MPS vale meno dell'aumento di capitale: le ipotesi di svendita sono attuali
di Red – foto di Corrado De Serio
SIENA. Al termine delle contrattazioni di borsa di martedì il titolo Monte dei Paschi valeva complessivamente meno dell’ultimo aumento di capitale voluto dal Tandem: quattro miliardi e novecentocinquanta milioni di euro. Le azioni dell’istituto sono state colpite dalle vendite sin dal mattino, più volte sospese per eccesso di ribasso. Un report di JP Morgan vedeva il taglio del prezzo obiettivo. Si ritiene, anche in assenza di risultati dello stress test, che siano troppo elevati i rischi di un deprezzamento del titolo a causa del peggioramento della qualità degli asset e dalla necessità di ridurre l’indebitamento. Gode la speculazione o è la dimostrazione incontrovertibile del fallimento dell’idea profumiana di come salvare il Monte?
Quando aveva chiesto lacrime e sangue ai dipendenti della banca e ai cittadini senesi il manager genovese aveva elencato le concause che messe insieme avrebbero condotto l’istituto in salvo, dal taglio del personale alla caduta dello spread. Tutte le sue richieste sono state esaudite, ma ha dovuto comunque varare un aumento di capitale con rilancio, come si usa nel poker e non nell’alta finanza. Prima tre, poi cinque miliardi di euro. Adesso si può confermare che se li è bruciati sull‘altare dei Monti bond. Nonostante che i campanelli d’allarme suonassero inascoltati da troppo tempo: la prosopopea di Profumo è la stessa di Mussari. Temiamo che per la banca la fine sia la stessa.
Perché l’obiettivo del top management di MPS a queste cifre si può realizzare: cedere a un partner bancario o finanziario internazionale – dove magari già Profumo siede nel board – in queste condizioni e a questi prezzi di mercato senza più la presenza ingombrante dello stato creditore con i bond è possibile. Il sindaco Valentini riuscirà, grazie all’inanità dell’azione politica inesistente che rappresenta, a passare alla storia come il sindaco più povero nella storia della città. Una parabola iniziata dalla fine del 2010 si sta completando, eppure non sarebbe tardi ancora per salvare il salvabile, anche se la parola è tabù per il presidente di MPS.
Il fallimento di ogni iniziativa di Profumo per riportare l’istituto di credito alla normalità gestionale è fallito. Scagliandosi contro la nazionalizzazione ha fatto scappare molti depositi e molti clienti. Ma con la garanzia dello Stato nessuno sarebbe fuggito. La nazionalizzazione prevede che il primo scalpo a cadere sarebbe il suo, che il Ministero dell’Economia invii a Siena funzionari, che si scavi e si legga dei crediti facili, delle lettere di manleva, di casseforti dimenticate. Perché è nei soldi dilapidati la chiave del fallimento, grazie a un sistema che non riconosce responsabilità di nessuno, che premia le scorribande della politica e dei tanti scrocconi che nel nome di Siena hanno costruito la loro carriera vincente, sia come politici che come imprenditori. La nazionalizzazione farebbe mantenere al Monte lo status raggiunto di terzo polo bancario del paese: esattamente quello che gli ambienti finanziari non vogliono, evidentmente.