Politica e finanza continuano il loro cammino a braccetto
di Red
SIENA. Si può dire senza timore di smentita che una bella fetta di stampa italiana avrebbe accertato l’esistenza, a Siena, di un partito trasversale favorevole alla nazionalizzazione della banca. Dalle penne autorevoli del Fatto Quotidiano o de Il Giornale all’ultimo dei siti specializzati di finanza, tutti a scagliarsi contro un presunto asse Valentini-Mansi che, nel segreto delle stanze romane, starebbe facendo pressione esagerata (col governo? Con Bankitalia?) per realizzare quanto demonizzato dal Profumo presidente di MPS negli ultimi due anni, la nazionalizzazione del Monte. “Non è opportuno, anche pensarlo lontanamente, nazionalizzare il Monte dei Paschi di Siena. La sua Fondazione la smetta di mettere in campo lobbysti all’ interno di Camera e Senato”: è quanto si legge in una lettera aperta, inviata alla presidente della Camera Laura Boldrini e al presidente del Senato Pietro Grasso da Rete Civica Nazionale, una organizzazione che ha nel suo stemma la moneta da 100 lire, il che spiega abbastanza bene con chi abbiamo a che fare.
Ricapitolando il parere dei guru: il presidente della Fondazione fa fuoco e fiamme, facendo rinviare un aumento di capitale di quasi sei mesi, per trovare un piccione come Blackrock che si compra le sue azioni (che la signora Mansi deve assolutamente vendere) a un prezzo superiore alla svendita totale propugnata da Profumo. Salvo poi tirargli un bidone andando di nascosto a chiedere allo Stato di procedere con la nazionalizzazione che azzererebbe o quasi il valore delle azioni proprie, di Blackrock, di Axa e degli altri soci. Un suicidio manageriale che vanificherebbe il gran lavoro fatto da Palazzo Sansedoni. Lavoro riconosciuto da tutti, compresi gli avversari, che poi sono stati lesti a saltare sul carro della vincitrice senza un minimo di vergogna, come ai bei tempi dell’unanimismo mussariano. C’è poco spirito critico in giro, evidentemente.
Il problema è che molti credono alla favola dei politici senesi che non hanno saputo allevare doviziosamente la gallina dalle uova d’oro che avevano fra le mani. Una vulgata diffusa a trombe spiegate dal partito, che prima ha dato gli ordini ai suoi uomini sul territorio gestendo la banca come il bancomat del potere rosso, che prestava ad esempio, 600 milioni alla Sorgenia del piddino De Benedetti, che buttava soldi dalla finestra per gli affari di Denis Verdini e del Credito Cooperativo Fiorentino, che alimentava i debiti della Robur, fino a oltre 70 milioni. Che comprava Banca 121 imponendone i dirigenti come nuovi comandanti a Siena, e poi Antonveneta per tenere lontano dall’Italia Botin e il potente Santander. Con i suoi manager non senesi pronti a proteggere i cattivi affari dei capi politici con l’uso spregiudicato dei derivati e delle ricche commissioni che il potere non poteva negare loro. Poi, all’atto del fallimento, finire per scaricare sui galoppini della provincia le responsabilità che ai capi locali non avevano mai dato.
Anche il dottor Profumo, scelto dal funzionario di partito Ceccuzzi, incidentalmente sindaco, non sfugge alla regola di nominato dal partito, ma a Roma. Mai stancarsi di ripeterlo, visto che sta scritto sui verbali dell’inchiesta. E la contrapposizione in atto tra il funzionario ex-deputato e il sindaco attuale Valentini è una cosa interna al partito. Confondere Siena e la presunta “senesità” con due personaggi partitici è un atto di sufficienza penoso e un esercizio retorico inutile. La politica permea la banca, e la nazionalizzazione era l’unico modo per salvare la banca da questo potere, salvare i depositi che sono fuggiti altrove, eliminare il mostro giuridico della Fondazione, spezzare l’arte della raccomandazione e sparpagliare l’esercito dei lecchini. Profumo ha affermato che in questo caso sarebbero arrivati amministratori che avrebbero risanato tutto vendendola altrove fra cinque anni. Forse, ma è da vedersi. Quello che si vede certo (grazie al consorzio di banche che sostiene il collocamento), è che a maggio eseguirà un aumento di capitale da tre miliardi che farà arrivare lo straniero con tre anni d’anticipo; e sarà uno straniero che garba a lui e che si porterà via tutto, anche il nome “di Siena”. E che garberà, di riflesso, al solito partito.