Dedicato a chi sostiene che
di Mauro Aurigi
SIENA. In principio era la destra. Poi un incredulo Otto von Freising, ossia l’erudito e vescovo tedesco Ottone di Frisinga, durante un viaggio scoprì nelle città italiane del centro-nord una forma di vita politica completamente in contrasto col presupposto corrente secondo cui a memoria d’uomo la monarchia assoluta e ereditaria, circondata dall’aristocrazia feudale, era l’unica forma valida di governo, pena il disgregarsi della società dell’uomo. Invece lì, assurdamente, il popolo aveva sconfitto i feudatari e si governava da solo. Era il 1143 e il mondo aveva finalmente preso coscienza che la destra non era più sola: era nata la sinistra. Preoccupato, Ottone convinse subito suo nipote, l’imperatore Federico Barbarossa, a scendere in Italia ripetutamente con potenti eserciti per rimettere le cose a posto, ma zio e nipote dovettero accorgersi a loro spese che quei Comuni italiani non avevano solo la libertà, ma anche i muscoli. Quindi la sinistra fu subito una cosa nuova e orribile, almeno agli occhi di Papi, Principi e Imperatori: rompendo ogni schema noto, una comunità di uomini poteva reggersi da sola, poteva essere retta, ossia, non da un capo, ma solo dalle leggi che quegli stessi uomini si erano liberamente date. La storia dell’Occidente nelle epoche successive sarà segnata, spesso tragicamente, dal confronto tra quei due opposti sistemi di governo.
Anche se quanto detto sopra consente già di abbozzare una distinzione tra destra e sinistra, bisogna dire che all’epoca quei due termini non avevano alcun significato politico e i due diversi regimi venivano semmai definiti come tyrannis e libertas. Infatti i termini “destra” e “sinistra” entrano in uso alla fine del Settecento, all’Assemblea rivoluzionaria francese dove a sinistra sedevano i repubblicani più radicali (quelli, per intenderci, che erano per l’immediata decapitazione del re) e a destra i più moderati. Da allora quei due lemmi cominciano ad assumere i precisi significati di cui alla griglia che segue.
A destra sta l’assolutismo regio, l’impero, la tirannia, l’autocrazia, il centralismo statale, la volontà che scende dall’alto, i governati controllati dai governanti, il governo forte con i deboli e debole con i forti, la sfiducia verso l’autogoverno popolare e quindi il convincimento che solo il potere saldamente nelle mani di pochi (o di uno solo) possa garantire la serena esistenza del popolo. In sintesi: a destra sta la società organizzata verticalmente.
A sinistra invece sta la repubblica, la democrazia, la sovranità popolare (il populus sibi princeps), l’autogoverno locale, la volontà che sale dal basso, i governanti controllati dai governati (quindi i cittadini, comunque abbiano votato, tutti all’opposizione rispetto al governo), il governo forte coi forti e debole coi deboli, il governo dei molti (o di tutti: quod omnes tangit ab omnibus adprobari debet, ossia ciò che riguarda tutti da tutti deve essere approvato) e quindi l’ottimismo verso la capacità del popolo di autogovernarsi. In sintesi: a sinistra sta la società organizzata orizzontalmente.
MA IN ITALIA (E A SIENA) UNA SINISTRA C’E’ ANCORA, SE MAI C’E’ STATA?
Per cui, schematizzando, si può dire che quanto più una situazione è democratica e repubblicana, quanto più il potere è decentrato e diffuso e la volontà sale dal basso, quanti più sono quelli che governano, tanto più quella è una situazione di sinistra; viceversa per la destra. Questi non sono valori superati, obsoleti, ma sono ancora attuali, anzi attuali più che mai. Non basta il passare dei secoli e neanche dei millenni per cambiare quei concetti, anche se la cultura politica italiana, non meno di quella senese, ne ha fatto strazio.
Diciamo semmai che una sinistra reale in Italia, e più ancora a Siena, non c’è più (se mai c’è stata), e che questo comporta una reale confusione di ruoli e qualifiche, fino a ingenerare il convincimento che non esista più una distinzione tra i due sistemi politici. Perché in Italia (e a Siena), se si applica la griglia di cui sopra, si scopre che, al di là dell’ufficialità, non c’è una destra e una sinistra, ma ci sono due destre una delle quali, in maniera spregiudicata e arrogante, si maschera da sinistra. E se si applica quella griglia anche alla gente oltre che ai partiti, si scoprirà che tanti che si vantano di essere di sinistra in realtà sono di destra, e può anche succedere il contrario.
LA LEZIONE DEI TOSCANI DEL RINASCIMENTO
Dunque la destra nasce prima, perché è la società organizzata secondo natura (in natura tutti i mammiferi a vita sociale sono organizzati in maniera rigorosamente gerarchica) ed è sopravvissuta senza rischi di mutazioni genetiche almeno fino all’avvento relativamente recente della sinistra sulla scena politica, avvento che possiamo far coincidere con la comparsa in Italia di quei liberi Comuni alla cui cultura Siena dette un così grande contributo. Da quel momento lo scopo principale della destra è diventata la conservazione e la difesa anche violenta di quel modello di società originario. D’altra parte anche la sinistra ha l’obiettivo della distruzione, immediata o progressiva che sia, dei moduli di destra e la loro sostituzione con un modulo più pensato e innaturale, meno verticale. Tra ‘600 e ‘700 (rivoluzioni inglese, americana e francese), soprattutto sulla scorta dell’esegesi del pensiero dei toscani rinascimentali Machiavelli, Guicciardini e Giannotti, questo obiettivo si definisce meglio: è la lotta contro l’assolutismo regio e contro i sistemi di governo signorile, tirannico o oligarchico, è lotta quindi soprattutto per l’affermazione di regimi repubblicani, per portare il popolo al potere (il popolo, non la plebe: anche Marx provava avversione per il sottoproletariato, forse ritenendolo – e giustamente – più propenso verso la destra, ossia verso un sistema signorile, che verso la sinistra). In sintesi si trattava di far diventare il popolo classe dirigente, rielaborando quella logica varata nel periodo comunale che propugnò la “sovranità popolare” e il “populus sibi princeps” (il popolo principe di se stesso).
Dalla fine dell’800 e per tutto il ‘900, però, un processo di sclerosi e burocratizzazione delle ideologie di sinistra, maxime di quella marxista stravolta soprattutto da leninismo e maoismo, arriva a capovolgerne il concetto. Una vera e propria svolta di 180 gradi: obiettivo di una sinistra che non è più tale diventa la presa del potere non, come demagogicamente si sosteneva, da parte del popolo, ma delle “sue” avanguardie, le cosiddette punte di diamante, le ali marcianti. In sostanza una nuova oligarchia aristocratica (si pensi al bolscevismo che, previa eliminazione della precedente organizzazione nobiliare, ne costruisce un’altra analoga, se non identica, con un nuovo zar e nuovi boiari): insomma quanto più di destra si possa immaginare. Non a caso quel processo si sviluppa in totale sintonia con la contemporanea ascesa al potere dei nazionalismi e, soprattutto, del fascismo e del nazismo: anche in questo caso si tratta, specularmente, della classe eletta, degli uomini della provvidenza, degli avanguardisti, ossia dei “migliori” al potere.
Così nascono dittature che sorprendentemente vengono e sono ancora oggi definite di sinistra (si pensi alla Cina di oggi dove una dittatura arricchisce i ricchi sfruttando i poveri ed è considerata comunista). Dittatura di sinistra è un perfetto ossimoro: come può una tirannia essere di sinistra se la sinistra è sorta per la sua distruzione? La dittatura, ossia il comando di uno o di pochi, è sempre e comunque di destra! E nascono anche i terrorismi di sinistra. E’ un altro ossimoro: come può definirsi di sinistra, invece che di destra, un gruppuscolo fanatizzato e assolutamente minoritario che vuole imporre a tutti gli altri la propria “religione” colla violenza?
L’EMANCIPAZIONE DEL POPOLO: DA PLEBE A CLASSE DIRIGENTE
Bisogna infine precisare che fino alla fine dell’800 la sinistra non puntava tanto alla conquista di leggi di salvaguardia per i diseredati che erano la stragrande maggioranza della popolazione, ma puntava soprattutto all’assunzione del potere da parte del popolo o meglio alla sua emancipazione a classe dirigente. Si potrebbe anche aggiungere che le leggi a sostegno dei più diseredati non sono necessariamente peculiari di un regime di sinistra in quanto lo stesso risultato può ottenersi anche grazie a istanze di una destra illuminata (quella fascista, che illuminata non era, in venti anni ha fatto più leggi in fatto di previdenza e sicurezza sociale, tuttora valide dopo ben 70 anni, che la Repubblica democratica nel sessantennio successivo). Per maggiore chiarezza: la sinistra delle origini, quella che non aveva ancora subito le degenerazioni dello scorso secolo e che secondo chi scrive rimane anche quella che merita di essere ancora oggi chiamata tale, non contestava dunque tanto il contenuto dell’ordinamento e delle leggi esistenti, quanto il fatto che quell’ordinamento e quelle leggi emanassero da uno o da pochi, che scendessero dall’alto e che conseguentemente non potessero che rispettare solo gli interessi di quelli che le emanavano.
Secondo quella sinistra primigenia, insomma, la democrazia non è un fatto di contenuti, ma di forma, ossia di regole. Non è la sostanza delle leggi che le rende, a seconda del caso, democratiche o antidemocratiche, di sinistra o di destra, ma è la forma, il modo (ascendente o discendente) con cui quelle leggi sono emanate. Per assurdo, l’adozione nell’ordinamento giuridico della pena capitale imposta dal popolo (in molti stati nord-americani, per esempio) è atto più di sinistra dell’abolizione della pena di morte (in Italia, per esempio) decretata motu proprio dal principe o da pochi oligarchi della politica, assolutamente incuranti della volontà popolare. Diciamo di più: non esiste un modo di destra e uno di sinistra, come vorrebbero farci credere, di pulire le strade, costruire un ponte, far funzionare un ospedale, perseguire la criminalità o fornire l’acqua potabile, ma esiste un modo di destra e uno di sinistra per decidere di tenere le strade pulite o far funzionare un ospedale a seconda di chi quella decisione è deputato a prenderla (il principe o il popolo).
Per concludere (e per tornare all’attualità): fino a quando esisteranno realtà e concezioni della politica più o meno democratiche e repubblicane e contemporaneamente ne esisteranno altre più dispotiche e repressive, parlare di obsolescenza della destra e della sinistra è cosa idiota. A meno che non ci si voglia riferire esclusivamente al fatto che sono solo i due termini ad apparire consunti, obsoleti (Proudhon, già nella prima metà dell’800, preferì “autorità” e “libertà”), non i concetti che essi vogliono rappresentare. In tal caso facciamo lavorare la fantasia e troviamo nuove terminologie, ma i concetti che quei due termini sottintendono nessuno potrà mai negarli o trovarli obsoleti: un sistema dispotico sarà sempre un sistema dispotico ossia di destra, ed uno libertario sarà sempre libertario ossia di sinistra.