Nel 2008 il CdA del Monte vendette immobili alla Sansedoni-Lehman
di Red
SIENA. La necessità di fare cassa per cercare di coprire il buco finanziario gigantesco provocato dall’acquisto di Antonveneta fu alla base, problabilmente, del tentativo di racimolare spiccioli fondamentali per far quadrare i bilanci, all’allora tandem Mussari & Vigni.
Il 4 luglio 2008 un comunicato congiunto a firma Sansedoni Spa e Lehmann Brothers (che di lì a poco sarebbe fallita, come tutti ben sanno) comunicò al mondo che le due società si erano aggiudicate il 100% di VIM Valorizzazioni Immobiliari, società fino ad allora controllata dal MPS che possedeva un patrimonio di 188 unità immobiliari, dal valore complessivo di allora 100 milioni di euro. L’obiettivo della joint venture sarebbe stato quello di valorizzare e procedere ad una vendita frazionata del patrimonio “nel breve e medio termine”.
Ora questa società si trova nella stessa situazione della speculazione Casal Boccone di Roma, dove l’aver rilevato un progetto immobiliare da Ligresti, per recuperare finanziamenti concessi a un ex-grande del mattone nazionale, si è trasformato in un boomerang di perdite finanziarie e di contestazioni della popolazione locale. Con l’arrivo del nuovo sindaco in primavera, chiunque vinca le elezioni comunali a Roma, è certo che la società non otterrà mai i permessi a costruire: il prezzo che i candidati a sindaco dovranno pagare ai cittadini romani che non ne possono più di cementificazione.
Ma senza aspettare il domani, la Vim risulta essere in perdita da sempre, con necessità di ricapitalizzazione, e per di più indebitata fortemente con MPS Capital, una delle società del Monte. Capital ha in pegno il 100% del capitale sociale di Vim, e nel probabile caso di insolvenza dovrebbe rivalersi sui soci dell’immobiliare, cioè Fondazione MPS e Monte stesso. Una serie di atti giudiziari che cammineranno tra La Lizza e Banchi di Sotto per certificare il nulla e i crediti inesigibili infragruppo: ma le ispezioni della Banca d’Italia come mai non vedevano nulla? Possibile che l’utile del trimestre in MPS si facesse con simili operazioni farlocche e la creazione di debiti senza garanzie reali e Draghi non si accorgesse di nulla?
Sansedoni Spa fa capo alla Fondazione MPS: Mancini sapeva, non sapeva oppure faceva sistema? Anche perché ogni giorno che passa di certe scelte discutibili, quantomeno, ne escono fuori di nuove, al punto che si ipotizza che fosse un fatto sistemico che abbia contribuito a provocare il dissesto del gruppo. La banca che vendeva le case a se stessa chiudendo un buco di bilancio con l’apertura di un credito inesigibile perché il debitore era se stessa (e un socio sfortunato prossimo al fallimento) diventerà, probabilmente, un caso da manuale di fantafinanza. Naturalmente, l’altro socio non è capiente. La Lehman Brothers entrò in Joint Venture con Sansedoni Spa attraverso la sua consociata lussemburghese, che risulta avere la procedura fallimentare ancora aperta presso il Tribunale di Lussemburgo.