Apponi e Barbagallo in audizione davanti alla Commissione d'inchiesta sulle banche
ROMA. Il direttore generale della Consob, Angelo Apponi, in audizione davanti alla commissione bicamerale d’inchiesta sulle banche ricostruisce le attività di vigilanza dell’Authority, scaricando di fatto tutte le colpe sugli ex vertici del Monte dei Paschi, rei di aver messo in atto “un insieme di attività dolose”, facendo “di tutto per occultare le operazioni e soprattutto le perdite realizzate”. “Quello che si poteva fare è stato fatto il prima possibile”, dice Apponi rispondendo alle domande dei parlamentari dopo aver esposto la posizione della Consob in una lunga relazione di 56 pagine.
La Consob segnalò i rischi contenuti nell’operazione di acquisizione di Antonveneta: “Il prospetto informativo relativo all’aumento di capitale riportava, con l’evidenza richiesta dalla normativa europea, tutti i fattori di rischio dell’operazione – dice Apponi – nonché le informazioni sulla situazione economica e patrimoniale trasmesse dalla Banca d’Italia il 9 aprile 2008”. Fare luce per tempo sulla vicenda del Monte dei Paschi per il direttore generale della Consob era di fatto impossibile: “Quando ci si trova di fronte a un tale comportamento (doloso, ndr) è complesso capire prima come andranno le cose: non si possono colpire le frodi prima che avvengano, ma si può intervenire il prima possibile”.
“Per quanto ad oggi questa ricostruzione possa apparire nota e pacifica, l’effettiva scoperta della natura e delle finalità dei contratti stipulati fra Mps e gli intermediari finanziari coinvolti, ha richiesto una lunga e complessa attività di indagine, volta a far emergere quegli elementi di prova che erano stati occultati a mercato ed alle Autorita’ di vigilanza”, ha chiarito Apponi tornando più volte sull’argomento, anche in sede di domande-risposte con i parlamentari.
Fin dall’inizio sulle attività di vigilanza su Mps, la Consob “ha collaborato strettamente” con tutti gli attori istituzionali interessati: “Le procure di Siena e di Milano, Bankitalia e la Guardia di Finanza”.
In audizione anche Carmelo Barbagallo, capo del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia, che ha dichiarato che il Monte dei Paschi di Siena “ha subito gli effetti sia della crisi del debito sovrano, sia della profonda recessione che ha colpito il Paese nel 2012-2013. In questo quadro la banca non è riuscita a superare gli esercizi di stress ai quali è stata sottoposta tra la fine del 2011 e il 2016. Gli effetti della congiuntura e in generale del contesto esterno avverso sul bilancio della banca, di per sé già profondi, sono stati amplificati da quelli dei comportamenti gravi e fraudolenti posti in essere sin dal 2008 dai precedenti esponenti di vertice, che hanno indebolito gravemente l’intermediario e ne hanno messo in discussione la reputazione. Tali comportamenti – venuti alla luce progressivamente grazie alle attività di verifica della Banca d’Italia e alle indagini dell’Autorità Giudiziaria – sono oggi al vaglio del giudice penale”, ha spiegato Barbagallo.
L’ispezione che la Banca d’Italia ha condotto da settembre 2011 a marzo 2012 su Mps ha evidenziato “dalle prime fasi, che problematiche in precedenza rilevate non erano state superate e confermava che il gruppo era connotato da un assetto manageriale inadeguato e da significative carenze organizzative”.
“In seguito alle forti pressioni della Vigilanza – ha proseguito -, e pur in assenza di un potere formale di removal, a fine 2011 Mps risolve il rapporto con il Direttore Generale, dr. Vigni, cui è corrisposto un compenso di circa 4 milioni; la corresponsione di tale compenso verrà approfondita dalla Vigilanza e sfocerà in una lettera di intervento e in una procedura sanzionatoria nei confronti degli organi di amministrazione e controllo dell’epoca, conclusasi con l’irrogazione di sanzioni per 1,3 milioni”.
Barbagallo ha poi sottolineato: “Sulla base delle informazioni rese disponibili agli ispettori non risulta provata sul piano contrattuale la relazione tra la ristrutturazione del titolo Alexandria e l’operazione in repo effettuata con la stessa Nomura nè è altrimenti possibile risalire all’effettivo business purpose dell’operazione; non emergono altresì elementi di dubbio riguardo all’effettivo scambio tra le parti dei titoli sottostanti”. “C’è un indizio forte ma non c’è una prova”, ha spiegato Barbagallo.
Ieri, intanto, su sollecitazione del senatore Augello, il presidente Pierferdinando Casini ha risposto: “Non ho difficoltà a inviare tutte le comunicazioni e le testimonianze che la commissione ha acquisito”, precisando che personalmente non ha ravvisato “alcuna ragione di fattispecie penale”. La commissione d‘inchiesta sul sistema bancario invierà alla magistratura i verbali delle audizioni di Bankitalia e Consob e la documentazione raccolta sulla crisi delle banche venete perché siano accertate possibili ipotesi di reato.
Durante l‘audizione del 9 novembre, la Consob ha lamentato ritardi e mancate informazioni sulle richieste fatte a Bankitalia riguardo alle banche venete. Bankitalia ha replicato spiegando che in un caso, Veneto Banca, ha trasmesso a Consob quanto necessario per dare un chiaro warning e nell‘altro, Popolare di Vicenza, che non era necessaria alcuna informativa perché si trattava di questioni procedurali da gestire in autonomia.