SIENA. Solo tre giorni. E’ questo il tempo che rimane alle speranze del Monte dei Paschi di riuscire a restare in oiedi grazie all’aiuto di capitali privati oppure se sarà necessario l’intervento dello stato. Il termine ultimo è fissato alle 14 di giovedì 22 dicembre.
Domani (19 dicembre) e per tre giorni (fino alle 14 di mercoledì 21 dicembre) si terrà la conversione volontaria dei bond subordinati, mentre la banca continua sulla strada del collocamento privato. Nello stesso giorno a Milano si riunisce il consiglio di amministrazione, che ha programmato un’ulteriore riunione per venerdì 23.
Mps ha riaperto la conversione volontaria del bond subordinato da 2,1 miliardi con scadenza 2018 in mano al pubblico retail (40mila piccoli risparmiatori), che potrà trasformare l’obbligazione in azioni. Le speranze sono che vi sia un riscontro del 40 per cento circa, con una rendimento di quasi due milioni di euro, comprendenti anche il Fresh in mano agli hedge fund per un valore di 200 milioni.
Giovedì, poi, sarà tirata la riga sotto il totale degli investitori privati che pare siano in attesa del risultato della conversione dei bond per prendere una decisione. Non necessariamente positiva per Mps. Nel quadro prospettato si deve tener anche conto della partecipazione del Mef, azionista col 4 per cento di Mps, che potrebbe contribuire con circa 200 milioni (a tanto ammonta la quota di competenza), senza che l’Europa ci metta becco. Il Tesoro potrebbe decidere in tal senso, avendo però in concreto un supporto nella decisione dalla presenza del fondo Qai, con cui continuano i contatti serrati.
Se invece lo Stato dovesse fornire un aiuto più consistente (si parla di 900 milioni di ricapitalizazione precauzionale) sarebbe d’obbligo provvedere alla conversione forzosa dei 4,1 miliardi di bond subordinati.
Non considerando l’ipotesi della famosa legge di Murphy secondo cui “se qualcosa può andare male, lo farà”, gli analisti sono poco propensi a dar credito ad un risultato positivo con il raggiungimento dei fatidici 5 miliardi e si attendono che – alla fine – sarà lo stato a metterci una pezza, decretando la fine del gioiello senese.