Piccini: "Che senso ha analizzare l'andamento di una banca utilizzando esclusivamente i dati dei costi separandoli da quello dei ricavi?"
SIENA. Gli articoli che pubblica il prof. Brandani sul Monte dei Paschi sono sempre interessanti, basta ricordare quello sull’acquisizione dell’Antonveneta. Interessanti soprattutto per i segnali che vi si possono leggere. Istruttivi per capire alcune dinamiche non solo cittadine. Non entrerò nelle citazioni di quest’ultima nota, non parlerò ne del Bisi, ne del groviglio armonioso, ne dei blog: è tutto troppo chiaro!
Mi interessano invece i dati che vengono citati e il giudizio entusiastico nei confronti dei “bravi” amministratori della banca senese. E vorrei proprio utilizzare nella sua globalità gli elementi a sostegno del ragionamento brandaniano. Che senso ha analizzare l’andamento di una banca utilizzando esclusivamente i dati dei costi separandoli da quello dei ricavi? sarebbe come fare una sedia con due sole gambe: non sta in piedi! Allora proviamo a farla stare dritta. Al professore non sfugge che il migliore indicatore di efficienza ed efficacia di una gestione è il cosiddetto cost-income che è uno dei principali indicatori dell’efficienza gestionale delle banche: minore è il valore espresso da tale indicatore maggiore è l’efficienza della banca. Allora vediamo se Profumo e Viola hanno fatto bene il loro mestiere come sostiene Brandani. Il cost-income nel 2011, a fine era mussariana, si era attestato al 64,2% per passare al 66,6% nel 2012 e al 71,0% nel 2013. Ora se il principio enunciato che minore è il valore dell’indicatore e maggiore è l’efficienza noi assistiamo nel caso del Monte ad una accelerazione negativa decisamente preoccupante. Soprattutto se tale efficienza viene paragonata con le prime due banche del Paese: UniCredit nel 2013 dichiarava un cost-income del 59,5% e Intesa San Paolo addirittura del 51,3%. E già da questi confronti si capisce che la strada dei nostri “eroi” è ben lontana da quella che il professore definisce “una best practice”.
Tutto ciò sarebbe già di per se sufficiente a chiudere l’argomento. Ma visto che ci siamo ci piacerebbe sapere se il giudizio espresso dal prof. Brandani ha tenuto conto anche dell’andamento dei dati patrimoniali che, salvo errore, evidenziano la fiducia che il mercato accorda alle banche. L’aggregato raccolta (fiducia ricevuta) evidenzia questi andamenti: al dicembre 2011 era di 143,9 miliardi passando a dicembre 2013 a 130 miliardi di euro. Nella raccolta indiretta, sempre nello stesso periodo, siamo passati da 131,5 miliardi a 103,4 miliardi. Certo che lasciar sulla strada 42 miliardi di raccolta complessiva non conforta il giudizio positivo espresso. Miglior fortuna parrebbe che si sia realizzata nell’aggregato impieghi alla clientela (fiducia accordata al mercato) infatti, nello stesso periodo, siamo passati da 144,3 miliardi a 131,2 miliardi con una flessione di appena 13,1 miliardi. Capirete bene che l’articolo in discussione non evidenzia come i veri bravi della vicenda Monte siano altri. Da una parte i dipendenti in esercizio che si sono fatti carico dei loro colleghi esodati sia con la riduzione del salario, sia con la diminuzione dell’accantonamento al TFR. Dall’altra il governo Monti che con una lunga trattativa con la comunità europea è riuscito a fornire capitale temporaneo che ha impedito il fallimento del Monte.
E ora, per puntigliosa precisazione da parte mia, i tre miliardi di aumento di capitale servono a rimborsare questo debito, quindi, nella situazione data gli eroi del prof. Brandani hanno tutto il tempo necessario per dimostrare le loro capacità, nuovi soci permettendo!
In conclusione come abbiamo sempre detto e scritto i numeri sono galantuomini e anche in questo caso li ho utilizzati per dare la “patente” di capacità. Decidete voi a chi devono andare i punti del permesso di guida per condurre la banca.
Pierluigi Piccini