La domanda è: se Profumo ha già tutte le deleghe, perché vuole anche abolire quel vincolo?
SIENA. Il nuovo Consiglio Comunale si è appena insediato e sta già affrontando la sua prima riunione dedicata al Monte dei Paschi, che avverrà appena pochi giorni prima che l’assemblea della Banca compia un ulteriore passo, forse il definitivo, verso il conclusivo distacco della stessa dal territorio di storico insediamento, cioè dalla comunità senese.
La maggioranza non si presenta stavolta con la compattezza del passato, visto che due suoi consiglieri hanno presentato una mozione alternativa, ma il modo con cui affronta la discussione è perfettamente nel solco della tradizione: discorsi lunghi e generici, che dicono tutto ed il loro contrario, dove i problemi vengono appena accennati fingendo che le responsabilità siano esterne, dove le soluzioni vanno ricercate a Roma o addirittura a Bruxelles, dove il vertice della Banca non va mai contestato. Si giunge addirittura a ripetere, con impudenza, il ritornello che una qualsiasi critica politica rischierebbe di alterare la quotazione dell’azione Monte, come se il crollo dagli oltre 4 euro di un tempo ai 20 centesimi attuali si potesse addossare a chi ha criticato le scelte e non a chi le ha compiute per anni.
La terribile lezione del passato, dei troppi documenti che questa stessa maggioranza ha riempito di omissis ed ovvietà ed ha votato ciecamente accettando che il Monte andasse verso il disastro, pare non sia servita a niente.
Una delle perle del documento attualmente presentato? Basta citare l’affermazione che sarebbe stata la volontà di difendere il 51% di azioni Monte in mano alla Fondazione a “determinare gravi danni al patrimonio della Comunità”. Ma, cari signori, non sarebbe più onesto ammettere che la “poesia del 51%” l’avete ripetuta per anni sapendo che era un obbiettivo inconciliabile con le altre scelte che stavate compiendo, cioè con la dissipazione continua del patrimonio e con l’acquisizione sconsiderata dell’Antonveneta? Invece di applaudire in coro al mega acquisto di Mussari, non potevate farlo subito bocciare dall’assemblea dei soci e salvare tutti noi da quello che è poi avvenuto?
Ora tutta la discussione va ad incentrarsi nuovamente su quello che potrebbe essere solo un falso problema, cioè se accettare più o meno supinamente la cancellazione del limite del 4% alla proprietà dei soci privati della banca, come pare accettare la maggioranza, o invece negare questo cambiamento statutario, come richiesto dalle altre tre mozioni (due delle opposizioni ed una dei due consiglieri di maggioranza).
E può essere un falso problema per diversi motivi. Il primo, perché non è affatto detto che, come auspica la maggioranza, una abolizione di tale limite causi un sostanzioso rialzo di valore dell’azione Monte e permetta così alla Fondazione di saldare i suoi debiti senza dissanguarsi del tutto. L’affermazione poi, da parte dei contrari, che il mantenimento del limite del 4% possa consentire alla Fondazione di scegliere i nuovi soci e trattare con essi da un rapporto di forza è certamente una speranza priva di fondamento. Nessuno si degna infatti di ricordare che l’Assemblea straordinaria dei soci della Banca, lo scorso 25 gennaio, ha attribuito al CDA ed al Presidente Profumo tutte le deleghe sia per aumentare il capitale sociale dei 4,5 miliardi destinati ai cosiddetti “Monti bond”, sia per incrementare ulteriormente il capitale per altri 2 miliardi e che una precedente assemblea straordinaria, del 9 ottobre 2012, aveva attribuito allo stesso Cda un’altra delega per un aumento di capitale di 1 miliardo da “spendere” a propria discrezione entro 5 anni di tempo e senza vincoli nella individuazione degli eventuali nuovi soci. A parte che tutti questi aumenti già autorizzati avverranno con rinuncia della Fondazione ai suoi diritti di opzione (che qualche valore lo avrebbero pur avuto), nessuno si è messo a conteggiare quanto andrà effettivamente a valere la quota ancora in mano alla Fondazione, oltre tutto impoverita dalle vendite di azioni che la stessa maggioranza dà per scontato che avverranno a causa dei debiti da ripianare.
Ma se Profumo ha già tutte le deleghe, perché vuole anche abolire il vincolo del 4%? Evidentemente perché non gli interessa imbarcare una “moltitudine” di nuovi soci per lui ingovernabili, ma soltanto pochi soci che lui stesso ha già tutti i poteri per poter scegliere. Nessuno si è posto allora il problema se non sarebbe più opportuno revocare intanto la delega di “libertà incondizionata” già attribuita a Profumo e restituire alla Fondazione i suoi poteri di socio ancora, per poco, “forte”? Chi afferma di voler salvaguardare le ultime possibilità del territorio di determinare il futuro della Banca e della Fondazione dovrebbe in primo luogo porsi l’obbiettivo di riprendere in mano i diritti che, legittimamente, la nostra comunità ancora detiene. Solo dopo sarebbe possibile decidere liberamente le rinunce eventualmente attuabili in base alle effettive convenienze. Ma per come è stata impostata la discussione, soprattutto dalla maggioranza, si capisce che il gioco è fatto e tenere o non tenere il 4% è solo questione estetica. Questione che può interessare solo l’aumento di capitale senza diritto di opzione per i soci, in quanto, quello previsto per l’eventuale rimborso dei Monti bond, se non dovesse essere assorbito dal mercato, sarebbe interamente sottoscritto dal Tesoro, ponendo fine con la nazionalizzazione a questa inesorabile e lenta agonia.
Pierluigi Piccini
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