La presidente della Fondazione commenta la vendita a mercati chiusi
SIENA. L’operazione conclusa ieri sera (18 marzo) a mercati chiusi con la vendita del 12 per cento del pacchetto di titoli di Mps in pancia alla Fondazione, la presidente Mansi incassa – oltre a vari apprezzamenti – una cifra che le permette di azzerare i debiti con le banche. Mansi dice che la Fondazione continuerà a lavorare ”sul mandato affidato, il cui cardine vede la messa in sicurezza della Fondazione”, in cui c’era anche l’obiettivo di ”tornare a svolgere quel ruolo fondamentale di motore e sviluppo per il territorio”.
Con la restituzione del debito di 340 milioni contratto dai vecchi vertici dell’ente con un pool di banche nel 2011, la Fondazione potrà guardare al futuro con un po’ più di serenità.
Non è nemmeno escluso che possa decidere di partecipare all’aumento di capitale di banca Mps. “L’aspirazione della Fondazione è quella di essere presente al prossimo aumento di capitale. Cercheremo di esserci e di restare nella banca”, Mansi non dice se la Fondazione venderà ancora: “Valuteremo nelle prossime settimane”. Nè annuncia il nome (o i nomi) dell’acquirente. E alla richiesta di una sua eventuale riconferma alla carica risponde: “Questa non è una mia decisione”.
Per Palazzo Sansedoni è stata una corsa al salvataggio del patrimonio della Fondazione, passando attraverso il rinvio dell’aumento di capitale imposto alla banca Mps. L’azzeramento del debito permette di liberarsi dai vincoli dei creditori e dalle spese dovute agli interessi; il capitale in seno alla Fondazione in termini di azioni Mps si aggira sui 400 milioni, cui vanno aggiunti gli immobili e le opere d’arte che l’ente possiede. Va da sè che non può aspettarsi grandi ricavi dai titoli, visto che la banca ha già annunciato che non distribuirà dividendi fino al 2017. Potendo contare su 250-300 milioni, avrà modo di investire in altri strumenti finanziari, in grado di fornire “la benzina” per la gestione e le spese che ne derivano. Insomma, diversificazione. Termine finora sconosciuto in Banchi di Sotto. Se decidesse, poi, di scendere ancora dal 15 per cento attuale allo spesso ventilato 8 per cento…
Con la restituzione del debito di 340 milioni contratto dai vecchi vertici dell’ente con un pool di banche nel 2011, la Fondazione potrà guardare al futuro con un po’ più di serenità.
Non è nemmeno escluso che possa decidere di partecipare all’aumento di capitale di banca Mps. “L’aspirazione della Fondazione è quella di essere presente al prossimo aumento di capitale. Cercheremo di esserci e di restare nella banca”, Mansi non dice se la Fondazione venderà ancora: “Valuteremo nelle prossime settimane”. Nè annuncia il nome (o i nomi) dell’acquirente. E alla richiesta di una sua eventuale riconferma alla carica risponde: “Questa non è una mia decisione”.
Per Palazzo Sansedoni è stata una corsa al salvataggio del patrimonio della Fondazione, passando attraverso il rinvio dell’aumento di capitale imposto alla banca Mps. L’azzeramento del debito permette di liberarsi dai vincoli dei creditori e dalle spese dovute agli interessi; il capitale in seno alla Fondazione in termini di azioni Mps si aggira sui 400 milioni, cui vanno aggiunti gli immobili e le opere d’arte che l’ente possiede. Va da sè che non può aspettarsi grandi ricavi dai titoli, visto che la banca ha già annunciato che non distribuirà dividendi fino al 2017. Potendo contare su 250-300 milioni, avrà modo di investire in altri strumenti finanziari, in grado di fornire “la benzina” per la gestione e le spese che ne derivano. Insomma, diversificazione. Termine finora sconosciuto in Banchi di Sotto. Se decidesse, poi, di scendere ancora dal 15 per cento attuale allo spesso ventilato 8 per cento…