FIRENZE. “Diffidiamo lo Stato – ha detto il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi – perché ci rimborsi 175 milioni di entrate per il 2015 e 2016 che ci spettano. Perché alla Regione sono passate alcune competenze che prima erano delle Province, ma non le relative entrare provinciali, che invece si è preso lo Stato. E siccome c’è una sentenza della Corte costituzionale, la 205 del 2016, che riconosce che, in questi passaggi, ciò che è di spettanza della Regione deve andare alle Regioni, noi rivendichiamo che lo Stato ci dia le risorse che ci spettano. Con una capacità di spesa sempre più compressa e nuovi tagli che si sommano ad altri passati, le Regioni rischiano di non essere più in grado di svolgere i propri compiti”.
A dire che quelle risorse devono andare a Regioni e Comuni per effetto del riordino previsto dalla legge Delrio, a cui la Toscana ha fatto seguire una sua legge, è la Corte Costituzionale: lo stabilisce nelle pieghe di una sentenza, la 205 del 2016, che pur rigettando la tesi avanzata allora dalla Regione Veneto afferma in via incidentale il vincolo di destinazione. Sebbene però il problema sia stato posto a livello nazionale, niente da allora è successo. Così la Toscana si è decisa a richiederlo formalmente: poi, se ancora non ci saranno risposte, procederà in via giudiziaria.
E’ lo stesso spirito con cui, il mese scorso, la Regione aveva reclamato quell’autonomia tributaria che il Governo e il Parlamento, da due anni, hanno sospeso con il blocco provvisorio dell’aumento dei tributi regionali: la libertà cioè di decidere tariffe e aliquote, chiedendo magari di più a chi ha di più se necessario e per garantire servizi a cittadini e imprese.
“Negli anni – spiega Rossi – tagli si sono sommati ad altri tagli ed oramai le risorse libere regionali sono appena sufficienti a garantire la copertura delle spese di funzionamento, degli oneri dei mutui contratti per realizzare strade e infrastrutture, le spese per il trasporto pubblico locale su gomma e su ferro, le spese per la manutenzione ordinaria degli immobili e i contributi ad enti ed agenzie: nonostante la spending review che pure è stata fatta, la sobrietà nei costi della politica o i risparmi sugli affitti che da un paio di anni contano un saldo positivo”.
Al netto della spesa sanitaria, le entrate destinabili alle cosiddette politiche discrezionali, quelle cioè per il sociale, l’istruzione, la formazione e il lavoro valgono meno del 5 per cento della spesa corrente. I tagli hanno oramai carattere strutturale e si delinea una sorta di modello di finanza derivata invertito, in cui le Regioni devono trasferire quote di proprie risorse a favore del bilancio dello Stato.
I conti sono presto fatti; anche quest’anno la Toscana deve fare a meno di altri 154 milioni. “Tolta la sanità e gli altri fondi vincolati – riassume Rossi – dal 2010 a oggi siamo passati da un bilancio regionale di 2,25 milioni a 1,3 milioni, quasi dimezzato. Nel 2016 era di 1,4 miliardi. E dobbiamo gestire anche molte funzioni, importanti, che erano prima affidate alle Province”.