L'idea di Siena Pirata per limitare le spese
SIENA. La crisi del comparto automobilistico, dettato sia da politiche europee discutibili sulla transizione energetica che dai costi sempre più alti sia per l’acquisto che per il mantenimento delle automobili, è destinata a scatenare una serie di cambiamenti profondi anche nella cultura e società italiana. Una società da almeno 50/60 anni fortemente concentrata sull’uso dell’auto privata per le esigenze di spostamento, tanto da essere uno dei Paesi europei con una maggiore concentrazione di auto pro-capite, con oltre 40 milioni di veicoli immatricolati: solo la Germania ci supera, con quasi 49 milioni di auto sulle strade[1].
Non è un mistero che in Italia, complici politiche nazionali di discutibile lungimiranza, si sia investito forse troppo sulle strade per favorire la mobilità privata (e quindi l’acquisto di auto) e ben poco sui servizi pubblici e su altre forme di mobilità (come la rotaia).
Siena non fa eccezione, anzi. Nella nostra provincia, di poco più di 260.000 abitanti, circolano ben 185.366 automobili (dato 2016), collocandoci in una delle province maggiormente motorizzate d’Italia. A cui aggiungiamo, secondo una recente analisi del portale Facile.it riportata da alcune testate locali, un parco auto che inizia ad essere piuttosto vecchio, con un’età media di 11 anni e 9 mesi a veicolo.
Se da un lato questa può essere una buona notizia per i rivenditori d’auto, dall’altra non possiamo trascurare che siamo anche una provincia con stipendi piuttosto bassi: finita l’era delle mega-retribuzioni MPS, la “bolla economica” in cui Siena ha vissuto per decenni si sta rapidamente sgonfiando.
La congiuntura rischia quindi di essere fatale: situazione economica debole e incerta, stipendi bassi, costo della vita sempre più elevato, tra cui il costo per l’acquisto e il mantenimento di una auto (carburante, tasse, assicurazione….).
Per decenni l’auto era uno strumento essenziale anche per lavorare, almeno fino alla diffusione capillare della Rete. Che ha favorito, per alcune professioni, la possibilità di lavorare da remoto. Il cosiddetto “smart working”, o “lavoro agile”, che permette di portare a termine le proprie incombenze professionali da remoto, senza dover prendere l’auto e recarsi in ufficio. Sappiamo bene che non tutti i lavori sono possibili da remoto (pensiamo a tutte quelle attività che richiedono la presenza perché essenzialmente “manuali”), ma anche quest’ultima categoria può beneficiare di un aumento del lavoro da remoto: meno auto sulle strade, meno traffico (e quindi tempi di percorrenza minori per il tragitto casa-lavoro), più parcheggi disponibili. E, tornando al discorso di prima, non possiamo che sottolineare anche i vantaggi sotto l’aspetto economico, tra cui la necessità dell’auto.
Crediamo, quindi, che l’unica risposta politica possibile davanti ad una congiuntura economica così difficile non possa che essere un incremento del lavoro da remoto, adeguando il lavoro alle sfide che la società contemporanea ci pone davanti. Sfida, quella del lavoro da remoto, che pone le aziende davanti alla necessità di valutare non tanto l’occupazione oraria della sedia quando l’effettiva resa professionale del dipendente.
Lavorare per obiettivi, quindi, non per orario. Potenziando tutti quegli strumenti che permettono di soddisfare le proprie esigenze in modo delocalizzato, riducendo la dipendenza della società dalle (sempre più costose) auto.
[1] https://it.motor1.com/news/710329/auto-circolanti-paesi-europa-2024/