SIENA. Dalla direzione provinciale PD riceviamo e pubblichiamo.
“Nel pieno della discussione sulla revisione degli assetti istituzionali che sta caratterizzando il nostro Paese e la nostra Regione, crediamo che sia opportuno puntualizzare alcuni elementi:
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La riorganizzazione degli enti locali, l’Italia si trova di fronte ad un percorso ancora incompiuto, e non è un caso unico: sono molti i Paesi europei che si sono mossi verso riforme di semplificazione e riorganizzazione, incluse quelle che hanno portato alla diminuzione dei livelli di governo e alla riduzione del numero di municipalità. E’ giusto incoraggiare le comunità a pensare il loro modello di riorganizzazione, anche attraverso forme di stimolo ai processi in atto.
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Il riassetto istituzionale deve perseguire il duplice obiettivo di salvaguardare la partecipazione democratica alla vita della propria comunità e di individuare le soluzioni più efficienti e funzionali per le diverse realtà territoriali, partendo dal presupposto che il solo criterio del numero degli abitanti, avulso da una più approfondita disamina del contesto territoriale, rischia di essere fuorviante e del tutto inadatto a offrire le risposte più appropriate;
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Non esiste un’unica soluzione valida per tutte le diverse situazioni. Le fusioni fra Comuni, che in alcune circostanze, generano economie di scala e indubbi miglioramenti nell’organizzazione dei servizi ai cittadini, mantenendo inalterati i livelli di democrazia salvaguardando le identità territoriali – e in questi casi è condivisibile la scelta degli incentivi rafforzati contenuti nell’ultima legge di Stabilità – possono, in altre situazioni, non rappresentare la risposta più giusta alle esigenze delle comunità. Anzi: in taluni casi, l’ampia estensione territoriale, la dispersione della popolazione, la necessità di presidiare adeguatamente territori marginali e spesso meno serviti, costituiscono elementi che debbono fare ben riflettere sul rischio connesso all’allontanamento della sede municipale che si correrebbe perseguendo l’ipotesi della fusione “tout- court”;
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Le gestioni associate in Unioni dei Comuni o tramite Convenzioni fra Enti possono costituire un’efficiente modalità di organizzazione delle funzioni, se producono condivisione di obiettivi e di risorse e conseguenti risparmi, mantenendo identità e specificità. Esistono, anche nella nostra provincia, esempi virtuosi e sperimentazioni interessanti che vanno sostenuti e consolidati anche prevedendo più consistenti incentivazioni;
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In altri casi, tuttavia, le Unioni dei Comuni finora non hanno rappresentato la risposta più efficace. A partire anche da questa considerazione, crediamo che sia possibile e fruttuoso far avanzare la riflessione, anche considerando che sono ancora in fase di discussione in sede parlamentare e presso ANCI e UNCEM alcune possibili revisioni normative dell’ordinamento sia in materia di esercizio delle funzioni associate, sia in materia di fusioni. Si può, forse, immaginare anche un modello “terzo” in cui, pur mantenendo le singole municipalità con alcune funzioni specifiche ben individuate, si possano accentrare alcune funzioni, anche in uno dei comuni;
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In ogni caso, la valutazione dell’assetto istituzionale più appropriato e funzionale e la conseguente scelta devono rimanere prerogativa delle singole comunità, alle quali non può essere sottratta la partecipazione alla decisione mediante consultazione popolare, né direttamente ricorrendo ad approcci coercitivi o a normative che impongano l’obbligatorietà di un percorso, né indirettamente, attraverso la progressiva riduzione delle risorse destinate ai comuni (specie ai piccoli comuni) o ricorrendo a metodi surrettizi di limitazione delle autonomie. Processi decisionali così delicati che hanno a che fare con la qualità della vita democratica e con il futuro di un territorio debbono trovare nella volontarietà e nella autonoma determinazione dei territori il loro fondamento.
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Ogni sforzo di riforma deve avere come presupposto il mantenimento della democrazia locale, intesa come il riconoscersi di una comunità nelle norme e nelle regole del sistema democratico. Per questo è essenziale che sia rispettato l’orientamento dei cittadini, quando questo viene espresso attraverso consultazioni popolari. Facendo seguito all’art. 133 della Costituzione Italiana e alla “Carta europea delle autonomie locali” cui l’Italia ha dato esecuzione con la legge 49 del 1989, che prevede la consultazione “eventualmente mediante referendum” delle comunità interessate per ogni modifica dei limiti locali territoriali.
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I territori marginali e quelli delle aree rurali hanno bisogno di essere sostenuti non solo nei percorsi di riorganizzazione istituzionali; le politiche regionali e nazionali e i relativi strumenti di programmazione dovranno infatti accompagnare i processi di adeguamento dei livelli istituzionali, ma anche sostenere quella dotazione civica minima di servizi indispensabile per garantire pari opportunità di sviluppo a tutti i territori. Senza queste politiche anche le scelte più coraggiose in termini di “fusioni” o di “unioni di comuni” rischiano di non cogliere l’obiettivo.
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Non siamo favorevoli a qualsiasi forma di fusione di comuni imposta per legge o di fatto, nella considerazione che le uniche fusioni volontarie sono quelle per le quali i cittadini si esprimono in maggioranza favorevolmente nei referendum in ogni singolo comune interessato.
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Chiediamo alla Regione e al Parlamento che tengano in debita considerazione queste istanze e valutino la questione dei riassetti istituzionali tenendo conto della necessità che siano le comunità locali a decidere in ultima istanza il loro destino.
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Come Partito Democratico di Siena ci impegniamo ad avviare un percorso di approfondimento e di verifica per l’individuazione di modelli condivisi e funzionali alle esigenze del territorio, all’innovazione e alla salvaguardia del livello di democrazia”.