Abolito il vincolo, il titolo non guadagna tanto da poter vendere per pagare i debiti
di Red
SIENA. E’ bastata appena una settimana di Borsa per dimostrare che tutti i corollari del terzetto Profumo-Viola-Mancini sono sbagliati e non hanno prodotto che risultati zero, le cui vittime sono, come sempre, banca, fondazione e città.
Così l’elucubrazione manciniana che voleva nelle tre assemblee straordinarie la chiave per veder risalire il titolo in Borsa – fino al punto di vendere altre azioni e lasciare al prossimo presidente una Fondazione senza debiti – è destinata al fallimento completo. Ieri il titolo a Piazza Affari ha chiuso a 0,2198 euro per azione e a quel prezzo gli stessi creditori chiedono di non vendere. Il 3 agosto è vicinissimo e questo signore dalle dubbie capacità manageriali, comprovate da 11 miliardi (più o meno) di perdita del valore patrimoniale della Fondazione durante la sua gestione, se ne andrà per sempre. E senza finire l’opera di distruzione, a meno di regali improvvisi dei mercati che non hanno motivo di farli a nessuno, men che mai alla politica.
Semper fidelis, Mancini è stato scelto per la sua fedeltà alla causa del partito: nel rovinoso trambusto seguito alle dimissioni di Antonio Vigni è stato l’unico personaggio politico cittadino a salvare la cattedra (oltre al marginale quanto ininfluente presidente della Provincia), diventando il garante del trasformismo targato PD nel momento di totale abbandono del campo da parte dei suoi vecchi protagonisti, impegnati nell’arte di riciclarsi come discontinuamente nuovi. Almeno quelli non coinvolti nella mala gestio della banca.
Avremo modo di constatare, nelle prossime settimane, che l’abolizione del vincolo del 4% non cambia assolutamente niente nella governance MPS. La banca non è contendibile perché la proprietà di riferimento è riconducibile a un partito e perché non è chiaro chi metterebbe soldi freschi per poi doversi accollare un debito di oltre 4 miliardi di euro nei confronti dello Stato, quindi in ultima analisi, mettendosi sotto lo schiaffo della politica. E la finanza italiana e internazionale sta prudentemente alla larga.
L’ultima assemblea è stata solo lo step di una marcia complessa decisa a tavolino per riprendersi l’istituto di credito dalle grinfie dei servitori che erano stati scelti nel 2006 per guidarlo per conto del partito. Il 2006 è l’anno del massimo trionfo del sistema Siena: il sindaco riconfermato, il presidente della Fondazione in Rocca Salimbeni, il segretario del partito finalmente deputato al Parlamento. Tempo cinque anni tutto è crollato. Al punto che si è visto il ritorno del deputato, inviato da Roma a spaccare tutto. Operazione riuscita con successo, compresa la gestione del limbo in cui ci hanno cacciati (la solita politica): un commissario che passerà alla storia per la sua totale invisibilità.
L’unico documento ufficiale alla libera lettura dei cittadini sono le leggi con cui lo Stato Italiano, sentita la Commissione UE, concede alla banca MPS prima un finanziamento di 1,9 miliardi di euro (Tremonti Bond) poi un secondo finanziamento di 4,1 miliardi di euro (Monti bond). Mai nelle leggi c’è alcun riferimento a una clausola ostativa come la rimozione del vincolo del 4% e Profumo,in ogni sede, si è ben guardato dal presentare pezze d’appoggio alle chiacchiere che ha fatto sull’argomento, ma sulle quali non ci sono nemmeno documenti ufficiali di Rocca Salimbeni. Infatti nella relazione che precede l’assemblea straordinaria viene citato un possibilista documento della Banca d’Italia che recita: “la Commissione Europea potrebbe ritenere il predetto intervento finanziario pubblico non compatibile con il quadro comunitario in materia di aiuti di Stato e disporne il recupero.”
La Commissione Europea non ha prodotto documenti in cui ha chiesto come pre-condizione l’abolizione del vincolo, e si è ben guardata dal commentare le lettere di Bankitalia a MPS, tra l’altro prodotte temporalmente dopo che la questione del vincolo si era appalesata come indispensabile. E a Bruxelles hanno aperto un dossier con il piano industriale di Viola a metà giugno, dopoché i soldi sono già erogati nella cassaforte del Monte da qualche mese. Ricorda l’istruttoria di Banca d’Italia sul fresh 2008, conclusasi sei mesi dopo la data in cui Mussari e Botin avevano firmato il closing della vendita di Antonveneta. Se la risposta fosse stata negativa come si sarebbero ripresi i soldi dalla tasca del Santander?
Domande a cui non c’è risposta se non la constatazione che la politica riesce a passare sopra la testa delle persone, delle aziende, delle istituzioni e perfino delle sue stesse leggi. Profumo è arrivato dopo Ceccuzzi, scelto da chi ha rispedito l’ex-deputato a Siena, altro che politica fuori dalla banca: sono i mercati e gli investitori che se ne stanno lontani.