Vendite, cessioni, diversificazioni, erogazioni: tutto appare e scompare
di Red
SIENA. Dobbiamo stare molto attenti perché la disinformazione viaggia veloce non solo su internet ma anche attraverso comunicati stampa di agenzie frettolose e poco puntuali, loro malgrado. Nel pomeriggio di venerdì si diffonde la notizia che la Fondazione MPS “sta prendendo in considerazione la vendita di parte della partecipazione nella banca italiana” interpretando alcune dichiarazioni del presidente Mancini: “Stiamo valutando la possibilità di diversificare le nostre attività, ma avremo bisogno di verificare se c’è consenso all’interno del management”. La nota prosegue “rivelando che alcuni investitori hanno contattato la fondazione per discutere l’acquisto integrale o parziale del 37,6% detenuto nel capitale di B.Mps”.
Non è chiaro nulla: appena toccato il fondo, sperando ciecamente nel Piano Industriale del Tandem, chiusa la ristrutturazione dei debiti che senso avrebbe per Palazzo Sansedoni non credere nella ripresa del titolo proprio nel giorno in cui lo spread scende a 356 punti base di differenziale tra Bund e BTp decennali? La nota di Milano Finanza termina con l’annuncio della vendita del palazzo in cui ha sede la Fondazione. Strano, risulta – invece – che si stia pensando di vendere il Palazzo del Capitano… Poche ore dopo, evidentemente preso pesantemente a bersaglio, dall’Ufficio Stampa della Fondazione esce un comunicato informale: conferma che la quota di azioni nel capitale MPS ammonta oggi al 36,3% (di cui un residuo del 2,8% che doveva essere venduto qualche mese fa nell’ambito degli accordi presi con i creditori, fu poi ritirato per la discesa di valore del titolo, ndr). Infatti non è interesse né dei creditori né del debitore vendere a un prezzo che non risolve il debito, occorre che l’azione torni su valori più interessanti, ovvero intorno 0,42 euro. Palazzo Sansedoni aspetta giorni migliori per cedere il 2,8% che deve, e se proprio si diversificherà gli investimenti futuri, che siano ben finanziati da vendita di pacchetti azionari che portino soldi consistenti.
Visto che siamo in ballo, Mancini potrebbe spiegare il meccanismo di funzionamento del Fondo Stabilizzazione Erogazioni: per sua stessa ammissione in tempi non sospetti, i quattrini da erogare per gli impegni sottoscritti c’erano nonostante le difficoltà dell’ente. Erano semplicemente stati messi da parte. La scusa della ristrutturazione del debito è stata buona per lasciare Ceccuzzi a bocca asciutta: erano bloccati nella trattativa con i creditori, è stato detto. Un’interpretazione disinvolta dell’articolo 4 paragrafo 1 dello statuto della stessa Fondazione. In effetti, quei denari potevano essere usati per la “sottoscrizione di aumenti di capitale delle Società partecipate” ma non promessi a creditori: questo non è previsto dallo Statuto. Se Mancini non ha versato direttamente nelle casse di MPS i soldi del Fondo come prescrive lo Statuto in quota all’aumento di capitale sottoscritto, e non potendo usarli per garantire terzi, doveva averne sempre e comunque la piena disponibilità. Ma esiste l’organo che può giudicare se il patrimonio della Fondazione sia stato utilizzato per perseguire gli scopi sociali dell’ente o per fini politici e personali? Il Collegio dei Sindaci è sicuro di non aver rilievi da fare? Eppure le impegnative nei confronti di Comune e Provincia erano state firmate, tanto da finire nei bilanci preventivi dei due enti…