Tra le banche anche Mps, ma poi...
SIENA. La crisi ellenica, che in queste ore sembra andare alla deriva del disastro collettivo europeo, ha contribuito non poco, seppur indirettamente, alla rovina di quello che ancora rimane del Monte dei Paschi di Siena. Vediamo come e capiamo come veniamo governati da una banda di dilettanti.
Nel dicembre 2009, prima della crisi, gli istituti di credito di Francia e Germania avevano una esposizione verso la Grecia rispettivamente pari a 78,8 e 45 miliardi di dollari. Invece le banche italiane avevano in Grecia solo 6,8 miliardi e quelle spagnole 1,21 miliardi, come avevamo raccontato alcuni anni fa da queste colonne, tanto che un eventuale crack greco non avrebbe provocato gravi conseguenze nel Bel Paese. La realtà cruda di questi giorni, complice l’inanità e l’incapacità dei vari Berlusconi, Monti e Letta e dei loro ministri dell’Economia è che nel 2014 la situazione si capovolge e i soldi in pericolo sono principalmente pubblici invece che delle banche. Ma con profondi distinguo a danno dei contribuenti italiani. C’è una differenza di 36 miliardi di euro in negativo per lo Stato italiano tra la situazione del 2009 e quella odierna: Francia e Germania, se salta il modello dell’euro, ce li restituiranno?
Lo Stato tedesco ha ridotto notevolmente l’esposizione bancaria (13 miliardi di dollari), aumentando decisamente quella pubblica (61,7 miliardi di euro), così come lo Stato francese, esposto per 46,5 miliardi di euro. L’Italia, infine, ha aumentato la sua esposizione del 510%: dai 6,86 miliardi delle banche nel 2009, ai circa 42 miliardi attuali, quasi esclusivamente pubblici. Ovviamente questi 42 miliardi sono andati a salvare i bilanci di BNP Paribas (una delle banche accreditate per rilevare MPS) e Deutsche Bank, che aveva una situazione finanziaria simile al Monte, con cui condivideva il bubbone Alexandria, tanto che a entrambe sarebbe stata necessaria una nazionalizzazione per default e non i complessi meccanismi di salvataggio politico-finanziari che sono stati messi in campo. La Merkel, che comanda a colpi di diktat sulla BCE, avrebbe barattato il silenzio sulla più grande banca tedesca con quello sulla terza banca italiana, dimostrando per chi ancora avesse dubbi, chi ha il senso degli affari. Infatti l’orticello nazional-piddino con la gestione Profumo è arrivato al lumicino, la Deutsche Bank barcolla ma ancora sta in piedi. Con questi politici senesi che credevano che la banca fosse della città e invece qualsiasi decisione passava sopra le loro teste senza che nessuno desse loro un perché.
Così Matteo Renzi, se fosse il presidente del Consiglio, avrebbe potuto abbattere il debito pubblico di 42 miliardi invece di finanziare gli interessi di Francia e Germania che salvano le loro banche senza tartassare i loro elettori. Il che avrebbe provocato un miglioramento dei conti pubblici, un ulteriore rallentamento dello spread, una diminuzione delle tasse e di conseguenza il ritorno alla crescita del Pil senza romperci le scatole quotidianamente e mediaticamente con la riforma del lavoro e l’Italicum che si stanno dimostrando non essere in grado di fare il bene dell’Italia.
Domani (29 giugno) si saprà di quale compagine soci e con quali quote sarà composto il Monte dei Paschi (di Siena) e su quale strada si avvierà il dopo-Profumo, aspettando sempre la contabilizzazione ufficiale della quota che verrà allo Stato degli interessi in natura sui Monti bond. Quota che ovviamente l’aumento di capitale avrà opportunamente diluito. Non si riesce ancora a capire, però, per conto di chi stia lavorando la Banca Centrale Europea: non sembra però lo faccia per i cittadini europei.