La difesa del 51% ha comportato perdite multimilionarie anche per il 2011
di Red
SIENA. Tutto il mondo finanziario sembra accorgersi che la banca MPS è stata salvata dal fallimento dal suo stesso problema. E’ la forte politicizzazione della Fondazione, nominata in gran parte dal sindaco di Siena, il referente del partito di governo locale che guida l’amministrazione dal secondo dopoguerra, la causa di tutti i mali di Rocca Salimbeni. E’ la politica dei salotti romani che l’ha costretta, attraverso i suoi figuranti in campo e come da loro stessi ammesso più o meno esplicitamente, a prendersi la polpetta avvelenata Antonveneta. Senza che Ministro dell’Economia e governatore di Banca d’Italia facessero rilievi e contestazioni, che erano evidenti a chiunque. E oggi i 26 miliardi di euro di titoli di Stato italiani – la contropartita che doveva aiutare il governo Berlusconi a rinviare ogni decisione su come affrontare la stretta economica – insieme a quelli di Intesa e Unicredit (banche comunque di ben altre dimensioni rispetto a MPS) potrebbero decidere in appena un anno, con l’innalzarsi o l’abbassarsi dello spread, ogni chance di successo del “Pianto Industriale” versato da Profumo e Viola.
Per questo non si trattava di essere pro o contro i “Grilli bond” che hanno sostituito e aumentato l’intervento dello Stato. Bisognava dire subito con chiarezza che senza questo intervento ogni discorso era privo di qualsiasi fondamento logico e finanziario. Non si tratta di liberismo o nazionalizzazione: chi ha distrutto il patrimonio immenso di MPS (ricordiamo sempre il “succo” dietro la retorica dei 5 secoli di vita della banca), in qualche modo l’ha ricostituito e ora, attraverso la nuova governance, sta riposizionandoi il controllo dell’istituto, che tanti credevano essere dell’entità astratta chiamata Città.
Lo scorso 28 giugno la Deputazione generale della Fondazione ha approvato il bilancio dell’esercizio 2011. I numeri non sono ancora noti, ma secondo fonti accreditate “il disavanzo sarà superiore a quello del 2010 (128,4 milioni)”: pare che sull’ultima riga del conto economico abbiano pesato negativamente le minusvalenze da cessioni. Nessuna novità, si sapeva già che sarebbe stato un bagno di sangue la scelta di privarsi delle partecipazione per concentrarsi sulla difesa del 51%, e non poteva andare diversamente. Mancini e Pieri sono stati travolti dal crollo a 0,19 centesimi del titolo in borsa. La storia si ripete sempre, ma gli uomini non imparano mai. Così durante tutto il 2011, la Fondazione ha venduto 450 milioni di azioni privilegiate Mps per finanziare l’aumento di capitale della banca, 96,7 milioni di azioni ordinarie Mps per scopi di ‘fine tuning” e lo 0,34% di Intesa San Paolo. Rispetto ai valori di carico, le minusvalenze complessive sulle tre operazioni dovrebbero essere intorno ai 340-350 milioni.
I conti di Palazzo Sansedoni soffrono soprattutto la mancanza dei dividendi dal Monte dei Paschi, l’asset sui cui è concentrata la quasi totalità del patrimonio dell’ente senese. Non a caso, la Fondazione, nel commentare il nuovo piano industriale 2012-15 di Mps, ha sottolineato la necessità che la banca ritorni sul sentiero delle redditività. Il profilo finanziario è stato migliorato con l’accordo con le banche creditrici dello scorso 18 giugno, poi approvato dalla Deputazione Amministratrice dell’ente il 25. In numeri l’indebitamento scenderà da 1,1 miliardi a 350 milioni. Alle banche vengono girati gli introiti arrivati dalle vendite della quota posseduta nella Cdp, della quota posseduta in Mediobanca e di circa il 12% della partecipazione detenuta nel Monte. Palazzo Sansedoni, dopo l’operazione di rimborso parziale del debito e rinegoziazione di quello residuo, possiede il 36,3% del capitale di Mps, ma aspetta miglioramenti della performance di borsa per cedere ancora qualche punto percentuale.