di Augusto Mattioli
SIENA. Siamo pienamente soddisfatti per come viene portato avanti il piano industriale di Banca Montepaschi”. Molto chiaro e senza tentennamenti, Gabriello Mancini, presidente della fondazione Mps, azionista di maggioranza, nel corso della presentazione questa mattina del bilancio di missione del 2007 della stessa fondazione senese, in risposta ad una domanda dei giornalisti sull’attuazione del piano industriale da parte della banca. “Un piano importante e analitico che abbiamo condiviso e condividiamo” ha puntualizzato.
Anche il direttore generale, Marco Parlangeli, è tornato sull’operazione Antonveneta per dire che l’aumento di capitale di Banca Mps per l’acquisizione, sottoscritto dalla fondazione senese, “è una scelta strategica che pienamente voluta. Nessuno ce l’ha imposta. Non c’entra la politica. Il nostro obiettivo è creare valore. Abbiamo investito tre miliardi e ce ne torneranno sei”, ha aggiunto, puntualizzando che “Banca Montepaschi non deve essere e non sarà mai una banca marginale nel mercato nazionale ed europeo. Chi vuole questo troverà in noi un ostacolo fermo e fiero. Per quanto ci riguarda noi consolideremo il ruolo di prima fondazione bancaria italiana e quinta in Europa. Siamo azionisti di lungo termine. Abbiamo dato al management della banca la possibilità di lavorare al meglio senza alibi al piano industriale, che noi abbiamo condiviso, per il raggiungimento dei suoi obiettivi”.
Dunque, pieno appoggio dell’azionista di maggioranza della banca, (che ha nel suo portafoglio il 46,3% delle azioni ordinarie e il 55,5% del capitale totale), alla linea del management della Banca. Mancini nel suo intervento ha fornito numerosi dati sulla costante crescita della fondazione. Il più significativo quello del patrimonio che a fine 2007 ha raggiunto i 5 389 ,4 milioni. Nel tempo c’è stato un progressivo aumento. Nel 95/96 il patrimonio era di 2696,8 milioni, nel 2001 di 4755,3 milioni, nel 2004 ha superato la soglia dei 5000 milioni attestandosi a 5015.
Nel presentare il bilancio di missione “doveroso atto di trasparenza con il quale rendiamo conto del nostro operato a tutta la società senese". Mancini si è, però, tolto anche qualche sassolino dalle scarpe. “Noi assicuriamo il nostro massimo impegno nel nostro lavoro ma vogliamo dire che non accettiamo atteggiamenti che tendono a sottovalutare, ridurre o strumentalizzare il ruolo della fondazione”. Che, ha puntualizzato, “non è un bancomat. Un concetto che rifiutiamo”. Una bacchettata forte a chi pensa che ottenere i soldi della Fondazione sia un atto dovuto. “Ribadiamo il nostro no – ha aggiunto rafforzando il concetto del bancomat – a chi ritiene di avere un conto aperto, un vitalizio costante con la Fondazione per cui ottenuto una volta il finanziamento lo ritiene cosa acquisita e non discutibile o magari la base di partenza per avere successivamente di più”. E ancora. “Diventano inaccettabili e ingiuste le dimenticanze che talvolta anche autorevolmente si fanno nel presentare iniziative importanti realizzate in vari campi da vari soggetti senza ricordare che le stesse sono state realizzate grazie al contributo unico e comunque sempre determinante della fondazione”.
In sostanza Mancini ha detto che non vuole essere tirato per la giacca da tutte le parti, che ognuno deve rispettare il ruolo degli altri. E quello della fondazione è “un ruolo di servizio e di piena collaborazione con la società senese”. Non, appunto, un bancomat. Forse domani ci saranno le prime reazioni. Ma viene da pensare, con questa polemica, che forse Mancini abbia aperto la battaglia per le prossime nomine alla Fondazione. E quindi sul suo futuro prossimo venturo.