Sulla voglia di discontinuità che, a Siena, resta un sogno

di Mauro Aurigi
SIENA. Sotto la mannaia del Ceccuzzi castigatore (edificante la figura del castigatore che castiga le sue proprie creature, per giunta osannate per quindici anni e fino a cinque minuti fa) cade solo la testa più piccola, quella del dg Vigni, mero esecutore, il quale volente o nolente al Monte non aveva alternative: o l’ubbidienza o il licenziamento. Il fatto è che i politici italiani hanno tutti la stessa caratteristica (e Ceccuzzi non fa eccezione): deboli con i forti e forti con i deboli. Mussari e Mancini infatti restano. E se se ne andranno sarà perché l’hanno deciso loro. Come “discontinuità” non c’è proprio male: neanche il Gattopardo.
Ma di discontinuità ce n’è invece un’altra e grossa e per niente positiva, stavolta. Dal cappello a cilindro Ceccuzzi ha infatti tirato fuori il conigliolo: il dott. Fabrizio Viola (i bocconiani oggi sono davvero l’ultimo urlo della moda). Dopo gli apprendisti stregoni Mussari e Mancini travolti dalla loro stessa insipienza professionale per non dir peggio, sarà vero che questa volta ci troviamo di fronte al dirigente in possesso di tutti gli attributi necessari? Chi l’aveva mai sentito nominare? Dobbiamo fidarci dei soliti tromboni cittadini che prima ancora che arrivasse hanno subito cominciato ad osannarlo (come fecero con Mussari)? “FABRIZIO VIOLA SUBITO AL LAVORO PER VINCERE” ha esultato per esempio il 13 gennaio la locandina de La Nazione, giornale ultraconservatore ma a Siena e solo a Siena sempre in linea, come tutti e tutto del resto, col potere locale.
MA CHI E’ VIOLA?
Discontinuità negativa dicevo. Intanto perché è ormai evidente che in 15 anni di padronato assoluto il Mussari, tra i 20 o 30.000 dipendenti del Gruppo non è stato capace – cosa del resto assolutamente in linea con le sue “performance” – di farne crescere qualcuno in grado di ricoprire la carica di direttore Generale, cosicché il povero Ceccuzzi è andato a mendicarne uno da una banca decisamente secondaria. E poi perché l’unica discontinuità accettabile, la sola che ci avrebbe dato la speranza di vedere tornare di nuovo sui binari la locomotiva deragliata, sarebbe stato il taglio del cordone ombelicale tra i politici e i nominati nella massima istituzione cittadina. Invece è successo che il Consiglio di Amministrazione e gli azionisti, invece di scegliersi il Direttore generale della Banca che presto sarà anche l’Amministratore delegato (con questo secondo incarico il Viola non potrà più essere licenziato come è successo a Vigni), hanno saputo dai giornali che qualcun altro, il Ceccuzzi, assai poco competente e con un pesantissimo conflitto d’interessi, l’aveva fatto per loro.
Certo il dott. Viola ha un curriculum zeppo di incarichi importanti. Troppi e di troppo breve durata. Io se avessi un appartamento da affittare – ma ahimè, non ce l’ho – mi guarderei bene dall’affittarlo a chi avesse cambiato casa così spesso, o quanto meno vorrei indagare sulle ragioni di tanto turismo (da nessuna parte ho letto che questa indagine sia stata fatta). E poi lasciare la propria banca senza avvertire nessuno (il presidente della Bper ha dichiarato di aver saputo la notizia dai giornali) non è la migliore delle credenziali. E il Ceccuzzi, che notoriamente non ha mai lavorato (non prendiamoci in giro: la politica non è un lavoro ma, se va bene, è una missione, se va male è puro, avido esercizio del potere per opportunistici e personalissimi interessi), di Viola ne sapeva quanto Mezzolitro dell’Onda. Escluderei che se ne sia fatto un’idea scorrendo le cronache economiche (ci mancherebbe che l’avesse scelto proprio così, a naso!). Allora non rimane che si sia affidato a qualche autorevole “suggeritore”. Escluso anche che quest’ultimo sia lo stesso Mussari (sarebbe la discontinuità del cappero e tutto per il Monte e la Città continuerebbe peggio di prima), il suggeritore non può essere che il capo del Ceccuzzi stesso, immagino. Perché la politica in Italia è di stampo feudale. Ognuno si colloca su un gradino di una lunga scala dove è soggetto a chi gli sta sopra e comanda a chi gli sta sotto (come le mafie, dice qualche mala lingua). E Ceccuzzi, visto che è un capo, sì, ma non un capo assoluto (solo il capo assoluto non ha nessuno sopra di sé) verosimilmente ha ricevuto l’imbeccata dall’alto. Ci siamo già dimenticati le sventure del Monte quando da una piccola banca arrivò a fare il Direttore generale il grande amico di D’Alema, De Bustis? E allora la nomina del Viola, secondo voi, sarà stata decisa per fare gli interessi del Monte e di Siena o quelli del capo del Ceccuzzi? Come discontinuità peggio di così non poteva andare.
Quindi non aspettiamoci miracoli. In economia l’ultimo miracolo economico fu quello dei pani e dei pesci, ma è successo tanto tempo fa e il taumaturgo era di ben altro livello.
(Foto Corrado De Serio)