Una cordata umbra vuole sostituirsi alla Scs, priva dei capitali per governare la banca
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di Red
SIENA. Momenti difficili per Fabrizio Viola sul fronte delle vicende della banca Popolare di Spoleto. La gestione decennale fatta dal presidente Giovannino Antonini non era piaciuta alla Banca d’Italia nè alla procura della città umbra, con le ovvie conseguenze. Nel febbraio del 2011 era arrivato un ultimatum dalla vigilanza: via Antonini o commissariamento. Il rimpasto ha portato alla nomina di un altro ad, Nazzareno D’Atanasio, però la procura spoletina ha avviato una indagine completa di 17 avvisi di garanzia, una seconda ispezione di Bankitalia e la necessità di un aumento di capitale. Antonini ha complicato la situazione salendo al piano di sopra facendosi eleggere presidente della cooperativa Scs, il socio di maggioranza della Popolare. MPS a quel punto ha disdetto il patto di sindacato e ha messo in vendita la sua quota di minoranza del 26%.
Ma dieci anni fa, firmando il patto, la stessa Rocca Salimbeni aveva erogato un prestito da 30 milioni di euro alla Scs. Ora ci sarebbe anche da rimborsare il prestito, che viene a scadere a fine mese. Ma la Scs non ha al momento la liquidità necessaria per restituire i 30 milioni e nemmeno quella di comprarsi le azioni in possesso di MPS. Per uscire dall’impasse sarebbe venuta allo scoperto una cordata umbra, capeggiata da Carlo Colaiacovo, fondatore e amministratore delegato del gruppo Colacem (terzo produttore di cemento in Italia e l’impresa più importante della regione), che ricopre anche la carica di presidente della Fondazione Crp (CariPerugia). La Fondazione bancaria sarebbe disposta a investire per prendersi il 20% della banca, con un investimeno di una decina di milioni di euro (circa il 2% del patrimonio, quindi compatibile con il suo statuto). A fianco della Fondazione Crp, ci sarebbe anche la Fondazione Carit (CaRiTerni), con cui sarebbero in corso dei colloqui. Della partita sarebbero pure la famiglia spoletina Urbani, i «Re» dei tartufi (e in passato uno dei loro esponenti fu anche presidente della Bps), e la Coop CentroItalia, già presente dell’azionariato della banca.
Naturalmente è fondamentale l’appoggio alla cordata del Monte dei Paschi, che – si dice – alla fine dei giochi potrebbe conservare, nella nuova compagine amministratrice della Popolare, una quota residua del 10%: certo è che l’accordo commerciale in vigore tra i due istituti fino ad oggi è stato molto vantaggioso per Mps, che ha utilizzato la rete della Bps per collocare prodotti altamente redditizi. E vorrebbe continuare a farlo con il nuovo scenario, ma senza rimetterci.
Ma dieci anni fa, firmando il patto, la stessa Rocca Salimbeni aveva erogato un prestito da 30 milioni di euro alla Scs. Ora ci sarebbe anche da rimborsare il prestito, che viene a scadere a fine mese. Ma la Scs non ha al momento la liquidità necessaria per restituire i 30 milioni e nemmeno quella di comprarsi le azioni in possesso di MPS. Per uscire dall’impasse sarebbe venuta allo scoperto una cordata umbra, capeggiata da Carlo Colaiacovo, fondatore e amministratore delegato del gruppo Colacem (terzo produttore di cemento in Italia e l’impresa più importante della regione), che ricopre anche la carica di presidente della Fondazione Crp (CariPerugia). La Fondazione bancaria sarebbe disposta a investire per prendersi il 20% della banca, con un investimeno di una decina di milioni di euro (circa il 2% del patrimonio, quindi compatibile con il suo statuto). A fianco della Fondazione Crp, ci sarebbe anche la Fondazione Carit (CaRiTerni), con cui sarebbero in corso dei colloqui. Della partita sarebbero pure la famiglia spoletina Urbani, i «Re» dei tartufi (e in passato uno dei loro esponenti fu anche presidente della Bps), e la Coop CentroItalia, già presente dell’azionariato della banca.
Naturalmente è fondamentale l’appoggio alla cordata del Monte dei Paschi, che – si dice – alla fine dei giochi potrebbe conservare, nella nuova compagine amministratrice della Popolare, una quota residua del 10%: certo è che l’accordo commerciale in vigore tra i due istituti fino ad oggi è stato molto vantaggioso per Mps, che ha utilizzato la rete della Bps per collocare prodotti altamente redditizi. E vorrebbe continuare a farlo con il nuovo scenario, ma senza rimetterci.