Giornata chiave per la sopravvivenza del gruppo Montepaschi
di Red
SIENA. NON ci aspettiamo miracoli oggi pomeriggio alla presentazione della trimestrale. Gli analisti più attenti hanno osservato che qualche giorno fa i buoni risultati di Intesa San Paolo, l’unica banca italiana a non aver problemi di ricapitalizzazione secondo le direttive Eba, non l’hanno salvata dalla caduta verticale del sistema finanziario italiano in borsa. Nemmeno ci attendiamo i 2,2 miliardi per il solo 2011 del libro dei sogni di Mussari, fermo all’edizione del 2008. La politica degli slogan sa che il popolo ha la memoria corta, infatti. Ci aspettiamo però almeno il rispetto delle promesse dell’ultimo piano industriale, la conferma che al di là dei valori borsistici ci siamo valori economici in grado di rilanciare redditività e di ricostruire liquidità. Se dovessimo basarci sulle precedenti trimestrale e semestrale, presentate con enfasi positiva (ma sostanzialmente bocciate dagli analisti dopo appena un weekend di studio sui dati allegati), ci dovremmo dichiarare negativi. A suo tempo sono stati annunciati 1,1 miliardi di euro di utile nel periodo 2011-2013. Ma leggeremo e valuteremo quello che ci dirà Antonio Vigni. Sarà anche importante, per la città e le istituzioni che la rappresentano, valutare la eventuale assenza del presidente: abbiamo visto come sia deleterio offrirsi al mercato senza la necessaria autorevolezza e compattezza.
E a proposito del presidente del consiglio uscente, ci chiediamo a cosa gli serva pagare profumatamente tanti consiglieri di cui si contorna, se poi la montagna partorisce il topolino delle “dimissioni differite”, che servono solo a deprimere le attese dei mercati e a punire in primis proprio il titolo della maggiore impresa del capo del governo: mercoledì, infatti, Mediaset ha messo a segno un eloquente -12%. Naturalmente il danno è stato esteso a tutta Piazza Affari, e il titolo MPS ha chiuso -4,92% a euro 0,28 transitando per un -0,2779 che costituisce il nuovo record negativo della storia del titolo. Diamo pure un pezzettino di colpa alla decisione della società britannica Lch Clearnet, che ha innalzato i margini richiesti sui titoli di debito italiani a 7 e 10 anni, portando quindi gli stessi dal 6,65% all’11,65%. Il differenziale BTp-Bund si è attestato sopra i 550 punti base dopo essere schizzato in area 570 punti base. Ma resta il fondamento dell’incertezza della politica. Immaginate di essere un gestore di fondi da qualche miliardo di euro che ogni mattina deve guadagnare qualcosa per i suoi clienti. Mentre la politica attende, si possono fare gli utili sui ribassi, quando agirà sulle prospettive di crescita. Chi sta nel mezzo soffre, ma non è compito del gestore occuparsene: la sua molla vincente è la tempestività con cui prende le giuste decisioni per gli interessi che ha in cura.
Sembra che l’esempio greco non insegni nulla: eppure oggi ci saranno ripercussioni sull’ennesima incapacità di Atene di mettere rapidamente in piedi un nuovo governo con un premier credibile. Il presidente di Confindustria dice che siamo già nel baratro, ma la novella Cassandra Marcegaglia non è – ahimè – ascoltata a Palazzo Chigi nemmeno nell’ora dell’evidenza.
Oggi appuntamento chiave è, prima della trimestrale MPS, l’asta dei Bot 12 mesi da 5 miliardi di euro. Tutti gli scenari sono possibili.