Il rischio di estensione della rivolta nordafricana fa salire i prezzi

SIENA. Nell’ultimo mese i prezzi delle materie prime, in particolare il prezzo del greggio, sono tornati a salire in modo deciso. Alla base del sensibile recupero, le tensioni nel Nord Africa. Sebbene la Libia esporti una quantità di greggio modesta rispetto agli altri paesi produttori, gli investitori temono che le rivolte possano estendersi anche ad altri paesi generando una forte restrizione dell’offerta.
Secondo una classifica stilata dall’Economist Intelligence Unit i paesi a maggior rischio di una rivolta politica si concentrano nel Nord Africa e nel Medio Oriente. Il punteggio più elevato è assegnato ad Egitto, Tunisia, Algeria e Marocco nel Nord Africa ed a Yemen, Giordania, Siria ed Iran nell’Asia. A nostro avviso la probabilità di un allargamento delle rivolte ai paesi quali l’Arabia Saudita, le cui esportazioni sono pari a circa 6 volte quelle libiche, rimane bassa, viste anche le concessioni fatte recentemente dai reali sauditi (stimolo fiscale molto generoso e possibile voto alle donne); tuttavia sarà decisiva la data dell’11 marzo in cui è prevista una giornata di mobilitazione di massa pro-democrazia (“Giornata della Rabbia”). Il paese avrebbe già assicurato che utilizzerà le sue scorte petrolifere per contrastare le tensioni sui prezzi derivanti da ogni carenza di offerta da parte della Libia. Anche l’Opec, di cui fanno parte oltre alla Libia, altri paesi a rischio quali Algeria, Arabia Saudita ed Iran, ha già preso posizione mostrandosi disponibile ad aumentare l’offerta di greggio di 5 milioni di barili al giorno. Rimane però aperto il nodo dal lato della domanda. Se da un lato i recenti rialzi del prezzo del greggio avranno comunque un effetto restrittivo sulla crescita (secondo nostre stime per ogni aumento permanente di 10 dollari a barile il Pil mondiale potrebbe subire una contrazione di un quarto di punto nell’anno successivo allo shock), la domanda di greggio sia dei paesi emergenti che dei paesi “core” sta sensibilmente aumentando, in parallelo alla dinamica economica. L’accelerazione della crescita è segnalata anche dal forte recupero registrato dagli indici Pmi.
Negli Usa il Pmi del settore manifatturiero è sopra i 50 punti, la soglia che delimita la fase espansiva da quella recessiva, ormai dal terzo trimestre 2009. In recupero anche l’indice Ifo tedesco che torna a crescere su base tendenziale dal quarto trimestre 2009. Il recupero dell’economia sta generando pressioni anche sui prezzi di altre materie prime. Ne è una conferma il forte aumento registrato anche dai metalli industriali e dagli alimentari i cui prezzi, misurati dagli indici CRB, sono saliti rispettivamente di circa il 33% ed il 24% dai minimi del 2010. Il prezzo del petrolio quindi anche nei prossimi mesi è destinato a rimanere elevato a causa di una maggiore domanda ma, a meno di sviluppi inattesi (rivolte e/o guerre), il prezzo medio del West Texas Intermediate (WTI) per il 2011 dovrebbe oscillare intorno ai 95 dollari al barile proprio grazie alle politiche adottate dal lato dell’offerta. Sulle quotazioni del greggio pesa anche il recente indebolimento del dollaro che da inizio anno ha perso quasi l’8%. La bolletta petrolifera avrà incidenze diverse per i principali paesi Europei. In Italia l’intensità petrolifera, sebbene sensibilmente in calo negli ultimi 40 anni, rimane superiore alla media europea. Secondo Banca d’Italia l’effetto cumulato sulla crescita italiana di un aumento del 20% del prezzo del petrolio è di circa mezzo punto percentuale nei tre anni successivi all’aumento. L’Italia vanta interessi economici forti nell’Area del Mediterraneo con società ad elevata esposizione soprattutto nei confronti del Nord Africa (in primis in Libia, Egitto e Algeria); queste aziende si concentrano soprattutto nei settori tradizionali dell’industria pesante (meccanica, energia, infrastrutture e trasporti, costruzioni e logistica). Un numero di aziende italiane inferiore opera nell’Area Medio Orientale.
In Italia, a risentire maggiormente di un aumento prolungato delle quotazioni del petrolio sarebbero i settori della siderurgia, vetro, cemento ma anche della ceramica, chimica, carta, alluminio e laterizi. Secondo le diverse associazioni di categoria il costo dell’energia nel settore cartario incide mediamente per il 20-25%; sale al 40% circa l’incidenza dell’energia sul costo alla produzione del cemento; ancora più delicata la situazione della gomma-plastica in quanto il costo delle plastiche è imputabile per un terzo al costo delle materie prime, per un terzo ai costi energetici e per il rimanente alla manodopera; il prezzo del gasolio agisce per il 28-30% sul prezzo finale della prestazione nel settore trasporti e logistica.