto il suo mestiere e già oggi siamo ritornati nel tran tran usuale perché dalla Spagna affermano essere niente di vero in queste indiscrezioni. L’ultima volta che il conquistatore spagnolo è arrivato a Siena sappiamo tutti come è finita.
Non era serio il movimento speculativo su MPS dell’8 gennaio. L’istituto di credito in realtà non è contendibile in quanto totalmente in mano alla politica. Non vi è ragione di credere che dopo le mille bugie sulla reale situazione finanziaria del Monte questa volta e quest’ulteriore aumento di capitale siano la verità finale sul passato e sul risanamento dei conti. L’ansia è quella di bruciare documenti, prove, commistioni perché non si possa più capire chi e come abbia perpetrato questo immenso furto. Non c’era alcuna ragionevole prospettiva finanziaria e industriale per un qualsiasi investitore nel precedente aumento di capitale, non ci sarà nemmeno per quello futuro. Chi c’è e chi ci sarà contratterà altrove le condizioni in contesti ancora più grandi di cui Siena è solo un granello. Stavolta senza neanche il fastidio di far finta di passare attraverso una fondazione…