Le banche italiane continuano a soffrire, e Siena non fa eccezione
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di Red
SIENA. L’annuario 2012 R & S di Mediobanca spiega bene perché esiste un conto negativo nella gestione economica fatta dai super managers del gruppo MPS, che deve essere pagato dai dipendenti dell’istituto con riduzioni di stipendio ed esuberi. Che la cosa riguardi parimenti gli altri quattro grandi gruppi bancari italiani non ci deve far piacere, ma ci indica la misura di come un sistema nazionale di “fare banca” sia datato, fallimentare e “perverso”. Come si possono essere creati buchi di gestione così immensi senza che nessuno abbia scoperto nulla? Vediamoli questi buchi: MPS nel primo trimestre 2012, rispetto al 31 dicembre 2011, ha visto i crediti deteriorati, (cioè quei prestiti che hanno un’oggettiva evidenza di possibile perdita di valore), passare da 13,48 miliardi a 15,191: 4,8 mld di crediti incagliati, 6,68 in sofferenza tra l’altro. E nel secondo trimestre queste voci sembrano essere aumentate: il Tandem queste cose non le dice. Al 31/12/2011 l’esposizione di Montepaschi in titoli di debito sovrano era di 23,877 mld quasi tutti sul debito italiano, in diminuzione dell’ 11,5% rispetto al primo semestre 2011. Anno in cui crescono i derivati per le banche italiane. La loro consistenza è passata nell’ultimo anno dal 7,1% al 9,3% dell’attivo. Unicredit è l’istituto con la maggiore esposizione, pari al 12,7% dell’attivo, seguito da Intesa Sanpaolo all’8,1%, MPS al 7%. I derivati attivi rappresentano in aggregato il 130,2% dei mezzi propri (ma 152,9% per MPS), un’incidenza in forte crescita dall’82,6% del 2010. Altre insidie sono nascoste nei crediti cosiddetti di livello 3 (illiquidi) e di livello 2 (liquidità intermedia) ma non è nostro compito fare disquisizioni di economia bancaria: ci basta il risultato che, col passare dei mesi e la liquidità generosamente iniettata dalla Bce, non riesce ancora a tradursi in attivo e in ripresa della operatività per imprese e famiglie, ovvero del motore dello sviluppo (e lo sviluppo conserva il posto di lavoro al Monte).
Numeri alla mano, infatti, sia Unicredit che Intesa hanno registrato consistenti cali degli utili nel secondo trimestre. Si legge nei report di presentazione delle semestrali. La banca guidata da Enrico Cucchiani tra aprile e giugno ha quasi dimezzato i profitti rispetto al primo trimestre a 470 milioni di euro (-41,5% sui tre mesi precedenti e -36,6% sul secondo trimestre 2011) e il semestre si è chiuso in calo del 9,1% a 1,27 miliardi. Ancora peggio è andata a Unicredit, che nel secondo trimestre ha registrato un crollo dei profitti del 66,9% a 169 milioni di euro. Un calo che unito a quello complessivo del semestre (-18% a 1,1 miliardi di euro) non lascia la possibilità all’ad Federico Ghizzoni di promettere un dividendo: “se ci sono le condizioni, lo faremo senz’altro” è stato il laconico commento.
Perciò anche la semestrale del terzo o quarto gruppo bancario italiano (classifica di scarso valore…), che arriverà per buon ultima il 28 agosto, ha ancor più la sua importanza perché, tra le righe, ci dovrà far comprendere se e come l’azione del Tandem, anche senza aver operato i tagli al personale, comincia a sortire effetto. Altrimenti, se secondo Profumo andrà tutto per il verso giusto, si dovrà cominciare a pensare che il piano B esiste, è nella testa dei due massimi dirigenti della Rocca, ma non riguarda né i dipendenti, né la città di Siena.