"In banca manca spesso la corretta ripartizione tra gestione e controllo"
SIENA. Quando Banca d’Italia si avventura in ardite comparazioni tra banche cooperative e SPA, sembra non cogliere le reali, evidenti, ragioni delle deviazioni nella gestione di alcuni grandi istituti del nostro Paese. Tutte le imprese, le banche molto più delle altre, per poter funzionare correttamente hanno la necessità di incorporare nella propria mission elementi di responsabilità sociale, senza i quali la tentazione del facile guadagno, per coloro che ne hanno il controllo, induce a comportamenti azzardati e, talvolta, illeciti, che, nel tempo, depauperano il patrimonio dell’impresa, ne rovinano la reputazione, ne impediscono lo sviluppo futuro. L’abbandono e, in qualche caso, la ridicolizzazione, per molti anni, di questo tema ha portato purtroppo a molti guasti nel nostro Paese e, tra questi, quelli di alcune, storiche, banche.
Il vero trait d’union tra tutte le vicende che in questi anni hanno hanno diversamente caratterizzato i principali dissesti nel sistema bancario italiano, appare, infatti, l’assenza di una governance sufficientemente plurale da poter garantire la corretta ripartizione di gestione e controllo.
Laddove la concentrazione dei portatori di un unico interesse ha prevalso nella composizione degli organi societari, le banche hanno smarrito la necessaria attenzione agli interessi, per loro natura plurali, della collettività di insediamento e hanno perso il necessario orientamento ad una gestione responsabile. Poco cambia se i portatori di interesse che avevano affermato la loro prevalenza fossero i lavoratori, la politica locale o un fondo d’investimento….
Nella vicenda del Monte dei Paschi, società per azioni ma non per questo al riparo dalle conseguenze di una cattiva conduzione, non solo occorre tagliare con una gestione passata di cui oggi tutti paghiamo prezzi altissimi e alla quale occorre chiedere conto anche sul piano delle responsabilità personali, ma occorre, soprattutto, rilanciare un modello di banca a forte vocazione territoriale e sociale, che aveva caratterizzato per secoli l’operato dell’Istituto e che oggi è quanto mai necessario nel contesto economico in cui viviamo.La discussione sulle soglie di accesso alla gestione (4%), se portata avanti solo nell’ottica di una ulteriore evoluzione/involuzione della banca verso un modello industriale sempre più spinto verso le logiche del mercato liberista, appare incompleta e, al pari di altre che in questi giorni hanno incitato all’abiura del sistema popolare, sembra voler superficialmente risolvere il problema di alcune deviazioni dei modelli storicamente positivi, con la soppressione degli stessi.
Sorprende anche che organizzazioni sindacali che hanno nella loro storia attivamente partecipato al consolidamento di quei modelli assistendo, silenti, anche alle deviazioni che li avevano corrotti, passino oggi dalla parte del liberismo estremo rendendosi disponibili a rimuovere un’esperienza che ha, comunque, avuto importanti, positivi, risvolti di carattere sociale, che non possono essere eliminati dal dibattito sul futuro solo per far posto ad un’idea di banca votata solo all’efficienza di bilancio.
La FIBA, in coerenza con la propria storia e con quella della CISL, forte della dimostrata capacità di assumersi responsabilità nei momenti di crisi e libera nel giudizio, perché distante dalle deviazioni delle gestioni passate, ritiene che il dibattito sul nuovo modello di governance della banca debba essere affrontato complessivamente, senza pregiudiziali che pretendano il mantenimento di regole probabilmente superate dalla storia e dalle esigenze dell’attualità, ma che affrontino il tema di come si possa articolare un sistema di conduzione e sorveglianza della banca partecipato e plurale. La FIBA, pur consapevole della necessità di aprirsi al mercato con regole che consentano di attirare investimenti di capitale, ritiene di dover dare il proprio contributo a costruire un modello che recuperi concretamente la vocazione del MPS al territorio ed alla responsabilità sociale: dunque, se la discussione “sul 4%” includerà anche quella sugli strumenti attraverso i quali dare voce e ruolo a tutti i portatori di interesse, locali e nazionali, a partire dai dipendenti, nella conduzione futura dell’azienda allora sarà disponibile.
Non pretendiamo di rimanere ancorati in un porto che, oramai, non dà più alcuna sicurezza, ma, in rappresentanza dei lavoratori, pretendiamo di individuare insieme la prossima destinazione.
Non potremo mai condividere l’idea di chi, dopo aver a lungo collaborato alla perdita di valore e di valori nella banca, oggi pensa di poter risolvere ogni problema tagliando definitivamente gli ormeggi col passato, anche con ciò che di positivo esso ha rappresentato, lasciando che la nuova rotta sia tracciata dalla corrente.
Il vero trait d’union tra tutte le vicende che in questi anni hanno hanno diversamente caratterizzato i principali dissesti nel sistema bancario italiano, appare, infatti, l’assenza di una governance sufficientemente plurale da poter garantire la corretta ripartizione di gestione e controllo.
Laddove la concentrazione dei portatori di un unico interesse ha prevalso nella composizione degli organi societari, le banche hanno smarrito la necessaria attenzione agli interessi, per loro natura plurali, della collettività di insediamento e hanno perso il necessario orientamento ad una gestione responsabile. Poco cambia se i portatori di interesse che avevano affermato la loro prevalenza fossero i lavoratori, la politica locale o un fondo d’investimento….
Nella vicenda del Monte dei Paschi, società per azioni ma non per questo al riparo dalle conseguenze di una cattiva conduzione, non solo occorre tagliare con una gestione passata di cui oggi tutti paghiamo prezzi altissimi e alla quale occorre chiedere conto anche sul piano delle responsabilità personali, ma occorre, soprattutto, rilanciare un modello di banca a forte vocazione territoriale e sociale, che aveva caratterizzato per secoli l’operato dell’Istituto e che oggi è quanto mai necessario nel contesto economico in cui viviamo.La discussione sulle soglie di accesso alla gestione (4%), se portata avanti solo nell’ottica di una ulteriore evoluzione/involuzione della banca verso un modello industriale sempre più spinto verso le logiche del mercato liberista, appare incompleta e, al pari di altre che in questi giorni hanno incitato all’abiura del sistema popolare, sembra voler superficialmente risolvere il problema di alcune deviazioni dei modelli storicamente positivi, con la soppressione degli stessi.
Sorprende anche che organizzazioni sindacali che hanno nella loro storia attivamente partecipato al consolidamento di quei modelli assistendo, silenti, anche alle deviazioni che li avevano corrotti, passino oggi dalla parte del liberismo estremo rendendosi disponibili a rimuovere un’esperienza che ha, comunque, avuto importanti, positivi, risvolti di carattere sociale, che non possono essere eliminati dal dibattito sul futuro solo per far posto ad un’idea di banca votata solo all’efficienza di bilancio.
La FIBA, in coerenza con la propria storia e con quella della CISL, forte della dimostrata capacità di assumersi responsabilità nei momenti di crisi e libera nel giudizio, perché distante dalle deviazioni delle gestioni passate, ritiene che il dibattito sul nuovo modello di governance della banca debba essere affrontato complessivamente, senza pregiudiziali che pretendano il mantenimento di regole probabilmente superate dalla storia e dalle esigenze dell’attualità, ma che affrontino il tema di come si possa articolare un sistema di conduzione e sorveglianza della banca partecipato e plurale. La FIBA, pur consapevole della necessità di aprirsi al mercato con regole che consentano di attirare investimenti di capitale, ritiene di dover dare il proprio contributo a costruire un modello che recuperi concretamente la vocazione del MPS al territorio ed alla responsabilità sociale: dunque, se la discussione “sul 4%” includerà anche quella sugli strumenti attraverso i quali dare voce e ruolo a tutti i portatori di interesse, locali e nazionali, a partire dai dipendenti, nella conduzione futura dell’azienda allora sarà disponibile.
Non pretendiamo di rimanere ancorati in un porto che, oramai, non dà più alcuna sicurezza, ma, in rappresentanza dei lavoratori, pretendiamo di individuare insieme la prossima destinazione.
Non potremo mai condividere l’idea di chi, dopo aver a lungo collaborato alla perdita di valore e di valori nella banca, oggi pensa di poter risolvere ogni problema tagliando definitivamente gli ormeggi col passato, anche con ciò che di positivo esso ha rappresentato, lasciando che la nuova rotta sia tracciata dalla corrente.
Le Segreterie Fiba Cisl
Sas di Complesso Bmps/Sas di Gruppo Mps
Sas di Complesso Bmps/Sas di Gruppo Mps