Ancora perdite multimilionarie per Palazzo Sansedoni
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di Red
SIENA. Non avevamo bisogno di leggere il bilancio della Fondazione MPS per sapere che tutti i traguardi negativi che si potevano raggiungere erano a portata di mano della gestione peggiore che mai una istituzione senese abbia conseguito nella sua storia millenaria. Era chiaro che le minusvalenze della cessione di asset che davano un guadagno certo (Mediobanca, 2Fi, Intesa S. Paolo hanno azzerato il fondo oscillazione titoli, che ammontava a 270 milioni), per inseguire dapprima la chimera fallace del 51% – offesa alla legge che aveva istituito le Fondazioni – e poi per ricoprire debiti miliardari, in spregio allo statuto che proibiva un simile indebitamento, avrebbero conseguito enormi risultati negativi alla chiusura di bilancio. Sembra sia sparito il bilancio di missione, accorpato perché non c’è più nulla da raccontare, con la Cassa Integrazione a Siena Biotech e la crisi Pramac, e soprattutto non ci sono bandi da presentare, e niente erogazioni a pioggia. I risultati di bilancio: 322 milioni di euro nel 2011 (128 nel 2010, e sembrava già eresia apocalittica), perdita di valore del patrimonio passato dai 5 miliardi del 2010 ad appena 1,3 miliardi nel 2012. Una Deputazione Generale così brillante avrebbe il dovere morale di dimettersi immediatamente, senza calcoli politici e poltronistici. Invece sarà chiamata a “rendere lo statuto della Fondazione congruente con l’attuale contesto economico della Fondaione, secondo le linee guidache saranno proposte dal presidente”.
Non è impresa facile per nessuno depauperare l’ente più ricco d’Italia o quasi di ben 3,7 miliardi in appena due anni… Senza considerare che i debiti ci sono, per ancora molte centinaia di milioni, e che dovranno essere rimborsati nei prossimi anni: come, non si sa. Legati mani e piedi al carro di Rocca Salimbeni, Mancini, Pieri e C. non avevano altra scelta che plaudere al nuovo piano industriale di MPS, che però nega dividendi nel prossimo futuro e rinvia tutto a una fantomatica ripresa nel 2015. Ancora una volta il Ministero dell’Economia e la Banca d’Italia si sono dimostrati pessimi controllori del sistema creditizio. Non avevano fermato Mussari all’atto dell’acquisto di Antonveneta; non hanno fermato Mancini all’atto di sottoscrivere l’ultimo aumento di capitale nel 2011, che ha dato il colpo di grazia alla Fondazione. E sì che di motivi validi ne avevano a iosa. Ora Mussari sta all’Abi; Draghi troneggia alla Bce; Tremonti fa il commercialista e l’opinionista. Il mantra che addormenta le coscienze viene ripetuto tutti i giorni ai senesi che accettano passivamente, perduti dalla paura di essere nel novero dei pochi (4600 esuberi) che “andranno a casa”.