Per Adusbef e Federconsumatori un grave errore del Tesoro non chiedere l'azione di responsabilità
ROMA. Altro che atto dovuto le indagini della Procura per accertare le responsabilità di Profumo e Viola, arrivati entrambi nel 2012 in Mps con il compito di ristrutturare la banca dopo gli anni di malagestione di Giuseppe Mussari, ex presidente dell’Abi e del Monte dei Paschi di Siena, che mandò a picco l’istituto di credito per appagare le manie di grandezza, svenando la più antica banca per acquistare Antonveneta al costo di 17 miliardi, quasi il triplo della promessa di pagamento di Emile Botin ex patron di Santander. Profumo si è dimesso l’anno scorso, Viola graziato dopo il contestato ritrovamento della chiave di una cassaforte, sta tentando di mandare in porto il rischioso piano di salvataggio annunciato a luglio, che prevede una nuova ricapitalizzazione da 5 miliardi per l’istituto che oggi vale in Borsa meno di 700 milioni. Gravissimi gli errori del Tesoro, che dopo il salvataggio del MPS con oltre 4 miliardi di euro di Monti Bond, pur diventando il maggiore azionista, ha evitato di nazionalizzare la banca, contribuendo in tal modo a bruciare 18,4 mld di euro dal 2008, che diventeranno 23,4 qualora dovesse andare in porto l’ultimo aumento deliberato nel 2016, quest’ultimo addirittura con la garanzia dello Stato.
Al 31 dicembre 2005 la capitalizzazione a valore di mercato del gruppo Mps risultava pari a dodici miliardi di euro. Ma negli anni successivi, e in due diverse occasioni, i soci sono stati chiamati ad iniettare in Mps risorse attraverso aumenti di capitale per un totale di otto miliardi. Succede in occasione dell’acquisizione di Antonveneta, pagata nove miliardi e che agli azionisti costa un aumento di capitale da 5,8 miliardi e poi, di nuovo, nel 2011, con la «trasfusione» da 2,1 miliardi resa necessaria per rispettare i vincoli di solidità patrimoniale. E siamo così, in totale, a venti miliardi di euro, che è il risultato di quanto il patrimonio azionario valeva all’inizio del periodo più le somme aggiunte dai soci.
Ma a fine 2011 la capitalizzazione di Borsa si è assottigliata ad appena 2,7 miliardi e quindi, considerando che tra il 2006 e il 2011 Mps ha staccato dividendi pari a 1,8 miliardi di euro, la perdita di valore per gli azionisti si attesta nel periodo a 15,4 miliardi, mentre ora MPS capitalizza circa 700 milioni di euro.
Al momento, le richieste danni per la dissennata gestione del credito del MPS ammontano a 283 milioni, con Coop Centro Italia, socio per anni con il 2% circa della banca, che ha citato il Monte, per gli aumenti di capitale da 5 miliardi nel 2008, da 2 miliardi del 2011 e, infine, quello da altri 5 miliardi del 2014. Per quest’ultimo è citata anche la Consob per le attestazioni dei derivati Alexandria e Santorini spacciate per titoli di Stato quando invece erano derivati. Azionisti, risparmiatori e lavoratori, che hanno pagato la disastrata gestione del MPS, funestata dall’omicidio di David Rossi, sperano che almeno i responsabili di tale dissennata gestione e le autorità vigilanti che hanno avallato aumenti di capitali su bilanci palesemente falsi, certificando la solidità di una banca già in bancarotta, possano pagare il conto con i doverosi risarcimenti.
Elio Lannutti (Adusbef) – Rosario Trefiletti (Federconsumatori)