Siena non è mai stata padrona in casa sua, men che mai nelle faccende di banca
di Red
SIENA. E’ bene che tutti prendano atto che la banca MPS, da 17 anni a questa parte, non è mai stata proprietà della città di Siena, ma le è stata affidata la gestione pura e semplice da un potere che è altrove. E una ennesima prova è nella iniziativa di Profumo di emissione di Co.Co.bond. Non vi è dubbio, per alcuni, che copiose messi di obbligazioni potrebbero salvare Rocca Salimbeni dagli strali dell’Eba, per accontentare la quale si dice manchi ancora un miliardo di euro. Altri analisti ritengono che l’abuso di tale strumento obbligazionario sia l’anticamera all’arrivo di nuovi soci, cooptati senza effettuare un altro aumento di capitale e in barba ai mercati, che hanno giustamente rimandato il titolo a ramengo.
Questi nuovi investitori di Co.Co.bond guadagnerebbero molto bene, se tutto va bene; diverrebbero azionisti di maggioranza, se l’andamento dei mercati azionari costringesse il management a trasformarli in capitale. Tuttavia il tasso di rendimento per gli investitori – fenomenale per i tempi pare intorno al 18% – si mangerebbe sicuramente tutto l’utile che potrebbe essere generato da una attenta amministrazione della banca. In parole povere niente soldini per le erogazioni alla città per chissà quanto tempo: importanti i mille euro per qualche associazione sportiva, ma ci preoccupano i mutui accesi per la mania di grandeur che abbiamo appena vissuto.
Alla richiesta di dimissioni Gabriello Mancini aveva fatto spallucce, ritenendo di essere in una botte di ferro fino all’autunno 2013. Ora che il suo potere – senza i soldi e senza la capacità di scegliersi il Consiglio di Amministrazione della banca che meglio desidera – si è ridotto ai minimi termini (può solo contribuire alla caduta del sindaco di Siena lasciandolo in metaforiche mutande), potrebbe farci sapere, come disse a suo tempo, agli ordini di chi obbediva. Giusto per sgombrare il campo dalle incertezze e farci capire come per 17 anni i cittadini senesi sono stati incastrati in un sistema di potere e di denari di cui, nonostante tutto, al 99,5% di loro sono toccate a malapena le briciole e un tenore di vita medio un poco più alto di tante località operose della penisola. Il Presidente Mancini potrebbe dirci chi sono i mandanti e come stanno operando per mantenere il controllo di MPS nonostante tutto. Persone che nel bene hanno ricevuto moltissimo e nel male lasciano pagare il conto alla città di Siena; che stanno altrove e non hanno mai messo bocca ufficialmente nelle questioni del Monte, lasciando la prima fila ai vari amministratori che si sono succeduti – più o meno consapevolmente – in questi anni.
Ma il mistero tende a disvelarsi all’orizzonte, nonostante i silenzi (o è tutta una straordinaria coincidenza?). Chi sarebbe il sottoscrittore dei Co.Co.bond? Secondo i bene informati, che in città non mancano, dietro tutto ciò ci sarebbe la Cassa Depositi e Prestiti guidata da Franco Bassanini, che avrebbe già messo il cappello nel CdA di Mps con la dottoressa Groppi a decidere il da farsi. Un miliardo di obbligazioni alla Cdp (azienda di proprietà dello Stato ma gestita, come tutte le cose italiane che contano dalla politica) significa avere di fatto un socio di maggioranza in casa, per di più senza che abbia comprato neanche una azione! E sembra che la Banca d’Italia sia d’accordo, visto che il potere è a Roma.
Inoltre nel 2013 il mancato rimborso dei Tremonti bond per 1,9 miliardi di euro trasformerebbe il finanziamento in capitale della banca in mano allo Stato. Con sei miliardi di debiti pregressi (come è scritto nel bilancio), il Monte sa fin da ora di non essere in grado di procedere al rimborso, quindi di fatto la banca (che con i numeri della borsa di ieri vale circa 2,6 miliardi) è già stata nazionalizzata: ecco perché i mercati si vogliono disfare del titolo.
Pensavano di avere a che fare con una azienda sul mercato libero, invece non sarebbe più vero: sarebbe ormai palesemente governata dalla politica. Dobbiamo solo sperare che tutto ciò non implichi una ulteriore svendita di azioni MPS da parte della Fondazione, più nel numero che nella percentuale (quella cala da sola con l’ingresso di nuovo capitale). La prospettiva sarebbe che tra qualche anno, con la ripresa dell’economia, si possano vendere azioni a prezzi più remunerativi. Lasciandoli in gestione a manager della Fondazione più attenti agli investimenti e alla loro diversificazione, Siena potrebbe recuperare una piccola parte del benessere che fu, e Palazzo Sansedoni scendere nella quota di azionariato alle percentuali che, nelle grandi banche italiane, hanno le altre fondazioni, sempre meno potenti e sempre più insignificanti. Ancora briciole. Perché, tanto, i costi li pagano sempre i soliti ed il potere rimane sempre in mano agli altri soliti, cui non importa nulla se la maggioranza del Paese (inteso per città,Stato o mondo) muore di fame.
