L'intervento su Banca Etruria, Banca Marche, Cassa di Ferrara e Carichieti per 400 milioni si scaricherà sui contribuenti
di Red
SIENA. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. E a proposito di banche, se il lupo è il partito che governa, non possiamo che assistere a una riedizione riveduta e scorretta di quanto fatto negli anni scorsi con il Monte dei Paschi di Siena. Ci avevano raccontato le bufale anno dopo anno – da Giulio Tremonti a Mario Draghi fino agli ex-comunisti senesi – che il sistema bancario italiano era solidissimo; che non avevamo bisogno di aiuti e non era vero. Che in seguito avevano aperta una trattativa con la CDP per fare una bad bank, per ricevere la bocciatura dall’Europa perché avremmo dovuto farla insieme alla Spagna qualche anno fa, mentre ora il costo dell’intervento su Banca Etruria, Banca Marche, Cassa di Ferrara e Carichieti per 400 milioni si scaricherà sui contribuenti, al contrario di quanto scrive la disinformata L’Unità di ieri: basta leggere i documenti della Commissione.
Si doveva mentire su tutta la linea perché bisognava salvare la politica e non il cosiddetto proprietario “città di Siena”, negando gli estremi della nazionalizzazione. E adesso si lascia uscire dal Consiglio dei Ministri la signora Boschi mentre si vota per salvare non Banca Etruria ma il gruppo di cattivi amministratori della stessa, tra cui il papà della Ministra, collezionista di foglie di fico. La solita politica: in effetti, dietro i due personaggi Mussari e Vigni, i vecchi amministratori del CdA si fanno gli affari loro nell’ombra e non vengono chiamati a rispondere di tutti i quattrini che hanno deliberato di buttare al vento, se è vero che ci sono 50 miliardi di crediti inesigibili. Forse per non far dire loro di aver ubbidito agli ordini come raccontò il ragioniere di San Gimignano, che dopo quella sortita natalizia – dal vago sapore minatorio, vista col senno di poi – non fu mai più chiamato in causa per spiegarci come si fa a distruggere la Fondazione bancaria più ricca del mondo in appena due mandati.
Le quattro banche appena nominate in teoria si dovrebbero salvare con la nuova legge del bail-in approvata in appena cinque giorni, presentando il conto agli obbligazionisti delle banche stesse. Invece da ieri vengono divise in due con la parte “cattiva” che diventa una bad bank e quella buona che rimane operativa perché viene garantita da un Fondo in via di costituzione i cui soldi vengono anticipati da Unicredit, che ha appena fatto un piano amaro di licenziamenti, Intesa, Mps e Ubi. Nessuno presenterà il conto a babbo Boschi né ai suoi colleghi; in fin dei conti gli interessi particolaristici sono tutti salvaguardati e si potrà continuare a ballare con l’orchestra del Titanic nelle cuffiette dell’Ipod.
L’amministratore delegato di Rocca Salimbeni Fabrizio Viola, intervistato a Roma Incontra, ieri ha avuto buon gioco nel ribadire come “ai contribuenti il salvataggio MPS non sia costato 1 euro”. Il conto infatti lo hanno pagato i piccoli azionisti che hanno perso tutto e il mercato azionario, non certo i grandi: dall’Axa che ha continuato a vendere polizze – e sembra che questa sia oggi l’attività prevalente nelle filiali – ai soci meno conosciuti che hanno spazi e modi – nell’insieme delle loro attività – per recuperare le perdite. Rimane il fatto che a Roma qualcuno odia Siena, visto che le corsie preferenziali nel bel Paese sono state concesse a tutti tranne che alla città del Palio, che sconta anche un peso politico locale bipartisanamente inesistente. A quei signori romani lo stato di crisi continua permette di mantenersi al potere perennemente e di farci digerire qualsiasi medicina. Perché, tanto, c’è l’emergenza.