MPS ritorna quasi al suo minimo storico, borse nel panico
di Red
SIENA. Inconcludente, retorico, più attento agli equilibri di casa sua che alla situazione complessiva della Nazione. Questo era sembrato il discorso di Silvio Berlusconi alle Camere ieri sera. Muscolare, perché si riteneva più forte dei mercati a cui ha affidato la gestione del debito italiano. Perciò quella simpatica dichiarazione di intenti che aveva presentato come manovra finanziaria solo pochi giorni fa, non era stata presa sul serio da nessuno. Infatti, poi era arrivato un conto salato in termini di spread con i bund tedeschi, che è diventato il nuovo tormentone finanziario della stagione: in questi giorni siamo tutti ad angosciarci con il “differenziale” tra il costo del nostro debito pubblico e quello tedesco. Non è compito nostro raccontare gli alti e bassi della giornata borsistica: gli operatori sanno il fatto loro. A noi interessa il saldo finale, quello giunto dopo le considerazioni pomeridiane di Trichet: ”Quello che serve all’Italia è certamente ridurre la spesa pubblica e raggiungere i suoi obiettivi di deficit”. Dice rilanciare la produttività e anticipare tempi e modalità della manovra economica invece che trascinarla inutilmente fino al 2014. Poi ha maldestramente difeso il programma di acquisti di titoli di Stato europei della Bce, negando che ne beneficerà anche l’Italia: segnali contraddittori. Perfino il computer che regola gli scambi a Piazza Affari ha improvvisamente abdicato alle sue funzioni, gettando tutti nel panico. Tanto che prontamente è partita una inchiesta Consob sull’accaduto. Milano ha chiuso con il peggior record mondiale di giornata. All’estero sospesi gli scambi a Parigi, Amsterdam, Bruxelles e Lisbona e comunque chiudono tutte con rossi pesantissimi.
MPS, peraltro uno dei titoli più “tranquilli” ha chiuso le sue contrattazioni con -4,06% a euro 0,4564 appena sopra il minimo storico del 18 luglio scorso. C’è da tirare fuori le pale che pensavamo di aver rimesso in magazzino per ritornare a scavare. Ma Unicredit (-9,33%) e Intesa S. Paolo (-10,35%) hanno fatto decisamente peggio. Tutti i commentatori odierni hanno letto tra le righe nelle parole di Berlusconi che dopo Ferragosto arriverà la stangata per gli italiani, e perciò fino ad allora i mercati giocheranno a guadagnare al ribasso sulle nostre prossime disgrazie. Non c’è alcuna legge che lo vieti. Purtroppo. Come nel 2008, ci sono categorie a cui tutto è permesso, anche di scommettere contro la gente. Serve un progetto per il futuro, non un premier che aspetta il beauty contest sulle frequenze televisive per portarsi a casa due miliardi di valori senza spendere un euro, mentre nel resto del mondo con la vendita delle frequenze analogiche – che non servono più alle trasmissioni televisive – gli stati ricavano molti miliardi di euro (vedi Germania, ad esempio). Abbiamo bisogno di prendere una strada, ma nemmeno le parti sociali convocate nella giornata di oggi hanno avuto qualcosa di più di una generica promessa “si provvederà a settembre”.
In conclusione della serata, per dare la buonanotte a tutti, a Wall Street gli indici Usa chiudono ai minimi di seduta. Il Dow Jones ha terminato con un rosso di 512,76 punti (-4,31%) portandosi a 11.383,68 punti; era dal dicembre 2008 che il Dow non registrava una contrazione maggiore dei 400 punti. Segno che il piano anticrisi statunitense è stato rubricato come dichiarazione di intenti “all’italiana” piuttosto che un piano di salvezza nazionale concreto. In serata, a borse chiuse, conferenza stampa a Palazzo Chigi: “Soltanto gli organi di informazione hanno messo in campo una connessione tra il mio intervento in aula ieri e il comportamento dei mercati, che reagiscono per ragioni proprie e distanti dalla politica”, ha detto il presidente del consiglio rispondendo a una domanda sull’andamento negativo delle Borse dopo il suo discorso in Parlamento sulla crisi. Ha illustrato l’articolato del confronto con le parti sociali: pareggio di bilancio e libertà economica da inserire in Costituzione; riforma assistenziale e fiscale; modernizzazione delle relazioni industriali e del mercato del lavoro sia nel settore pubblico che nel settore privato; finanza e le reti di impresa con particolare attenzione all’internazionalizzazione; accelerazione delle opere pubbliche e delle infrastrutture energetiche e delle nuove reti di telecomunicazioni; privatizzazioni anche dei servizi pubblici locali e liberalizzazioni; costi e semplificazione della politica, della burocrazia e delle funzioni pubbliche centrali e locali; infine i fondi strutturali europei. Ma tutto dovrebbe arrivare alla fine di settembre, e non si trova analista concorde ad attendere: un venerdì di paura come quello che ci attende potrebbe far capire che non è il caso di procrastinare ancora, ma di agire. In fondo i politici sono scelti perché abbiano il coraggio di prendere una decisione, ma qui si defilano tutti. Ci aspetta un venerdì tristissimo.