Intervista esclusiva con il capo del dicastero dell'Ambiente
ROMA. Si sono da poco conclusi gli “Stati Generali sui cambiamenti climatici e la difesa del territorio” tenutisi a Montecitorio. E’ stato il primo passo verso l’assise dell’Onu, la Cop21 di Parigi. Abbiamo colto l’occasione per fare alcune domande al Ministro dell’ambiente Gianluca Galletti, parlando non solo di ambiente ma anche di legalità e di come veder applicate le leggi che ci sono sia a livello nazionale sia a livello europeo.
L’enciclica di Papa Francesco ha rilanciato a livello universale il dibattito sull’ambiente. In Italia si sta procedendo con le riforme e l’economia dà segnali positivi. L’”Italia riparte” dunque ma, per quanto riguarda, l’ambiente dove va? Se oggi i suoi figli le chiedessero un consiglio su come orientarsi negli studi, volendo
occuparsi di ambiente, cosa risponderebbe?
Dirò, anzi dico ai miei figli di scegliere gli studi che preferiscono perché l’ambiente riguarda tutti i settori. Deve diventare il filo conduttore, il fattore unificante dello sviluppo. Tutte le materie tecniche, ma anche branche della cultura meno “scientifiche” riguardano l’ambiente. Il Papa nella sua Enciclica ci ha spiegato con chiarezza come la questione ambientale sia globale non solo geograficamente ma anche a livello politico, etico e culturale. L’ambiente non sarà una materia di cui scegliere di occuparsi in futuro. Semmai sarà la materia di cui sarà impossibile non occuparsi, quale che sia la strada che ciascun giovane decida di intraprendere. Perché il futuro dovrà essere green a 360 gradi se vogliamo che la nostra umanità abbia un futuro.
L’Italia quali azioni e quali filosofie deve applicare per andare verso uno sviluppo sostenibile? La crisi può rivelarsi opportunità o aggravante dell’incuria ambientale?
Dalla crisi si esce si sta uscendo attraverso un radicale cambiamento economico e culturale. Il mondo sta passando dall’economia lineare, basata sul carbone e gli idrocarburi, che consumava risorse e produceva rifiuti inquinanti e gas serra, all’economia de-carbonizzata e circolare che riusa e ricicla le risorse. Tendenzialmente è a rifiuti zero. La crisi degli ultimi anni rappresenta la svolta, il mondo economico ha già deciso: si prevede che nei prossimi vent’anni si investiranno 5 trilioni di dollari, cioè 5 miliardi di miliardi, per la riconversione dell’economia. In questo enorme flusso di investimenti sta la chiave della ripresa. L’Italia deve starci dentro da protagonista.
La recente approvazione della legge sugli ecoreati ha fatto segnare molti commenti positivi e soddisfazione dopo il lungo percorso fatto per arrivarci. Cosa pensa della soluzione raggiunta?
Con l’approvazione della legge sugli ecoreati e l’introduzione dei reati ambientali nel codice penale si è arrivati ad una svolta storica. Abbiamo finalmente dato un segno di civiltà giuridica a lungo atteso dai cittadini. Certo, il percorso non è stato dei più semplici ma, alla fine, abbiamo creato le premesse affinché i reati ambientali che tanti scempi hanno causato nel nostro Paese, e che tante vittime hanno provocato, non restino impuniti e non si ripetano. Ora chi inquina paga. Ma non solo. L’introduzione di pene certe per i reati ambientali andrà anche a vantaggio di tutti quegli imprenditori onesti costretti a subire una concorrenza giocata troppo spesso al di fuori delle regole. Abbiamo lanciato un messaggio chiaro: ambiente, tutela della salute e sviluppo economico devono viaggiare di pari passo.
Quest’ultima legge (ecoreati) aggiunge un tassello centrale a quelle già esistenti. Nel nostro paese esiste il detto “fatta la legge trovato l’inganno”. L’applicazione delle leggi è sempre complicata. Decreti attuativi lenti, cavilli burocratici. Per fare rispettare una legge si devono sviluppare anche attività investigative e repressive. E allora perché non utilizzare gli eccessi di personale, ad esempio nelle guardie forestali o altro, per costruire le “guardie ambientali”?
Noi dobbiamo semplificare non complicare le cose, ridurre la moltiplicazioni di enti e forze non ampliarla. Le guardie ambientali esistono già: sono la forestale, il Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri, il Reparto Ambientale Marino della Guardia Costiera. Certamente il lavoro in questo campo è moltissimo e crescerà con la puntuale e rigorosa applicazione della legge sugli ecoreati. Occorre impiegare tutte le forze disponibili con la massima efficienza.
La raccolta differenziata dei rifiuti e il riciclo è un settore in cui troviamo nel nostro Paese eccellenze, anche straordinarie, e zone di incuria, grandi aree di rispetto della legge e zone di illegalità. Come si può migliorare la nostra realtà?
Il vero vulnus ambientale dell’Italia è rappresentanto da quel 40% dei rifiuti che ancora finisce in discarica, percentuale che in alcune aree del sud supera l’80%. Lei ha ragione, in questo campo abbiamo anche delle eccellenze e delle buone pratiche che l’Europa ci invidia e copia. I consorzi di filiera svolgono il loro lavoro in maniera egregia. Dobbiamo spingere al massimo sulla differenziata, eliminare progressivamente tutte le discariche, che ci costano anche in termini di sanzioni UE. Lo stiamo facendo con il massimo impegno. Il futuro dell’Italia è un paese a rifiuti zero e con il 100% di riutilizzo o utilizzo a fini energetici degli scarti. Attorno al riuso e al riciclo dei materiali deve crescere anche una filiera produttiva più forte, capace di produrre reddito e creare nuova occupazione.
A proposito di applicazione delle leggi l’esempio della plastica biodegradabile – compostabile è significativo. La legge dice che gli shopper devono essere biodegradabili- compostabili. Nonostante questo ci sono ancora circa 70.000 tonnellate anno di materiale fuori legge. L’aiuto alla riconversione della filiera legata ai vecchi materiali potrebbe essere efficace, ma si dovrebbe intervenire anche con controlli e multe. Quali sono le difficoltà?
La diffusione dei sacchetti di plastica è capillare nel nostro paese e questo certamente crea un problema di controllo e di sanzione dell’illecito. Ma io sono fiducioso. Già oggi nei supermercati si vede la maggior parte della gente con le sporte riutilizzabili ed i sacchetti, anche quelli biodegradabili, si usano sempre meno. Si sta tornando ai tempi in cui si andava a fare la spesa portandosi da casa quella che appunto era “la borsa della spesa” che tutte le nostre nonne usavano. L’Italia è stato il primo paese europeo a mettere fuori uso gli shopper monouso non biodegradabili, abbiamo portato l’Europa sulla nostra linea (che prima era tutt’altro che condivisa). In Italia sta cambiando il costume e la cultura. La repressione è un aspetto marginale del problema. Questa partita si vince con il consenso e la consapevolezza ambientale. E la stiamo vincendo.
La cultura ambientale è fondamentale per sviluppare i cittadini di domani il senso civico e collettivo che li spinga a rispettare e proteggere l’ambiente. A scuola si parlerà di questi temi, nella riforma è previsto. Ma chi formerà i formatori? Saranno sufficienti linee guida molto dettagliate?
L’educazione ambientale servirà ad insegnare ai nostri ragazzi, già a partire dalla scuola dell’infanzia, a rispettare l’ambiente in cui vivono, a prendersene cura e a capire che, questo atteggiamento, oltre a migliorare il mondo in cui viviamo, può far nascere per loro anche nuove opportunità di lavoro. Io credo che gli insegnanti di scienze possano benissimo spiegare i cambiamenti climatici, che gli insegnanti di educazione civica i comportamenti corretti e sostenibili. Assieme al ministero dell’istruzione promuoveremo la produzione di materiali informativi di approfondimento ma non credo che il problema possa essere quello della formazione. Quello che conta invece è cominciare subito. I nostri studenti saranno i primi “nativi ambientali”. E cominceremo subito perché, grazie alle linee guida che abbiamo elaborato, l’educazione ambientale potrà essere introdotta già a partire dall’anno scolastico 2015-2016.
Intervista esclusiva concessa dal ns. partner http://affaritaliani.tribunapoliticaweb.it