Da Mussari a Mancini passando per Vigni: nascosta la tragedia sotto gli occhi di tutti
di Red
SIENA. Senza avere tutte le informazioni a disposizione della Vigilanza e basandoci esclusivamente sui dati pubblici a disposizione dei mercati e della stampa, negli ultimi tre anni avevamo chiesto più volte – senza ovviamente ottenere risposta – perché invece di 1,9 miliardi di Tremonti bond il vertice di MPS non ne avesse chiesti 4 o 5. Avrebbero evitato almeno di dissanguare la Fondazione con quell’aumento di capitale del 2011. Solo il fatto di chiedere dopo esser stati così spocchiosi sulla salute dell’istituto di credito era una immagine negativa. Poi il fatto che solo quattro banche ne avessero fatta richiesta al Ministero dell’Economia e per importi modesti al confronto, la dice lunga su come le condizioni reali del Monte dovessero essere già compromesse. Non stupisce perciò DI leggere sul Corriere della Sera (che in qualche modo ha avuto accesso all’agenda personale di Antonio Vigni), che “a fine maggio 2009 esponenti di Via Nazionale – Federico Signorini e Stefano Mieli, della Vigilanza – pressarono Vigni e il presidente Giuseppe Mussari a ricorrere agli aiuti di Stato: «Anche a nome del Governatore [Mario Draghi, ndr] vi diciamo perché non prendete 2,5 miliardi di Tremonti Bond. Vi invitiamo a riflettere»”.
Questa richiesta da “solo” 2,5 miliardi dimostrerebbe almeno che in ogni caso nemmeno gli ispettori di Bankitalia conoscessero la portata reale del dissesto, il che la dice lunga sul valore degli strumenti di controllo in mano a Palazzo Koch per valutare la prudente gestione delle banche. Ma dopo questo scandalo e cinque anni dall’acquisto di Antonveneta – la ricorrenza è stata lo scorso 30 maggio e l’abbiamo celebrata col silenzio – ci sembra che nulla sia cambiato e i continui proclami a favore degli istituti di credito lascino presagire che altre banche vivano situazioni simili a quella di Rocca Salimbeni, cosa peraltro non solo ipotizzabile ma certa. Anche con l’ennesima conferma: “E ancora da un altro appunto di Vigni emerge che a settembre di quell’anno in un incontro con lo stesso Draghi, con Fabrizio Saccomanni, allora direttore generale (attuale ministro dell’Economia) e Anna Maria Tarantola, ex capo della Vigilanza (ora presidente della Rai), Banca d’Italia insistette sul «problema capitale» di Mps, da affrontare anche non distribuendo dividendi. Mps invece li distribuirà, sia pure nella misura di appena 1 centesimo e solo per le azioni di risparmio: un modo per poter remunerare i bond, a partire dal Fresh da 960 milioni, le cui clausole segrete (la cosiddetta indemnity ) sono anch’esse nel mirino dei pm”.
Il dividendo di un centesimo serviva ad evitare che, costringendo la Fondazione a dover rimborsare JP Morgan per la remunerazione venuta meno, si scoprissero per altre vie i contratti segreti e i finti aumenti di capitale. Altro che non far mancare le risorse al territorio. A proposito delle quali, oggi viene fuori che una mancata erogazione di Palazzo Sansedoni abbia causato un buco nel bilancio del comune di Monteriggioni di circa 900mila euro nei confronti della partecipata Siena Casa Spa e che l’ex sindaco Valentini ha spiegato ieri sera in tv ed oggi con un comunicato stampa che pubblichiamo a parte. Il coordinatore toscano del Pdl, Massimo Parisi, ha portato in Parlamento il nuovo statuto di Palazzo Sansedoni. Parisi ha presentato un’interrogazione urgente al ministro Fabrizio Saccomanni (lo stesso citato poco sopra a proposito di Vigni, ndr) per sapere se “fosse a conoscenza che il Comune di Siena è stato escluso dalle consultazioni per la scrittura del nuovo Statuto della Fondazione Monte dei Paschi, e dunque se non ritenga di dover rinviare alla stessa Fondazione le modifiche proposte, affinchè si possa perfezionare il processo di modifica anche con il concorso dell’amministrazione comunale, visto il ballottaggio per il nuovo sindaco che avverrà il 9 e 10 giugno”.
Qui c’è la novità, perché si tratterebbe di una tesi “sostenuta a suo tempo anche dal commissario prefettizio Enrico Laudanna che invitò con una lettera “la Fondazione a rinviare di un breve lasso di tempo la consultazione del Comune al fine di consentire che si esprimessero organi pienamente legittimati”. Ancora oggi, tutto a insaputa dei senesi: con la lettera il Commissario si è messo a posto dal punto di vista delle responsabilità formali, non rendendola pubblica ha permesso a Mancini di bypassare l’opinione pubblica, che sarebbe venuta a conoscenza del contrasto.
Chissà perchè Dante aveva escluso gli ignavi dal Paradiso…
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