Con gli spread in rialzo minori finanziamenti a imprese e famiglie
di Red
SIENA. Tra necessità e obbligo si muovono le banche italiane nella gestione dei propri immobili. L’equazione era immobile=solidità, e nessuno si preoccupava di dare un valore limite all’investimento. Si accumulava, erano risk free asset. Come non si è tenuto i conto dei troppi BTp in portafoglio per far felice Ministero dell’Economia e Banca d’Italia. Così come si son dati a improbabili imprenditori “amici degli amici”, spesso bancarottieri conclamati: il 78% dei prestiti alle imprese è appannaggio del primo 10% di clienti, secondo i dati di CGIA Mestre. Ora si deve vendere, sempre secondo gli ordini di Bankitalia, per recuperare liquidità, perché il debito sovrano è in fortissima crisi di fiducia, e non ci sono prospettive di recupero nel breve termine. Ma i soldi sono pochi e le valutazioni degli immobili sono falsate dalla necessità di non correggere i bilanci al ribasso. Una follia planetaria, come Dexia, Max Bank, Deutsche Bank, Société Générale e altri simpatici esempi insegnano oggi che i nodi tornano al pettine: i bilanci andranno ripuliti.
Quando Sarkozy dice “ricapitalizzo le banche francesi con i soldi dei contribuenti solo se la Germania fa lo stesso”, abbiamo l’indice perfetto della tragedia in cui la politica e la finanza facili ci hanno cacciato. Su lavoce.info Angelo Baglioni sintetizza così le scelte sbagliate dei piani industriali delle banche nazionali: “Nella scorsa primavera, le banche italiane avevano formulato i loro piani strategici puntando su un aumento del tasso d’interesse ufficiale nei prossimi anni (due punti percentuali in più rispetto ai livelli attuali). L’aumento avrebbe consentito loro di allargare la forbice tra tassi attivi e passivi, sostenendone la redditività. Prevedevano anche che il nostro paese sarebbe rimasto ai margini della crisi del debito sovrano. Ora lo scenario è cambiato drammaticamente. Le prospettive sono per una riduzione del tasso di policy della Bce: questo costringerà le banche a rivedere i loro obiettivi in relazione al margine d’interesse. I titoli di stato italiani sono stati investiti in pieno dalla bufera, riducendo il valore del portafoglio titoli. Per ora, le banche si difendono aumentando i tassi alla clientela, in controtendenza rispetto ai tassi di mercato, e appoggiandosi alla stampella (costosa) della Bce. Questa strategia difensiva non potrà durare a lungo: prima o poi le banche si dovranno rassegnare a un calo di redditività, peraltro già ampiamente riflesso nelle quotazioni di borsa delle loro azioni.
È difficile dire quando ciò avverrà. Per il momento, l’unica cosa certa è il conto delle crisi presentato alla clientela”. E, come conto della crisi, parliamo di chiusura di affidamenti alle imprese, di mutui approvati ma mai erogati, di maggiori spese alla clientela per la tenuta conto e la soppressione del famigerato massimo scoperto. Perciò non deve stupire se MPS vende un immobile importante per salvare la trimestrale al 30 settembre, e si faccia di tutto per farla passare come una operazione di routine. Alla presentazione della terza trimestrale, il prossimo 10 novembre, le previsioni sono quelle che non ci sarà alcun utile. E probabilmente sarà così anche per le altre banche nazionali.
(Foto Corrado De Serio)